Azzurro Tabucchi

Azzurro Tabucchi


di Paola Bonazzi

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C’è l’azzurro infinito come sinonimo di cielo, di scintillanti distese marine, di silenti spazi siderali, trasparente, ceruleo; o la nuance lieve del fiore di myosotis, struggente promessa di memoria e affetti duraturi; o la tonalità intensa del lapislazzuli, pregiato materiale lapideo usato fin dall’antichità per impreziosire amuleti e gioielli o per ricavarne, finemente macinato, l’omonimo pigmento, l’oltremare, prezioso come l’oro prima della produzione dei colori sintetici su scala industriale. C’è anche un azzurro ordinario, quasi volgare, quello dei dépliants che promettono località da sogno, dove ricorre abusato come simbolo di spazi incontaminati, di estati spensierate e di eterna vacanza.

E poi c’è un azzurro diverso, che porta con sé una sensazione di mistero surreale, “l’invisibile diventato visibile, come dichiara Yves Klein (Nizza 1928 – Parigi 1962), l’artista francese che divenne famoso con i suoi monocromi. È questo azzurro interiore, che è anche sogno, distanza, viaggio immaginario verso l’ignoto, il colore di cui è intrisa la prosa di Antonio Tabucchi (Pisa 1943 – Lisbona 2012), una scrittura in costante colloquio con le arti visive, che si fa immagine essa stessa, attenta al dettaglio cromatico.

Dall’immagine alla voce la via può essere breve, se i sensi rispondono. La rètina comunica col timpano e parla all’orecchio di chi guarda; e per chi scrive la parola scritta è sonora: prima si sente nella testa”, scrive l’autore nella nota introduttiva ai suoi Racconti con figure (2011). Una tavolozza ricca, precisa, dove c’è un colore per ogni cosa, mai generico, bensì vivido e ben determinato sulla scala delle tonalità cromatiche come lo sono le diciannove nuances (un azzurro ceruleo per volare in alto / un blu cobalto per la felicità / un azzurro oltremare per stimolare lo spirito / un vermiglio per far circolare il sangue allegramente / […]) elencate nella poesia Testamento della pittrice Maria Helena Vieira da Silva (Lisbona 1908 – Parigi 1992), ispirazione per altrettante sorprendenti variazioni (Gli eredi ringraziano, in Racconti con figure, 2011) che l’Autore toscano intesse in perfetta sintonia con le immagini originali. Forse perché aveva nel cuore la tiepida aria azzurrina della marina a pochi passi dalla sua Vecchiano, dove il confine fra acqua e cielo si dissolve nell’umidità mattutina o l’immenso mare che si apre davanti alla costa della sua patria di adozione, il Portogallo, quella distesa azzurra che sembra infinita e dove solo dopo lunga navigazione si scorgono i profili rocciosi delle isole Azzorre, fiorite di ortensie azzurre, alte come alberi; o perché amava passeggiare sul lungo Tago, che a Lisbona spalanca le sue rive per fondersi con le acque dell’oceano; o invece perché era solito ascoltare le ombre notturne che sono fatte della stessa materia dei sogni. Forse per tutte queste ragioni e per altre ancora che non possiamo sapere (“è difficile avere una convinzione precisa quando si parla delle ragioni del cuore”, avrebbe sostenuto Pereira), nella tavolozza di Antonio Tabucchi sono i toni dell’azzurro a prevalere. Talvolta è una pennellata che dipinge il paesaggio (“la luce era intensa e l’azzurro del mare si confondeva con quello del cielo” – Nuvole, in Il tempo invecchia in fretta. Nove storie, 2009), ma più spesso è una vernice che inaspettatamente tinteggia dettagli in apparenza non funzionali al racconto, piccole macchie di colore che evocano qualcosa di non detto, il rovescio che sta dietro alle cose. Così Antero de Quental, che “soffriva di infinito”, un attimo prima di porre fine alla sua esistenza, “si sedette su una panchina sotto il fresco muro del convento della Esperança dove c’era un’ancora azzurra dipinta sulla calce della parete (Antero de Quental. Una vita, in Donna di Porto Pim e altre storie, 1983); così mentre lavora in officina, dove il pavimento è costellato di “chiazze azzurre d’olio”, dalla lontana Argentina il ragazzo ripensa con nostalgia ai giorni della sua infanzia e si perde nei sogni, e nel sogno vede la madre che indossa “un abito azzurro un po’ vaporoso” (Lettera da Casablanca, in Il gioco del rovescio e altri racconti, 1998); e l’uomo che forse sta per rivedere il suo amore di un tempo (o soltanto lo sta sognando?) immagina che lei lo aspetti al binario, o nascosta all’ombra del sottopasso, coi capelli ancora lunghi e un po’ arruffati e ai piedi “gli stessi sandali azzurri che lui le aveva regalato quella volta al mare” (Il gatto dello Cheshire, in Il gioco del rovescio e altri racconti, 1998).

