I cimiteri cristiani

I cristiani, i cui primi nuclei si trovavano in varie regioni dell’impero fin dal primo secolo, solo agli inizi del IV, in seguito all’editto di Costantino (313), cominciano a costruire pubblici edifici adibiti al culto.

Forse ne esistevano anche precedentemente, come sembra di capire da un passo dello stesso editto, nel quale l’imperatore ordina di restituire immediatamente ai cristiani ‘i luoghi ove essi avevano precedentemente l’abitudine di radunarsi’. La frase può fare riferimento alle case private, sede normale dell’assemblea religiosa come, già nel I secolo, è provato da questi passi delle lettere di San Paolo, in cui si salutano, fra gli altri, coloro nelle cui case si raduna «la chiesa». Tuttavia le ricerche archeologiche sembrano confermare l’esistenza, almeno a partire dal III secolo, anche di ambienti non privati adibiti al culto cristiano (resi forse necessari dal numero crescente di nuovi fedeli), detti domus ecclesiae. Scomparsi questi ambienti (pubblici o privati) precedenti il IV secolo, restano, a testimonianza del primo cristianesimo, i cimiteri (non anteriori comunque al II-III secolo).

È uso cristiano seppellire i morti, non cremarli. Occorreva perciò avere terreni disponibili. E, poiché il corpo inumato occupa molto più posto dell’urna cineraria, occorrevano aree sempre più vaste, via via che, col tempo, aumentava il numero dei sepolti. I cimiteri cristiani erano privati se i terreni erano messi a disposizione da correligionari ricchi, oppure erano gestiti da associazioni ammesse dalla legge (i collegi funeratici).

Potevano essere all’aperto, come a Ostia, per esempio, o a Interamna (Terni). Ma quando la natura tufacea del terreno lo permetteva e quando, nelle grandi città, come Roma, i costi delle aree erano molto alti, si ricorreva allo scavo in profondità, creando corridoi sotterranei, anche su più piani (si arrivava fino a cinque), aerati da pozzi, raggiungendo così una notevole estensione.

Sulle pareti di queste gallerie (ambulacri o cunicoli) si praticavano delle cavità a forma di parallelepipedo (loculi), richiuse con lastre o muri dopo avervi deposto i morti. I loculi più importanti erano sormontati da archi (detti perciò ad arcosolio), le cui pareti, come quelle attigue, erano talvolta decorate da pitture. Vi sono anche ambienti più o meno grandi (cubicoli e cripte) o celle triabsidate a trifoglio (tricore).

I cimiteri servivano solo come luoghi di sepoltura, non (come spesso si dice ancora erratamente) per celebrare i riti clandestinamente né per nascondiglio durante le persecuzioni, prima di tutto perché le loro entrate, ben visibili, erano note alle autorità in quanto ammessi dalla legge, poi perché non avrebbero potuto offrire lo spazio necessario, infine perché la casa privata, sede abituale della comunità cristiana, è sempre stata il luogo più adatto per lo svolgimento di qualsiasi attività clandestina. I soli riti celebrati nel buio delle tricore, dei cubicoli o delle cripte erano quelli funerari.

[Da P. Adorno, L’arte italiana. Dalla preistoria all’arte paleocristiana]

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.