Un’utopia?

UN’UTOPIA? Un articoletto, forse un raccontino, che ha la sola ambizione di non volere offendere nessuno (1).


di Luciano Curreri (ULIEGE)

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Avrei voluto scriverlo subito, questo articoletto, questo raccontino, poi ho finito per aspettare quattro settimane circa. Oggi è il primo maggio, ho un po’ di tempo e penso sia giusto impegnarlo. Non tutti saranno d’accordo, lo so già, ma non si scrive mai per tutti, anche quando si ha l’intenzione di pubblicare (2).

Il 5 aprile scorso un’orsa, battezzata Jj4 (ma anche conosciuta, antifrasticamente, come Gaia) ha attaccato un giovane uomo, Andrea Papi, che correva nella Val di Sole, nei boschi sopra il paese di Caldes. L’aggressione si è rivelata mortale.

Non è mia intenzione farmi portavoce di una verità (io sto con gli orsi) o dell’altra (io sto con Andrea), né dei tanti discorsi ibridi, frutti di più o meno significative ‘negoziazioni’, tese comunque a ridurre o il bosco a misura d’animale o a misura d’uomo, o magari anche ad assoggettare l’animale a modalità umane: ‘non si tratta di vendetta ma di giustizia’, ‘se è un recidivo lo si abbatte’, ‘se non lo abbattiamo lo trasferiremo, o esigeremo che si ponga l’aggressore in stato di non nuocere’.

E fin qui, pur in seno a un paradigma sostanzialmente tutto umano, mettendosi nei panni di Andrea Papi, trascinato, pare, per settanta metri, difficile non dirsi, in seno a una certa ingenuità: resto amico degli orsi buoni (come sono amico degli uomini buoni) e facciamo in modo che quelli cattivi, orsi e uomini, siano altrimenti confinati, magari in spazi meno angusti che le prigioni e gli zoo d’antan; chiamateli comunità, chiamateli parchi, organizzatevi meglio ma fate qualcosa.

Insomma, il dibattito, anche quello fatto col cuore (non direi, per una volta, e sono serio: con la pancia), sembra animato ma animato tendenzialmente da istanze etiche e la più completa reazione umana è quella di piangere sia insieme ai genitori, alla famiglia e agli amici di Andrea, sia per l’orsa, se e quando sarà abbattuta. Perché? Perché è ogni volta unica la fine del mondo (è una citazione), specie se di un mondo davvero condiviso pensi di far parte, un mondo, cioè, fatto da tutte/i e da tutto. Certo, non bisogna essere troppo ingenui: c’è chi pensa al mondo come a cosa sua. Tante le battute che ho sentito, nelle quattro settimane intercorse, a riguardo (alla posta, soprattutto, che è ormai meglio del mercato per prendere la temperatura): «La Natura non può allargarsi, la NATO sì» – dice un signore anziano, e di rincalzo, subito, una signora a lui vicina (ho pensato si trattasse della moglie), gli risponde: «sei un vecchio boscaiolo bolscevico!». I giovani presenti ridono ma non capiscono nulla, temo. La signora continua: «È sempre la vecchia storia dell’orso russo, non capisci?». Il signore fa un debole cenno con la mano orizzontale, facendola ondulare, e sussurra: «Mutatis mutandis». E scopro che alla posta, mentre si fa la fila, si fa anche politica, si è ancora cittadini, specie in quella fascia d’età che va tra i cinquantenni e gli ottuagenari. Sarà che è uno spazio ancora percepito come pubblico, fors’anche popolare, uno spazio che incute meno timore del silenzio delle banche (complementare al rumore delle borse): banche come chiese, è già stato detto, borse come casini… pure!

