[Gio Ferri, Senza titolo, 1995 ]
di Antonino Contiliano
Porre un discorso di utopia rinnovata ad opera di un’avanguardia plurale orizzontale, che ha un soggetto collettivo e dalle identità plurali, in posizione di engagement agente fuori le gerarchie della subordinazione al “principe” e alle regole di un sistema codificato, è dunque riprendere la via della poesia antagonista; l’antagonismo che rifiuta la logica dei due tempi o del rimandare l’azione utopica a tempi migliori. Vuol dire “vedere” il noûs dell’io poetico come identità plurale e “autore” collettivo di un testo altrettanto collettivo. Una simultaneità che coniuga teoria e prassi conflittuale su un terreno di comune modellizzazione e azione. E ciò vuol dire rapportarsi con un altro ‘punto di vista’, un esser-ci cooperativo che si riconosce in un divenire comune e in una temporalità storica che al tempo dà una propria intrinseca instabilità e irreversibilità.
Una posizione, d’interesse poietico, analoga, per le evidenti affinità, (e come vedremo avanti), a quella del soggetto collettivo fisico-matematico nel cui ambiente i risultati e le azioni di ogni singolo sono sempre insieme e sottoinsieme di quel general intellect che è il patrimonio comune, il linguaggio e i linguaggi acquisiti nel tempo dalla comunità degli animali umani stessi. Un general intellect da intendersi come principi, regole, meccanismi/procedure generali e comuni del pensiero degli uomini. I principi e i metodi della scienza, del sapere e della cultura storicamente determinati acquisiti in contesti determinati e tra ricerca, esplorazioni, modellizzazioni, verifiche, passaggi e contaminazioni.
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