«Il mondo esiste, informe, carico di voci, nel sole che consuma». Francisco Soriano, “Poesie novissime”

[È appena uscito Francisco Soriano, Poesie novissimePer gentile concessione dell’editore, presentiamo la nota introduttiva di Claudia Valsania (f.s.)]

Francisco Soriano, Poesie novissime, Eretica Editrice, 2023, pp.122, € 16.00


Io che non voglio amore voglio il vento

Voglio il mare aperto in piedi galoppante

(Odisseas Elitis, Monogramma, V)

«Il mondo esiste, informe, carico di voci, nel sole che consuma»

di Claudia Valsania

La novità del canto è un motivo che ritorna nella tradizione lirica amorosa che queste Poesie novissime richiamano, e ha forse nella Vita nova dantesca il suo emblema. Novo – nel suo duplice significato originario di ‘nuovo’ e insieme ‘straordinario’, nel senso di ‘fuori dall’ordinario, insolito’ – è termine che pone così da subito questa raccolta all’insegna dell’eccezionalità.

sei l’icona –
il gesto di una vita
fuori dalla colpa del consueto
ordinario
fallace e sicuro/approdo

Il principio della poesia è l’oggetto che svetta tra gli altri e si rivela presenza, sul terreno del nulla. C’è un’immagine che ritorna in questi testi ed è quella della pietra d’inciampo, invocata («sii la pietra d’inciampo / sotto i miei piedi nudi») e poi definita realtà («sei tu la pietra d’inciampo»), dove la presenza si fa imprevisto che intralcia il passo e, in questo, miracolo, se la meta che allontana è l’anello che chiude la catena. Le cinquantanove poesie che compongono la raccolta di Francisco Soriano costituiscono nel loro insieme un solo lungo poema che non conosce progressioni o sviluppi, ma le cui parti ruotano intorno a un unico punto rappresentato da un vuoto spazio silenzioso, «presto invaso / di luce». I tanti sei tu, eri, sarai (l’icona, la pietra d’inciampo, e ancora bosco, scaglia, fonte, la penombra «al centro del ricamo») rispondono alla volontà di definire una realtà intraducibile e alta, che le cose per analogia sono chiamate a testimoniare. Da qui lo scambio costante di qualità tra gli oggetti che anima la poesia: le labbra sorde, la veglia increspata, il sole cieco, le spine mormoranti… Da qui i versi brevi e lo spazio bianco che li attornia, non come vuoto ma come risonanza. Quella di Soriano è una poesia del dettaglio isolato, del frammento carico di senso, della strofa breve sintatticamente e semanticamente conclusa in sé. Le sue parti possono adunarsi, come infatti fanno, in un discorso, ma in modo sempre precario, sempre pronte a dare vita a nuove forme e, ancora, a dissolverle. La poesia sa il movimento che attraversa in segreto le cose e nel suo andare insegue il mistero che questo racchiude.

scriverti
è cercare fra schegge d’argento –
rapsodiche –
scompaiono/appaiono in mare aperto.

Il mondo esiste, informe, carico di voci, nel sole che consuma. Un gorgo avvolge le esistenze e le trascina nel buio, «dissolve in polvere» anche l’ultima «scheggia di luce». Eppure «nulla finisce / sul grumo del tanaceto», recitano i versi, «nulla finisce / sul grembo spinoso». Più forte della morte, del buio, dell’insensata intemperia che «tutto occulta» è la possibilità improbabile, ma non per questo meno attesa, che un destino diverso si mostri. L’amore è la sua traccia. Nella distanza che separa dall’altra parte della vita – feroce intercapedine, il tempo – si aprono visioni incerte, sospese, spazi vuoti e silenziosi che recano il riflesso della sua presenza e l’apparizione ristabilisce, risana: «il filo era riannodato», infatti, «tutto si ricompone». Il gesto lieve e però tenace della danza si staglia sulle storture del mondo – la linea obliqua, lo sghembo presagio, il clinamen – e nel silenzio nascosto dentro al rumore affiora la «parola unica / […] mai pronunciata», il «mai detto». L’amore è una soglia, che lo stupore annuncia, e nel sussulto che arresta il tempo l’esistenza si scopre viva.

noi siamo nelle mani
di un altro dio
dicevi –
mentre impietrivi l’istante
nelle mie vene.