Già, l’economia, in questa faccenda, quale peso ha e avrà? Non riesco a stare zitto e, guardando la signora negli occhi, Le dico: «Posso aggiungere qualcosa?». E Lei, tutta gentile e soprattutto contenta che non l’abbia chiesto al signore che io suppongo essere il marito, mi invita: «Ma prego, dica la Sua, Lei che è giovane». Quasi mi offendo, perché ho 56 anni, ma poi mi dico che a tutte le età è bello essere giovane (o almeno percepito come tale, cioè relativamente al punto di vista che ti fa esistere come giovane in quell’occasione). E poi, in casi difficili come questo, è sempre utile che una donna o un uomo più anziani ti invitino a riavvolgere il nastro, anche solo per far riaffiorare un’immagine, un briciolo di ricordo, per far proseguire la discussione, e così comincio: «Ho visto un servizio alla televisione nazionale, dove un signore del paese, di Caldes, che affitta camere, lamentava il fatto che con quell’orsa in giro i turisti sarebbero andati da altre parti, a far le vacanze, e che bisognava regolare la situazione in fretta, prima della bella stagione, dell’estate. Non so se è capitato pure a Voi – e mi guardo intorno, cencando anche l’attenzione dei più giovani – ma ho pensato a Lo squalo di Spielberg». Un ragazzo, in un gruppo di veri giovani, s’illumina: «È vero, è il discorso che fanno tutti gli albergatori e i commercianti dell’isola!». La signora, autorevole: «La ringrazio, anche per aver svegliato questi ragazzini, ma non è la stessa cosa: Lo squalo è un film. L’orsa del Trentino è la realtà!». Il marito (penso proprio sia il marito) fa ancora un debole cenno con la mano orizzontale, facendola ondulare, e sussurra, di nuovo: «Mutatis mutandis». E la moglie, immediata: «Adesso ci spieghi a tutti che cosa significa questo tuo battere sempre su questo mutatis mutandis». E Il marito, secco: «Il nostro giovane amico ha ragione e pure il ragazzo: il meccanismo è lo stesso. Tradotto: l’economia se ne frega di Andrea Papi e dell’orsa. Mentre noi, almeno, cerchiamo di parlarne, che è anche un modo per tenere in vita entrambi, l’uomo e l’animale. I nostri discorsi sono preghiere laiche». Penso, ma non oso fiatare: «Granderrimo! Il vecchio boscaiolo bolscevico!». La moglie: «E adesso, cosa fai? Mi tiri fuori un manifesto dei tuoi e lo fai firmare ai tuoi nuovi giovanissimi amici?». Penso: «Sono giovanissimo anch’io!». Lui: «Ce ne sono già abbastanza. E tuttavia inviterei i miei nuovi giovanissimi amici a leggere un libro di Simone Pollo… e ti prego di non uscirtene con battute spiacevoli sul cognome dell’autore, che insegna Filosofia morale alla Sapienza! Ha scritto un Manifesto per un animalismo democratico, uscito un paio d’anni fa, da Carocci, e mi era piaciuto, specie un capitolo sulle convivenze urbane e non urbane, anche se adesso ricordo poco…». E la moglie: «Eccolo, avete sentito? Ancora con la storia che ricorda poco! Ma se ti ricordi anche il discorso che hai fatto ai cinghiali stamattina! E ti chiami pure Antonio! Il fatto è che il Santo aveva al seguito un solo maialino, mentre tu ci hai portato a casa una famiglia di cinghiali!». Ora la posta è tutta presa dal battibecco dei due brillantissimi anziani, si sorride, non ci si offende, si cede il posto volentieri a chi ha fretta, c’è chi prega per Andrea Papi, chi prega per l’orsa. Chi per entrambi. Ma si annusa un gran rispetto. Cellulari d’improvviso silenziati, smartphone spariti, un brusìo di quelli di una volta, un vociare soffuso, rotto e amplificato solo dalla signora, dalla moglie: «Ho capito. Hai voglia di invitarli a casa, i tuoi giovanissimi amici, e magari hai pure voglia di presentar loro i tuoi cinghiali!». Lui, con un amore ancora timido, un po’ rosso in viso, chiede solo: «Posso?».

Appendice. Ieri, 2 maggio, mentre ero al lavoro, il Tar di Trento ha respinto l’abbattimento dell’orsa, sospendendo il decreto con cui lo chiedeva il presidente della Provincia. Già prima, il padre di Andrea Papi aveva saputo dire, con duplice coraggio, che uccidere l’animale non era certo la soluzione. La dignità, che voleva restituita a Suo figlio, non era quella di un trofeo (e qui ciascuno dei miei venticinque lettori potrebbe aggiungere l’aggettivo che magari pensa e crede… equo).


NOTE

1) Non si tratta di ‘mettere le mani avanti’ ma di ‘stare al mondo con questa ambizione’.

2) Idem.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.