SUL TAMBURO n.74: Rita Monaldi – Francesco Sorti, “Malaparte – Morte come me”

Rita Monaldi – Francesco Sorti, Malaparte – Morte come me, Milano, Baldini & Castoldi, 2016

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di Giuseppe Panella
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Rita Monaldi e Francesco Sorti sono autori molto conosciuti di romanzi storici e di brillanti ricostruzioni satiriche di eventi del passato che probabilmente non hanno bisogno di presentazioni per il vasto pubblico dei loro lettori. Le vicissitudini del loro primo romanzo, Imprimatur, pubblicato con buon successo da Mondadori nel 2002 e poi non più ristampato dallo stesso editore per ragioni mai compiutamente emerse nel corso della violenta polemica che ne seguì, sono state anch’esse l’oggetto di un importante dibattito sulla scrittura letteraria e i condizionamenti esterni esercitati su di essa (ne parlai proprio su Retroguardia in anni non sospetti, per la precisione il 16 luglio del 2009). Nel 2016, pur proseguendo la serie di romanzi storici incentrati sulla figura della spia vaticana Atto Melani e le sue imprese politico-poliziesche ambientate in tutta Europa (alla conclusione della serie mancano i due volumi conclusivi), i due scrittori hanno deciso di dedicare un ampio e intrigante volume a una vicenda poco nota della biografia umana e intellettuale di Curzio Malaparte, ambientandola in gran parte nella Capri mondana di fine anni Trenta. Ma la storia della persecuzione poliziesca ai danni dello scrittore pratese, la ricostruzione delle sue indagini effettuate con lo scopo di evitare l’arresto e un processo che ne avrebbe distrutto la reputazione e infine la scoperta della verità sulla misteriosa morte di Pamela Reynolds, giovane poetessa dal profilo dolcissimo con la quale Malaparte aveva avuto quattro anni prima un breve flirt, non esauriscono la fitte rete di rimandi storici, politici, letterari e umani che attraversano e sorreggono la potente ricostruzione effettuata dai due autori.

Attraverso l’intreccio poliziesco e le ricerche svolte da un infaticabile Malaparte sfilano nel romanzo tutte le grandi figure politiche e letterarie del Novecento che si sono ritrovate a Capri e vi hanno intrecciato i loro destini: da Maksim Gorkij a Lenin, da Axel Munthe a Edwin Cerio, fino a insidiare l’astro nascente di Adolf Hitler (un personaggio per il quale Malaparte non nutrì mai alcuna simpatia politica e umana giudicando un incapace politico e un classico esempio di “femmina”). Nella costruzione della dimensione romanzesca della loro opera, Monaldi e Sorti utilizzano tutte le risorse di una competenza storiografica e di una conoscenza delle opere di Kurt Suckert assolutamente non comune e da essa emerge il ritratto di un’Europa ormai marcia e destinata alla distruzione, quella stessa Europa che sarà la vera protagonista delle opere più famose dello scrittore pratese (Kaputt e La pelle).

Il vero protagonista del romanzo è comunque lui, detto Curtino a Prato per il suo “balio” Milziade Baldi, Kurt Suckert combattente e avvelenato dal gas yprite a Bligny durante la Prima Guerra Mondiale, Malaparte nei salotti romani e nei letti delle gran dame dell’aristocrazia capitolina, Curzio amato e odiato dagli aristocratici capresi di cui rappresenta la nemesi. La sua vita di uomo e di letterato sarà passata al vaglio nel corso dell’opera e su di lui sarà emesso un giudizio severo ma non pregiudiziale: testimone di un’epoca di morte e di distruzione, Malaparte non si è mai sottratto alle sue responsabilità di intellettuale e ha marcato la propria differenza umana rispetto al conformismo e all’opportunismo di chi ha approfittato delle contingenze storiche solo a proprio vantaggio. Monaldi e Sorti ricostruiscono il suo percorso di grande scrittore e di essere umano senza aver paura di pronunciarsi con giudizi originali e inattuali e questo è, tra molti altri, il grande merito della loro scrittura.

Il punto di partenza del romanzo (un testo molto voluminoso di quattrocentonovantaquattro pagine di lunghezza che, tuttavia, si leggono in velocità, con gusto e con grande godibilità per il lettore appassionato) è l’ora della morte di Malaparte. Ricoverato nella clinica Sanatrix di Roma, nell’estate del 1957 (la data del decesso sarà il 19 luglio) lo scrittore pratese è agli sgoccioli: i suoi polmoni, danneggiati dalle gravi esalazioni di gas durante la battaglia delle Argonne, stanno per abbandonarlo e il cancro ai polmoni gli ha invaso tutto il corpo. Gli restano pochi giorni di vita. Tra i tanti visitatori interessati, da Pietro Secchia che gli porta la tessera del Partito Comunista a padre Virginio Rotondi che insiste per somministrargli l’estrema unzione e poi tanti amici veri o presunti venuti da tutta Italia (e anche molti da Prato naturalmente), una presenza conturbante lo colpisce particolarmente: una donna bellissima, che assomiglia alla ricchissima Mona Williams, già sua ospite e amante occasionale a Capri, gli si presenta come l’imago della Morte.

La Morte come una bella donna che esige il suo tributo e gli intima di scrivere un romanzo in cui rendere conto della propria vita e del dolore che ha fatto patire agli altri, soprattutto alle donne della propria vita. Malaparte ci proverà scrivendo il romanzo di Capri in cui si concederà lunghi e ben riusciti flashback: il periodo della guerra in Francia, l’infanzia vissuta a Prato tra Coiano e il Liceo ”Cicognini” in cui ha studiato, le amicizie, gli amori, i sogni di guerra e il momento tragico dell’affaire Matteotti, forse il momento peggiore e più oscuro moralmente della carriera malapartiana. Poi la ricerca dell’assassino di Pamela Reynolds e la scoperta dell’”incredibile” colpevole. In mezzo un duello, la fuga attraverso le rocce e le calette dell’isola di Capri, la Casa come me come impossibile rifugio, i rapporti complessi e spesso violenti con Axel Munthe e Edwin Cerio, le donne come Mona Williams o la maestra Lucia, agente dell’OVRA.

Ma questo non basterà alla Morte, non basterà il pentimento per portarlo in quel Paradiso laico cui lo scrittore anela. La condanna è all’oblio e alla damnatio memoriae nel deserto infuocato del dolore morale ma solo con un gesto di rifiuto di quanto di male ha fatto nella vita (Ja napliwaju – dirà a se stesso, sputo addosso a te, dirà Malaparte) riuscirà a riscattarsi e a morire in pace.

Romanzo corale e fin troppo ricco di addentellati e recuperi storici, di ricostruzioni di ambienti e di analisi psicologiche, Morte come me è un’introduzione di grande potenza morale e letteraria al mondo dello scrittore pratese e un invito sincero a leggerlo senza pregiudizi. E’ ormai tempo di capire il suo percorso complesso e spesso contraddittorio e non soltanto dare su di esso giudizi senza appello sulla base di pregiudiziali di tipo ideologico.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.