STORIA CONTEMPORANEA n.16: Il silenzio del bestseller. A proposito di Simone Berni, “Il caso Imprimatur. Storia di un romanzo italiano bestseller internazionale bandito in Italia”

caso-imprimaturNegli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

 

di Giuseppe Panella

Il silenzio del bestseller. A proposito di Simone Berni, Il caso Imprimatur. Storia di un romanzo italiano bestseller internazionale bandito in Italia, Macerata, Bibliohaus, 2009

Per ora sospendo il giudizio. Come scrive di voler fare Edgar Allan Poe alla fine di un suo celebre racconto (Landor’s Cottage del 1850) nel cui epilogo si rinuncia a dare un giudizio sul luogo descritto ma si enuncia soltanto la necessità di una sua descrizione (1), il mio obiettivo non è altro che quello di descrivere il contenuto, già di per sé inquietante e piuttosto pericoloso, di questo libro di Simone Berni. Inoltre non ho letto il romanzo di Monaldi & Sorti di cui si parla in questo libro-reportagedetective story sul mondo dell’editoria italiana. Non sono riuscito a trovarlo nell’edizione Mondatori (ma questo non è strano) e non so se l’edizione Cargo di Amsterdam, unica disponibile sul mercato in rete, sia in italiano o in olandese (questa edizione è facilmente reperibile e ad un prezzo assai accessibile ma non so se corrisponda a De Bezige Bij che effettivamente lo ha ristampato in italiano nel 2006 su richiesta dei moltissimi estimatori di questo libro). Credo che la nuova edizione sia in italiano ma accertare questo elemento fondamentale per la sua lettura solo dopo averlo comprato è azzardato come un rischio non calcolabile in anticipo… 

Non è nemmeno possibile accertare a distanza e senza un confronto personale quanto Monaldi & Sorti affermano riguardo alla sorte infelice di condanna all’oblio del loro romanzo di successo – sicuramente saranno in buona fede ma forse lo sono anche alcuni (non tutti, magari) dei loro detrattori…

Ma, in buona sostanza, questi sono i fatti narrati nel libro di Berni: due ex-giornalisti, lei, Rita Monaldi, dottoressa in Lettere Classiche, lui, Francesco Sorti, dottore in Storia della Musica di belle speranze, passati attraverso una brillante ma poco remunerata trafila in giornali di un certo calibro qualitativo in ambito nazionale (il giornale L’Indipendente, ad es., prima che perdesse del tutto la sua indipendenza per lei, Il Mondo settimanale di economia e finanza), scrivono, dopo dieci anni di ricerche di archivio, un romanzo al cui centro è il mondo politico ed ecclesiastico che ruota intorno alla figura di Atto Melani.

Questo straordinario personaggio realmente esistito, un castrato pistoiese di rare qualità canore che era stato il fenomeno musicale della Francia di Mazzarino e del suo re Luigi XIV, si rivelava ad uno sguardo storico più attento anche un talento spionistico e politico di primordine in grado di gestire e di pilotare scandali di grande importanza nell’ambito delle corti europee di maggiore rilevanza, a partire da quella pontificia. Melani, peraltro, era stato l’oggetto della tesi di laurea di Francesco Sorti e il primo interessamento nei suoi confronti era venuto proprio dalla musica.

Il romanzo scritto a quattro mani dai due intraprendenti letterati, Imprimatur, viene grandemente apprezzato da Luigi Bernabò, proprietario di una stimata Agenzia letteraria ereditaria di buona parte degli autori di cui si era occupato il mitico Erich Linder fino alla sua morte improvvisa.

Bernabò propone il libro a Mondadori e al suo prestigioso general manager Gian Arturo Ferrari che lo rifiuta, però, in un primo tempo. Poi, per il tramite di Stefano Magagnoli che se ne assume il controverso editing, nel 2002, il libro esce nella prestigiosa collana degli Omnibus (allora diretta da Magagnali stesso) e scala le classiche di vendite tanto che nel 2003 la sua seconda riedizione avviene nella collana degli Oscar Bestseller (una ristampa sempre negli Omnibus c’era stata sempre nel 2002). Dopo di che il ciclo editoriale si ferma e il libro scompare dagli scaffali delle librerie. Ogni tentativo di ristamparlo in Italia anche presso altri editori dopo il rientro dei diritti nelle mani dei suoi due autori fallisce miseramente mentre, invece, il libro viene tradotto con successo notevole in Olanda, in Francia, in Spagna e anche altrove (l’edizione inglese sarà lanciata nel 2006).

A tutt’oggi Imprimatur è un libro introvabile in Italia e di esso non si parla affatto se non nel sito web dei suoi ammiratori irriducibili. Anche durante la sua permanenza in libreria di esso i giornali, nonostante l’impegno profuso dai suoi instancabili autori, hanno parlato poco e male, insistendo su un improbabile parallelo con Il nome della rosa di Umberto Eco (cui pare assomigli ben poco) e riducendo il tutto a un giallo storico come ce ne sono tanti.

Ma qual è il contenuto di questo romanzo mastodontico (640 pp. nella sua edizione iniziale) che ha turbato il sonno dei suoi censori e dei suoi detrattori accademici e professionali e ha entusiasmato, d’altro canto, i suoi moltissimi lettori “medi” di tutta Europa?

