Tu hai voluto riposare
in terra morta ed in oblio.
Credevi di poter vivere da solo
nel mare, o nei monti.
Poi hai saputo che la vita
è solitudine tra gli uomini
e solitudine tra le valli.
Che i giorni che circolavano
nel tuo petto erano solo campioni
di dolore tra il tuo pianto. Povero
amico. Non sapevi niente e non piangevi niente.
Io non me la rido mai
della morte.
Semplicemente
capita che
non ho
paura
di
morire
tra
uccelli ed alberi.
Io non me la rido della morte.
Però a volte ho sete
e chiedo un po’ di vita,
a volte ho sete e domando
tutti i giorni, e come sempre
capita che non trovo risposte
ma una sghignazzata profonda
e nera. L’ho già detto, mai
sono solito ridere della morte,
volto, la sua tetra veste.
Io non me la rido della morte.
Tuttavia, conosco la sua
bianca casa, conosco la sua
bianca veste, conosco
la sua umidità ed il suo silenzio.
E’ chiaro, la morte non
mi ha ancora fatto visita,
e voi domanderete: cosa
conosci? Non conosco niente.
Anche questo è vero.
Eppure, so che all’arrivo
di lei starò aspettando,
starò aspettando in piedi
o magari facendo colazione.
La guarderò dolcemente
(che non abbia a spaventarsi)
e siccome mai ho riso
della sua tunica, l’accompagnerò,
solitario e solitario.
(da Giovani poeti sudamericani, Einaudi, 1972)
“Dell’altra moltitudine che abbiamo di versi, quasi infinita, ha scelto ciò che gli è riuscito o più elegante, o più poetico, o anche più filosofico, e infine, più bello […]” (Tratto dalla Prefazione alla crestomazia italiana de’ poeti di Giacomo Leopardi)