Thomas Piketty, “Il capitale nel XXI secolo”

Thomas Piketty, Il capitale nel XXI secoloThomas Piketty, Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, pp. 946, euro 22,00.

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di Andrea B. Nardi

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Thomas Piketty è l’accademico francese cui vanno almeno due mirabili meriti: il primo, ovviamente, scientifico, per il colossale studio sul ruolo del capitale finanziario dall’Ottocento ai giorni nostri; il secondo, invece, editoriale. Egli infatti ha inconsapevolmente scardinato, direi: terremotato, le abitudini commerciali dei nostri pessimi editori. Per la prima volta da decenni, viene proposto al grande pubblico – benché dubito fortemente che tutti i suoi commentatori giornalistici lo abbiano letto per intero (esperienza, vi assicuro, non lieve) – un testo dal più profondo rigore storico, sociale, economico, in luogo di tutti gli pseudo saggi di sedicenti esperti, che ingombrano gli scaffali dei librai con argomenti, teorie e conclusioni totalmente campate in aria, senza alcuna referenza verificata, senza nessuna prova a latere, privi d’ogni elementare sostegno documentale.

Mezzobusti televisivi, attrici, cuochi, comici, astrologi, ambientalisti, ammaestratori canini, e tanti altri, si dannano per insegnarci a vivere secondo le loro opinioni insulse, e gli editori, ben contenti di vendere qualsiasi spazzatura facile da far ingurgitare, soffocano il mercato della saggistica con libri che di saggio non possiedono nemmeno il titolo. È quanto Baricco attribuisce alla barbarie contemporanea, la superficialità surfante su temi cosmopoliti, pregna solo di false certezze presuntuose: non informazione né cultura, la chiamo piuttosto informatura, nozionismo spazzatura.
Ben diverso, al contrario, quanto compiuto da Bompiani con la pubblicazione di questo studio. Il lavoro è indirizzato a ricercatori universitari, economisti e professori di alto profilo, magari politici, ma è una lettura sorprendente anche per il profano digiuno di matematica, essendo strutturato in modo da poter (volendo) sorvolare su equazioni e statistiche, per concentrarsi, invece, sui temi e sulle argomentazioni copiosamente offerte, non prive, a volte, di un misurato umorismo. Viene meticolosamente analizzata la società moderna in relazione alla ricchezza finanziaria: creazione, mutamenti, spostamenti, perdita, conversioni. L’insieme fornisce di conseguenza un ritratto preciso dell’intero apparato sociale e politico che abbiamo ereditato e in cui ci muoviamo, documentando in modo maniacale (come dovrebbe essere ogni testo scientifico) tutti gli esiti raggiunti e teorizzati.
Le sorprese non mancano, molti luoghi comuni sono sfatati, certe repetita svelano la propria assenza di fondamento, nuove ipotesi si fanno strada, e si può afferrare un diverso livello di conoscenza della realtà. È un testo imprescindibile per chi voglia fare politica, giornalismo serio, impegno civile, o comunque imparare i veri meccanismi contemporanei della ricchezza, quindi del potere, quindi del futuro delle democrazie.
Rimane un solo, gigantesco, rimpianto. Vedere che anche un grande tecnico riesce a perdere di vista l’uomo, accecato dai propri calcoli contabili.
Piketty è certo persona di indiscussa onestà e moralità, oltre che eccelso scienziato, e proprio questo intristisce quando si leggono le sue tesi economiche finali, tesi da cui l’uomo, l’individuo concreto, è totalmente avulso. Anche in Piketty, alla fine, qualsiasi cosa è giustificata per far quadrare i conti allo Stato, affinché la contabilità pubblica regni sovrana in luogo dell’umanità, della comunità, della popolazione. Egli propugna le medesime soluzioni ragionieristiche che in Europa stanno massacrando gli individui per proteggere gli edifici statali, non capendo che una nuova filosofia deve sostituirsi, in cui lo Stato non esista, esistano solo gli individui. Lo Stato non esiste per sé ma solo in funzione degli individui, a loro beneficio. Invece oggi l’aristocrazia finanziaria al potere negli Stati tramite i propri mastini politici massacra lavoratori, disoccupati e pensionati per difendere gli interessi di Stati e centri di potere anti-democratici. E, purtroppo, la politica usa in malafede gli stessi argomenti di studiosi che non capiscono la differenza tra un pareggio di bilancio e la vita di una persona, quando avremmo bisogno al governo di filosofi, non di ragionieri. Duole che Piketty pare essere tra questi ultimi.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.