Zena Roncada, “Il cuore delle formiche”

Zena Roncada, Il cuore delle formiche, Temposospeso, Ronco Scrivia, 2023, pp.320, € 20,00


di Luigi Preziosi

.

Con Il cuore delle formiche (Temposospeso, Ronco Scrivia, 2023), Zena Roncada, autrice sin qui di pregevoli raccolte di racconti (Margini, Qui come altrove, Le bambine), si confronta per la prima volta con la misura lunga del romanzo, operando comunque sulla materia narrativa già presente nelle prove precedenti. Ne salvaguarda i fondali, muovendosi allinterno dei medesimi paesaggi, geografici e dellanima, e soprattutto mantenendo intatta lattitudine a lasciar trapelare dalle storie narrate unineludibile curiosità verso il mondo, una ingenuità sorgiva che ben si sposa con una cordiale disponibilità alla comprensione delle cose. La scrittura di Zena è antica, la frase è rotonda, le descrizioni sono senza strappi, e sorrette da una ricchezza e varietà di immagini che consentono a una straordinaria capacità evocativa di dispiegarsi compiutamente. Il nitore della scrittura ben si attaglia allo sviluppo narrativo, ed ancor più a forme letterarie pienamente novecentesche, proprie dellepoca nella quale il racconto si colloca.

La storia narra in via principale le vicende di Rosa, e attraversa larco temporale che si estende dal 1930 al 1943, accompagnando la protagonista dallinfanzia alladolescenza. E accompagnare è verbo non casuale: il testo, via via che si approfondiscono le caratterizzazioni psicologiche dei personaggi, tende ad accorciare le distanze tra lettore e narrazione, soprattutto grazie alla simpatia umana che l’autrice dimostra per le vite raccontate, un calore che è raro trovare nella narrativa contemporanea.

Rosa ha quattro anni nel 1930, e vive in un paese della Bassa Padana con la mamma e i nonni. Sua mamma, Anna, è giovanissima, e Rosa è frutto di un amore contrastato – un padre inaffidabile, a cui la madre rifiuta di dare in sposa la figlia – tanto che i nonni fanno un poda genitori a tutte due. La famiglia vive in una dignitosa povertà dei proventi del lavoro del nonno, panettiere. La nonna è ferventemente cattolica, nelle forme più tradizionali presenti nelle campagne del primo Novecento, il nonno è valdese, ma questo non inficia una loro rassicurante intesa, consolidata dalla lunga consuetudine degli anni trascorsi insieme e dalle difficoltà superate insieme. Più fragile la mamma, la cui condizione la espone alla curiosità, a volte malevola, dei paesani, e a corteggiamenti non sempre sinceri. Da uno di essi nasce un secondo bambino, ed il padre accetta di sposare Anna, ma la porta con sé in un altro paese. Rosa crescerà con i nonni, uninfanzia povera, ma incantata: in tanti in paese le vogliono bene, per via della storia tormentata della sua famiglia. Negli anni, si amplia pian piano la sua conoscenza del piccolo mondo che la circonda. Il romanzo diventa così gradatamente ciò che il sottotitolo anticipa, il romanzo di piccole vite sul filo del ‘900”. La storia si infittisce di una serie di episodi (tutti raccontati in brevi capitoli, ottantadue per lesattezza, intitolati alla latina con altrettanti complementi di argomento), che contribuiscono, per il variare dei punti di vista e dei protagonisti, alla dimensione corale dellopera. I destini individuali si intrecciano rapidamente, e a volte altrettanto rapidamente si sciolgono. Non tutti gli incontri sono per sempre, per Rosa, esattamente come per ognuno di noi, ma alcuni che contano rimangono, almeno nella memoria.

Ma ciò che davvero importa all’autrice, è la comunità delle persone, la familiarità cordiale delle relazioni, lattenzione per lumano che gli umili sanno coltivare. Una pietas laica pervade la narrazione, rendendoci partecipi delle miserie e delle gioie che animano la quotidianità delle piccole vite a cui accenna il sottotitolo: e sono gli eventi che sembrano superarle a rivelarne molte volte uno spessore inaspettato. Ecosì per il nonno, la cui evangelica semplicità nasconde ansie ricorrenti per le svolte insidiose delle vite dei suoi cari, che la delicata sensibilità di Rosa riuscirà a medicare al momento opportuno. Ed anche nella nonna Matilde è facile individuare i tratti di una vita semplice e a volte molto dura tipica delle contadine di un tempo: la severità della custode della casa si integra in lei nella maniera più plausibile con una burbera ma amorevole sollecitudine verso la famiglia. Restano poi nella memoria del lettore alcune cerchie di figure che accompagnano la crescita della protagonista: le amiche, confidenti in cui si rispecchiano reciprocamente le diverse adolescenze, le donne del paese, materne ed esperte di vita, e un gruppo indistinto, come spesso paiono agli adolescenti, di adulti con le loro attività e le loro relazioni a volte difficilmente decifrabili per i ragazzi.

Tempo, luoghi e persone sono descritti con l’affetto generato dalla memoria. Si attraversano le storie familiari, in particolare quelle dei Bunéet e dei Bigìn, si svelano gli affetti tenaci dei padri e dei figli (e spesso c’è qualche figlio adottivo nelle cascine della Bassa, dove qualche braccia in più non guasta). Le vite scorrono lente tra cascine e piazza, tra lufficio postale, dove Rosa troverà lavoro, e gli argini erbosi del fiume, tra i ritorni periodici in paese dello zio giostraio e le visite sempre un pofrettolose alla mamma lontana. Scivolano le stagioni, scandite dai mutamenti della natura, finché il tempo precipita, la consuetudine rassicurante che tutto nel tempo ritorni uguale si frantuma negli anni di guerra.

Anche la piccola comunità di Rosa subirà le crudeltà del fascismo declinante e gli orrori della guerra. Madri, sorelle e fidanzate attenderanno con ansia le lettere, sempre troppo rare, dei loro ragazzi dal fronte russo, dai Balcani e dal meridione, e proveranno langoscia giornaliera dellattesa di un telegramma che porta la morte nelle case. E anche le piccole vite che popolano la storia di Rosa proveranno, con i poveri mezzi di cui dispongono, a resistere, a contrastare la barbarie, e anche a tentare di immaginare un futuro diverso. Così farà Luigi, di cui Rosa è innamorata, partecipando alla Resistenza. E saranno Rosa e Luigi, proprio quando il dolore della comunità sarà più insopportabile, dopo la fucilazione di tre partigiani del posto, col pudore di gesti solo accennati e di sentimenti lungamente coltivati nel silenzio, a rappresentare, in forma ancora un poindistinta, il cambiamento che tutti auspicano.

_____________________________

[Leggi tutti gli articoli di Luigi Preziosi pubblicati su Retroguardia 3.0]

_____________________________

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.