Il linguaggio poetico ne fu straordinariamente rivitalizzato, ridinamizzato, ‘una botta di adrenalina’ – per parlare la lingua del presente. Il “beat” del tempo musicale era il deterrente giusto per pensare veloce, scrivere veloce, guidare veloce, vivere veloce “from coast to coast”. A metà degli anni ’50 da San Francisco a New York, in locali che si chiamavano The Cellar, Five Spot, Village Vanguard, Six Gallery, si moltiplicavano i readings musicali di Kerouac, Ginsberg, Ferlinghetti, Corso, Orlovsky, Rexroth etc. Erano serate e nottate, spesso memorabili, in cui affiancati da band di be-bop, i poeti della nuova America sperimentavano la forza orale dei loro versi sulla base delle improvvisazioni della musica, dei cambi di umori (anche etilici) del momento, degli imprevedibili cortocircuiti con la platea.
[Ho scovato queste righe fra i miei appunti. Purtroppo non ricordo la loro origine ]
f.s.