di Giuseppe Panella
Siamo in attesa che arrivi il futuro… Antonino Contiliano, Tempo spaginato. Chi-asmo, Firenze, Polistampa, 2007
E’ indubbio che la poesia e il fantastico siano da sempre stati in stretta correlazione a partire dalle Lyrical Ballads di Wordsworth e Coleridge in poi. La poesia lirica attinge all’universo dell’immaginario più estremo per raccontare le vicende del presente di una soggettività linguistica messa in crisi dal suo stesso bisogno di esprimersi e di esporsi in tutte le sue contraddizioni.
Non sempre questo discorso ha avuto valore per la fantascienza e non molti testi poetici sono scaturiti dall’esplorazione del futuro (anche se prossimo venturo).
Il caso della scrittura poetica di Antonino Contiliano contenuta in questo libro è, allora, esemplare: i suoi versi, pur dedicati alla e proiettati verso la critica spietata del presente, sono tutti rivolti all’attesa del futuro che attende l’umanità e alla descrizione dell’intreccio che collega passato e avvenire in un chiasmo che li allaccia e li riconnette alle pur vistose aberrazioni della realtà vigente.
«Aleph mi curvo sulla tua schiena a dondolo / e albero diorama godo nude terre dissodate / dissacrare cavalcando nubi di fedeltà care / in questo pianeta incastonato diamante / nelle mie sere d’ulivo non gettare lì così / appuntamenti sguardi castrati miagolii / la giostra disorbita collane di maschere / anelli di memoria salutano fiumi scorsi / cadono vestiti flauto disincanto del tempo / gli amori di Rolando ingenui nati dal mito / senza storia enigmi testardi soli nella notte / girano e rigirano ritornano girandola ora / pazzo impazzito il grido squarciagola apre / silenzio fenice di altri nodi al canto chi sa / se l’inverno nucleare delle serre sventrate / nega il sorriso dei sorrisi allo spazio relativo / oh oh che preghiera questo bestemmia turbo / schiudersi ondosi rosari febbre diroccata / astronavi viaggi videogame di soli finiti-in / ssttrra-bene-male-detto godere la vita qui / qui cyborgflib vuole una notte e una danza / memoria degli alberi inanellata alla terra» (pp. 22-23).
In questo testo così composito non è tanto (o soltanto) l’uso di termini cari alla letteratura fantascientifica (il cyborg, l’organismo immaginario vivente detto f (inite) li (ving) (blo)b) a colpire quanto la mescolanza delle diverse dimensioni temporali (il Medioevo della Chanson de Roland, il passato prossimo dell’appena scampato “inverno nucleare”, il futuro delle astronavi che corrono nell’iperspazio) e la prospettiva di un’umanità meticciata e intrecciata come possibilità di riscatto dell’umano (così come pure della poesia).
Se quello che attende gli esseri umani che probabilmente verranno è la dimensione ibrida e incrociata del chiasmo tra natura e cultura, tra tecnologia e materia vivente, tra il sogno e una condizione di progresso scientifico portato all’estremo della follia, la scrittura che ad essa fa riferimento non potrà essere diversa e sottrarsi al compito di metterla in scena mediante un linguaggio altrettanto ibrida e squarciata da innesti di neologismi verbali e di temi alieni a quelli comuni alla tradizione lirica del tempo attuale (oltre che tecnologicamente stilizzati).
«… se questa è la freccia entropica del tempo / e la velocità della luce perde la negentropia / il senso che deraglia incantevole l’oppressione / è il niño allora che deve cantare casuale / e la turbolenza del pugno bandire grido / lancinante come la ferita a morte / e per la tangenza in fuga sradicare / termonucleare le pieghe della terra / e farfalla urtare le schiena delle onde / e virtuale il vuoto della memoria / quantiche ripescare le stelle sulle nuvole / e leggerle leggere il non-essere-ancora / e nelle vene esploso sparare / il collasso del tuo amore assente / o riso seducente dell’arco critico / in viaggio sui tremori del vento / verso il pianeta capitale e l’oltre / danzando fantasia al potere come ieri / per un bacio che addormenti la notte / come un’amante che ha giocato a scacchi / e crolla nella casella del matto per caso» (pp. 31-32).
In questo abbraccio tra mondo umano e alieno, tra dimensione del futuro e scontro dialettico con il presente risiede il sogno del “tempo nuovo” che attraversa, vorticoso e roteante, l’ambizione di un futuro più degno che alligna nelle pagine più impetuose di questo libro di Contiliano.
Il non-essere-ancora e l’essere-già-stato si congiungono, in questo modo, nella ricerca di una dimensione altra che illumini e rischiari il presente in nome di un’esistenza che sia degna di essere ancora vissuta.
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