Una pagina in memoria e in onore di Ernesto Ferrero

Una pagina in memoria e in onore di Ernesto Ferrero.


dii Luciano Curreri (Uniupo).

Ernesto Ferrero è morto. L’ho saputo oggi. Ho chiamato la famiglia e fatto le condoglianze. E siccome sono in Belgio, approfittando del ponte, per preparare il trasloco in Italia, non potrò neanche partecipare al funerale.

Mi viene da pensare che quando ero a Liège c’era Jacques – Jacques Dubois – e che quando ero a Torino c’era Ernesto: Ernesto Ferrero. Certo, a Torino, che era ed è la mia città, non era il solo. Guido Baldi, Dario Cecchetti, Pierpaolo Fornaro hanno nutrito e stanno ancora nutrendo lo stesso ‘orizzonte d’attesa’ di un post-ragazzo di 57 anni. Altrettanto vero è che, al di là della ‘formula’, io non ho mai atteso ed è forse proprio per ciò che di tutti questi veri, grandi Signori, sono diventato, nel mio piccolo, un amico.

Ho condensato altrove quello che di Ernesto ho pensato di intuire come scrittore. Ma anche in quel contesto critico, mi interessava più la vita che la letteratura. O, per meglio dire, la vita che il suo fare letteratura sprigionava, spesso partendo da descrizioni di luoghi di reclusione, anche orrorifica, anche storica, anche editoriale. Trovare l’amore e la libertà in tali circostanze, paradossalmente, non è così facile ed è, finanche, straniante, Stendhal insegna.

C’è qualcosa di ‘rivoluzionario’, nel ritorno di questa magnifica trouvaille, anche se il modo di esprimerlo di Ernesto era caratterizzato da una disponibilità ‘permanente’: non era ingenuità, la Sua, ma la voce affettuosa di un onesto disincanto. E tale disincanto, poi, non voleva certo essere una scusa per non offrire più, a nessuno, la partecipe comprensione di cui era capace.

Al contrario: più sei disincantato, più dovresti condividere, partager, e Lui lo faceva, molto di più di certi ‘giovanili’ réseaux in voga, di moda (e poco importa l’orientamento politico o ‘impegnato’ degli stessi, credetemi).

Ernesto sapeva condividere perché aveva imparato a servire: aveva imparato a, per l’appunto, mettersi a disposizione, cercando di essere un giovane e poi un uomo ‘all’ascolto’. Gli avevano sicuramente ‘regalato un sogno’, accogliendolo all’Einaudi, ma Lui seppe davvero cosa farne. E non ascoltò solo i grandi Maestri, da Bollati al divino Giulio, il Suo ‘imperatore’, da Calvino a Levi e a Sciascia, ma anche, negli anni, tanti altri più o meno giovani e vagabondi interlocutori.

Mi mancherà, e parecchio.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.