Della felicità. Valeria Di Felice, “El batiente de la felicidad”

Valeria Di Felice, El batiente de la felicidad, Sevilla, Renacimiento, 2021, pp. 96, € 15,90


di Stefano Lanuzza 

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Esce in versione bilingue di spagnolo e italiano il volume di poesie El batiente de la felicidad [Il battente della felicità] (Sevilla, Renacimiento, 2021, pp. 96, € 15,90) di – omen omen – Valeria Di Felice.

Sono versi tradotti dalla filologa María José Flores Requejo nella lingua che forse più d’ogni altra s’adatta al tema dell’amore/passione rivissuto anche con echi lessicali della poesia spagnola novecentesca (si pensi all’andaluso García Lorca) e un attraversamento dell’Ermetismo emblematizzato nell’epigrafe sapienziale di Mario Luzi “L’amore aiuta a vivere, a durare, / l’amore annulla e dà principio”.

Nelle sue declinazioni e su piani plurimi di profondità, il tema è scandito in versi liberi e propizio estro lirico dall’autrice esordita nel 2007 con il saggio Uomini tra realtà e immaterialità, seguìto dai due libri di poesie L’antiriva (2014) e Attese del 2016; insieme, in questo stesso anno, alla curatela dell’antologia La grande madre. Sessanta poeti contemporanei sulla Madre. Una Miscellanea di critica e poesia, sintetizzata nel titolo Alta sui gorghi, completa nel 2017 l’impegno anche militante della poetessa.

Segnando “el inicio / de una nueva primavera”, è un’Euridice destata da Orfeo l’autobiografica protagonista di un canto che, nella sua coerente continuità di stile, assume la complessione del poema intimo, brillante per audacia psicologica quanto casto nella sua innocenza esistenziale. Un poema con ogni lassa disposta tra dosate pause ritmiche a evocare l’amore come stato desiderante, percorso di passione, ricerca dell’Altro da porre in piena luce.

Affrancandoti dalla ‘paura’ o dalla ‘colpa’ di essere felice, l’amore ti mostra la verità, ti carica di vitalismo attivo ed energia corporale sfidando il conformismo e i cupi biasimi dei moralisti… Così, “no nos disolveremos / en la nebulosa de las habladurías”, né “ci faremo vincere / dal grossolano vociare “de lenguas sin bocca/”, scontorte mutrie di un quadro di Bacon: ché siamo “el mediodía convertido en noche de Arsenio”, questa figura dello schermo del Montale di Ossi di seppia… Con Arsenio, il quale “preferisce morire tra i vivi / che far finta di vivere tra i morti”, a emblematizzare certo paraermetismo della De Felice che trova in Montale un ineludibile nume tutelare.

E ora cos’altro accade nell’amore cantato dalla poetessa se non, come lei stessa scrive, “l’infinita espansione” di un’“arcana magia” rivelatrice del mistero dell’intesa perfetta degli amanti, i ‘fedeli d’amore’ che, sospesi tra desiderio e voluttà, cielo e terra, hanno abolito nell’ascesi carnale ogni cupezza e pena affrontando il rischio: “el riesgo de ser felices” e “de amarse mar adentro [amarsi in mare aperto]”? Né “importa si la nave se hunde [se la nave sprofonda], / si es engullido el pensamiento del mañana [se inghiottito è il pensiero del domani]”… Allorché il naufragare richiama l’‘Infinito’ leopardiano.

A sondare le profondità dell’estasi, “entre el respitrar de las sabanas”, di ondose “lenzuola”, gli innamorati cercano nel gioco seduttivo spazi diversi di conoscenza e appagamento. E ancor più la poesia dell’autrice diviene canto del desiderio realizzato ed estatico, romanza vibrante di gioia, trillo di contentezza senza ombre per la quale l’afroditico Eros, demone non umano né divino vincente sulla brama negatrice di Thanatos, si consegna al proprio glorioso destino.

E “no será el tiempo […] / non saranno i dubbi [las dudas] ad oscurare […] le carezze [caricias]” o a limitare la sfida luminosa che gli spericolati amanti oppongono all’opacità del mondo in nome della loro indomita voglia di libertà sempre a caccia di beatitudine. Perché – detto col Platone del Convitocacciatore possente è Amore, intreccia sempre astuzie e intrighi [;] amante per tutta la vita di sapienza, filosofo cioè”. Ma pur sempre poeta, “la boca dorada de un poema / renacido” a nominare l’essere subliminale di Due che sono Uno, con l’allegria euforica e il giubilo evocatore della suprema serenità del nume che vuole il tuo bene, ti dona un tenero ardore, ti porta oltre i chiusi sistemi sociali, ti avvolge nelle avventurose trame d’una libertà senza condizioni di limite.

Tra equivalenze sintattico-ritmiche di immagini e colori, alternando senza soverchi schemi metrici strofe brevi e lunghe, l’autrice fonde suono e senso in un discorso continuamente sospeso e ripreso nell’ascolto di sensazioni ove dimora “todo eso que el amor no dice”: e “nada” dice “que no sea vida”, immagini di bellezza e succedersi di grati eventi che trasformano o meglio sostanziano la realtà con sequenze di affilati stilemi – “oro del sol”, “suspiro de la pluma”, “espiga ceñida de fuego”, “brasero de carne”, “piel de luna”, “luna de rocío”, “sombra de miel”, “bocas de llama”, “brasero de carne”… Scevra dell’umorale delirio di Dioniso, è sollecita, contagiosa e infinita l’energia creatrice di Venere dilagante nella poesia defeliciana. Scortata dalla benevolenza apollinea per la fluente dolcezza della passione finalizzata al bello e al bene, essa è un “turbine […,] el torbellino venido a arrasar la tierra”.

Non un dio né un essere mortale è Amore, ma un demone benigno che ti chiede di essere, semplicemente essere: di stare perentoriamente nella vita, di fluire nei tuoi sogni e in “un universo che nos mira arder sin consumirnos”.

Leggeri e temerari sono i sogni della genuina poesia d’amore: ti sorprendono illuminando l’ignoto, ti gettano in foreste di simboli o in un “bosco di echi sonori”; e “de boca en boca” e “de carne en carne” t’inducono al ‘deragliamento di tutti i sensi’ (Rimbaud) poi ricomposti entro una “geometria di desideri” e corrispondenze dei corpi misurate con l’infinità, audace dono elargito dagli amanti a sé stessi e che, interiorizzato ed esaltato, vuole durare.

Non la ‘luna nera’ di Lilith che inasprisce “de aridez la fábula bella”, bensì il carezzevole sole di Apollo, “flor de sol” identificato con l’amato referente, illumina l’intero libro della De Felice; che, sospesa tra le faglie dell’inconscio e una lucida coscienza, soavemente custodisce quell’Altro la cui differenza, dapprima segreta e quasi interdetta, si fa – nell’arte della felicità – prossima e accessibile, foriera d’una perpetua, commovente rinascita: “Entre tus brazos reencuentro / una nueva existencia – reviso / la fábula de venir al mundo – / contigo, que eres / – eres la promesa adyacente al batiente de la felicidad – / la ocasión que se ha abierto a un nuevo sol”.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.