Si è altro, vanno ripetendo i versi. Un’inquietudine, un’ansia di vita pervade la poesia di Soriano e la sostiene. I trovatori la chiamavano joven, ‘gioventù’, la stessa gioventù che qui si dice «rimasta avvolta / in fasce di stoffa/azzurrognola» e ora è risvegliata allo sguardo: «è bastato che ti voltassi». Il tu della poesia distingue nel petto un’altra vita che le corrisponde e che in lei si rispecchia, come nella «testa di marmo, / mozzata […] di un antico eroe greco» che le sue mani porgono e che, come lei, reca i segni dell’eterno.

eri ciò che cercammo
e fummo
per il resto della nostra vita.

Volendo descrivere il principio prosodico della poesia di Soriano si dovrebbe partire probabilmente da qui, dalla visione che si desta e che, nel farlo, regola il respiro, riscrive il tempo del suo alternarsi. I segni grafici sparsi nei testi – trattini, barre oblique – si dispongono allora come in una partitura con il compito di rallentare o velocizzare la lettura, di pausarla o meno, a ricreare il breve spazio della sua durata e il ritmo che la governa: «un momento – / un transito / una sferzata di brezza marina». La poesia ferma l’istante – «che non è speranza / forse, felice presagio» – nel quale la vita si espande e finalmente riacquista una presenza tra le cose. In questo attimo c’è il passato («la memoria […] questa volta / sopravvive») e c’è il futuro («nelle mani stringi infiniti domani»). L’altrove è qui. Per questo speranze e paure non hanno più senso. L’aspetto più propriamente fisico di questo amore si intreccia indissolubilmente con la luce che lo trascende e svela, così, la sua verità: «era / l’esserci / in tutte le cose / e in ogni dove». Del resto non è che il «non detto», il «non vissuto». La lontananza, centrale nella raccolta sin dal richiamo in epigrafe a Jaufre Rudel, non è dunque mai soltanto distanza fisica, ma altezza: «eri quel frutto / sul ramo più lontano». La poesia è desiderio che nasce e scuote e cerca le parole per riaversi. L’amore non è indolore, infatti, non lo è la luce. Ecco dunque le spine, le ortiche, le inquietudini, la ruvida stele. Ed ecco il disincanto, tanto più terribile lontananza che urge inesorabile nell’«infinito niente».

Eppure in questa distanza il sogno cresce prendendo qualcosa dell’incorruttibilità del vero, e così sconfigge il tempo nell’unica forma di eternità forse concessa.

sulla tua fronte
ampia è la
fede nel fiore del tempo.

che sia tu a non essere mai còlta.

La possibilità che una ragione individuale, privata, stravolga il mondo come lo si conosce, mostri le forze che lo oltrepassano, c’è, esiste. Non esiste la possibilità che questo secondo mondo scalzi il primo, prenda il suo posto, ma la parola è la via che lo riscatta. Ecco che la poesia d’amore si fa in questo etica, civile, come ogni poesia che lotti per vincere in sé stessa la corruzione e nel farlo conquista una realtà. Lo sguardo indaga il mondo sapendo che solo nella sensazione si dà la via che porti all’ideale e la poesia si popola di cose, dei loro colori e odori, di tutte le qualità che i sensi possono raccogliere per poi restituirle in forma di immagine e di suono. La poesia si popola di parole, e del modo sottilissimo che queste hanno di richiamarsi, unirsi, accordarsi o al contrario interrompersi e dividersi, e in questo segreto di ritmo, in questa elusione del tempo risiede il loro ultimo, irriducibile significato.

te ne stavi a scegliere
le parole
ad una ad una ma tutte –
in fondo
vivevano di vita propria.


La pietra e il destino (2023)

Una Flash Opera di Giampiero Gemini, Valerio Murat e Antonio Poce, edizione Expanded Gramophone 2023. Realizzata per il poeta Francisco Soriano in occasione dell’uscita della sua ultima raccolta di poesie intitolata “Poesie novissime” per Eretica Editrice.

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.