Il romanzo è situato nel 1683, all’epoca della gloriosa battaglia di Vienna che chiude la stagione più significativa dell’avanzata islamica in Europa. Il merito di aver fermato i Turchi alle porte d’Europa è di solito attribuito a Papa Innocenzo XI, Benedetto Odescalchi, la cui figura appare sempre circonfusa di gloria tutte le volte in cui il suo operato viene citato in occasione di questo importantissimo episodio militare. Eppure questo Papa beatificato soltanto nel secondo Novecento (ma mai canonizzato) risulta fortemente ridimensionato nel libro di Monaldi & Sorti.

Secondo documenti d’archivio da loro rinvenuti nel corso delle loro ricerche, il Papa in oggetto, vinto dalla sua brama smisurata di denaro che lo faceva agire in qualità di usuraio in combutta con altri membri della propria famiglia, avrebbe prestato forti somme all’allora Stadtholder Guglielmo III d’Orange e, per rientrarne in possesso con gli interessi, avrebbe favorito la sua investitura a re d’Inghilterra in contrapposizione all’erede legittimo Giacomo II Stuart (che aveva il torto, però, agli occhi degli inglesi di essere papista e desideroso di restaurare la religione cattolica in Inghilterra). E’ quella che la storiografia ufficiale inglese chiamerà poi sempre come la Gloriosa Rivoluzione del 1688-1689 senza però mai far parola dell’ingerenza vaticana nella questione interna.

Questo scoop storiografico (provato da documenti d’archivio catturati dalla famelica coppia di cacciatori di documenti  alla ricerca di pezze d’appoggio per il loro libro) sarebbe una delle ragioni principali (se non la Ragione principale!) della damnatio memoriae cui sarebbe stata confinata la loro opera. Su questo punto, nonostante le tante interviste rilasciate da Monaldi & Sorti al riguardo e le polemiche avvenute però rigorosamente soltanto su giornali esteri, la verità è ben lungi ancora dall’emergere. I difensori del libro parlano di ingerenze vaticane; i suoi avversari (come Marco Meschini dell’Università Cattolica di Milano) sostengono, invece, la tesi del ciclo “naturale” del bestseller che avrebbe esaurito il suo compito di intrattenimento una volta arrivato allo statuto di “tascabile”. Prendere posizione su questo aspetto della questione senza aver letto il libro sarebbe più che una leggerezza un errore critico.

Ma la parte più interessante e sicuramente quella che rende il libro di Berni di lettura simile a quella di un romanzo è, in realtà, la descrizione di Imprimatur stesso come oggetto letterario.

Racchiuso nel breve giro di dieci giorni (con un epilogo ambientato solo di sei giorni dopo) proprio come nel Decamerone di Boccaccio, con dodici personaggi “misti di storia e di invenzione” rinchiusi nella Locanda del Donzello a Roma per via di una sospetta epidemia di peste. L’espediente utilizzato per far partire la storia è, manco a dirlo, un “manoscritto ritrovato” come classicamente è avvenuto nell’ambito del romanzo storico a partire dal Manzoni dei Promessi Sposi – si tratta qui del diario segreto di uno dei garzoni della locanda, Francesco, che ha lasciato in questo modo una precisa testimonianza dei fatti. E’ uno dei metodi più sicuri quello di rintracciare un manoscritto polveroso in una biblioteca negletta e dimenticata per assicurare parvenza di verità a un testo poi ampiamente finto. Ma l’obiettivo del romanzo di Monadi & Sorti, oltre che ovviamente quello dell’intrattenimento, è anche la ricerca di verità che la Storia ufficiale ha tenuto nascoste e che nessuno ha interesse a rivelare (per meschinità, per paura del Potere, per brama di oblio su realtà scomode e per questo non rivelabili o “esportabili” nei secoli successivi).

Come si legge a p. 77 del libro di Berni l’obiettivo delle opere narrative di Monaldi & Sorti non è certo la sola ricerca di scoop più o meno a sensazione:

 

«”Ma al di là delle scoperte”, avverte Rita Monaldi, “il vero arricchimento è proprio il graduale processo di svelamento della verità, che nel corso della scrittura dei primi tre romanzi ha trasformato prima di tutto noi due, in secondo luogo i nostri personaggi e la loro psicologia e, infine, speriamo anche i lettori”».

 

A Imprimatur sono seguiti – secondo una sequenza prestabilita come accade nel film Todo Modo di Elio Petri tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia – due romanzi: Secretum (2004), e Veritas (2006) cui terranno dietro Mysterium e Unicum e ancora altri due il cui titolo è ancora sconosciuto anche se risulterebbe necessario per completare la sequenza della frase latina.

Sarà in essi che si scioglierà il mistero dell’implacabile ostracismo italiano nei confronti dei due scrittori? Veritas filia Temporis

 

NOTA

                       

 (1) “It is not the purpose of this work to do more than give in detail, a picture of Mr. Landor’s residence – as I found it. How he made it what it was –and why  – with some particulars of Mr. Landor himself – may possibly form the subject of another article”…

 

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.