Azzurro è l’inchiostro col quale il giovane Monteiro Rossi scrive al dottor Pereira “seguendo le ragioni del cuore” (Sostiene Pereira, 1994): un’indole romantica, idealista, in lotta per un mondo senza dittature, per un cielo azzurro che non sia solcato da veicoli di morte. Attivista rivoluzionario, alla vita e all’amore crede Monteiro Rossi, non alla morte. Ed è grazie all’incontro con lui e con altri personaggi – Manuel, il cameriere del caffè dove Pereira consuma il suo pasto abituale e grazie al quale apprende notizie del suo paese abitualmente censurate dalla stampa portoghese; una donna ebrea in fuga da un’Europa oppressa dal razzismo dei regimi totalitari; padre Antonio, energico parroco che non esita a dichiarare le sue simpatie per i repubblicani nella guerra civile che in quegli anni insanguina la Spagna; e il medico della clinica talassoterapica, il dottor Cardoso, che lo incita a lasciarsi guidare dal suo nuovo sentire – è in virtù di tali frequentazioni che Pereira, abitudinario responsabile di una apolitica pagina culturale di un giornale locale, stanco e rassegnato, inizia a percepire la necessità di impegnarsi attivamente, come uomo e come intellettuale, per risalire e alzare gli occhi verso l’azzurro del cielo, emblema dell’ideale di libertà.

Nella prosa di Tabucchi l’azzurro non è un mero pigmento, ma uno stimolo che coinvolge in sinestesia più di una sfera sensoriale: “L’azzurro del cielo era un colore che dipingeva uno spazio spalancato. Aprì la bocca per respirare quell’azzurro, per inghiottirlo, []” (Yo me enamoré del aire, in Il Tempo invecchia in fretta. Nove storie, 2009). Il colore di un cielo terso, dove ogni folata di vento aggiunge intensità e nitidezza, un colore da guardare, ascoltare, respirare, interiorizzare, che può descrivere tutta la vita come la si sarebbe voluta vivere, una vita azzurra, come quella immaginata da Taddeo, il protagonista di un altro breve racconto: ormai vedovo, l’uomo sembra in procinto di partire per un viaggio lunghissimo, il viaggio che aveva sempre sognato di fare con la moglie Isabel; curiosamente, prepara in anticipo le cartoline da spedire durante il viaggio: “ […] ne prese una tutta azzurra e dietro vi scrisse: questo azzurro è ciò che stiamo vivendo, un oceano azzurro, un cielo azzurro, una vita azzurra” (Tanti saluti, in Tullio Pericoli – Tanti saluti, 1988). Anche là dove l’azzurro sembra alludere alla gioia, l’associazione è col sogno visionario: un viaggio immaginato, in compagnia di un’ombra, illusione di un’altra vita, un altrove nel tempo e nello spazio. Sogni, illusioni, ombre della notte: solo nella sua casa, di notte, il pittore si accinge a stemperare gli acquerelli e “privilegia l’azzurro, perché sa che le creature che lo visiteranno sono creature che frequentano la notte e che vengono da spazi interstellari” (Il pittore e le sue creature, in Giancarlo Savino – Frame cafè, 1994). È il colore dei sogni che popolano la notte, o della nebbia che al chiarore dell’alba avvolge i fantasmi della mente nel dormiveglia, una nube che avvolge e rapisce, che trascina nel sogno: “… e mentre, osservando il mare infinito, già stavo abbandonandomi allo sconforto che provoca il disinganno, una nube azzurra è calata su di me e mi ha rapito in un sogno” (Esperidi. Sogno in forma di lettera in Donna di Porto Pim, 1983).

René Magritte – Le Retour (1940)

Come in Le Retour (1940) di Magritte (Lessins 1898 – Bruxelles 1967), dove l’uccello che vola nell’azzurro del cielo si fa nuvole e cielo esso stesso, nel racconto di Tabucchi la nube fa suo l’azzurro del cielo, diventa sogno, strumento che svela le verità che la realtà spesso nasconde. L’attributo cromatico di un oggetto si sposta su un altro, generando sorpresa, inquietudine, in ultima analisi inducendo al pensiero. È la poetica tabucchiana del rovescio, dove ogni personaggio, ogni oggetto, evoca qualcos’altro: allusione, equivoco, mistero.

René Magritte – La Décalcomanie (1966)

Ed è ancora un’opera di Magritte quella che viene alla mente: nel dipinto La Décalcomanie (1966), la tetra materia corporea dell’uomo con la bombetta, vestito di nero e ripreso di spalle, nel suo doppio, potremo dire nel suo rovescio, si cangia in un impalpabile sagoma di sostanza azzurrina fatta di cielo e di mare. Il sogno è il rovescio dell’esistenza, è premonizione, intuizione e rivelazione. Come Magritte nei suoi quadri, Tabucchi solo apparentemente sembra rivolgere l’attenzione alla realtà, ma di questa ne indaga il lato più enigmatico, permettendo alle visioni del sogno di fondersi con la concretezza del quotidiano e alla materia – vivente o inanimata – di assumere significati simbolici sorprendenti, allusivi del mistero della vita.

Nel Gioco del rovescio, un uomo è appisolato in una camera d’albergo di Madrid mentre poche ore prima a Lisbona muore Maria do Carmo, donna con cui il protagonista ha intessuto una misteriosa e ambigua relazione. I rumori del traffico e il ronzio del refrigeratore diventano nel sogno il suono del motore di un rimorchiatore – un piccolo rimorchiatore azzurro – che attraversa la foce del Tago, metafora del trapasso, dell’anima traghettata verso un ignoto aldilà.

L’azzurro di Tabucchi è l’impalpabile che percorre l’esistenza al di là della realtà, è la visione di un mondo oltre le colonne d’Ercole, è tutto ciò che di misterioso e irraggiungibile sogniamo più a occidente dell’occidente.

Firenze, 16 agosto 2023

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.