Beat Generation & bop

Fin dal suo atto di nascita, il linguaggio della Beat Generation è stato linguaggio musicale. I riferimenti di Kerouac & soci erano Charlie Parker e Thelonious Monk, Miles Davis e Art Blakey, Charlie Mingus e Dizzy Gillespie. Ritmo della sintassi, struttura associativa e spesso analogica della frase venivano da lì, dalla nuova forma bop del jazz del dopo-guerra.
Il linguaggio poetico ne fu straordinariamente rivitalizzato, ridinamizzato, ‘una botta di adrenalina’ – per parlare la lingua del presente. Il “beat” del tempo musicale era il deterrente giusto per pensare veloce, scrivere veloce, guidare veloce, vivere veloce “from coast to coast”. A metà degli anni ’50 da San Francisco a New York, in locali che si chiamavano The Cellar, Five Spot, Village Vanguard, Six Gallery, si moltiplicavano i readings musicali di Kerouac, Ginsberg, Ferlinghetti, Corso, Orlovsky, Rexroth etc. Erano serate e nottate, spesso memorabili, in cui affiancati da band di be-bop, i poeti della nuova America sperimentavano la forza orale dei loro versi sulla base delle improvvisazioni della musica, dei cambi di umori (anche etilici) del momento, degli imprevedibili cortocircuiti con la platea.

[Ho scovato queste righe fra i miei appunti. Purtroppo non ricordo la loro origine ]

f.s.

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.