SCAMBIO DI RUOLI

di Giuseppe Gentile

_____________________________

Passeggiavo per le vie di Roma, quando all’improvviso notai l’avvicinarsi di un forte vociare, anzi si trattava di urla inneggianti un dio. Prima passò un gruppo di uomini e poi un altro, si trattava di gruppi nemici, inneggianti entrambi un dio diverso. Girato l’angolo vidi che queste due fazioni oltre a scambiarsi ingiurie del tipo “Traditori, Dio vi punirà”, a cui gli altri rispondevano “Siete voi i traditori, voi avete ucciso lo avete ucciso”, si lanciavano pietre a più non posso l’uno contro l’altro.

Ricordo che l’odio religioso era forse più forte di quello razziale, era pericoloso camminare per strada: gli ebrei venivano lapidati dai cristiani, i cristiani lapidati dagli ebrei, i pagani dai cristiani e dagli ebrei, le donne non potevano parlare altrimenti lapidate anche loro, solo le alte cariche erano esenti da maltrattamenti fisici; ma se qualcosa andava storto dovevano comunque sobbarcarsi il peso di lamentele provenienti da tutte e tre le fazioni religiose. Un mondo “plurireligioso” sì, ma enormemente instabile. In qualsiasi momento poteva scoppiare una rivolta che puntualmente sfociava nel sangue e nella morte.

Per tutta la vita ho vissuto con il terrore di morire per mano di un religioso. Può sembrare strano, ma io non riuscivo ad appartenere a nessuna delle divinità adorate dai romani, lo stesso valeva per Gesù e per Dio, ma il mio terrore stava proprio nel fatto di dover giustificare a chiunque le mie idee senza correre il rischio di essere malmenato o peggio ancora ucciso. Ero diventato un uomo solo, senza amici e ben presto fui costretto a gettarmi in diverse attività solo per avere la mente occupata e non pensare alla solitudine.

Il mio carattere molto aperto nei confronti della religione lo devo al fatto che la mia famiglia era alquanto atipica: mio padre di nobile astrazione pagana, quindi gentile si era infatuato di una sua serva ebrea. Mia madre ancora oggi mi racconta che i primi tempi furono durissimi, ma con la forza dell’amore dimostrarono a tutti che anche due persone di fede diversa possono vivere come tutti. Dopo il matrimonio celebrato in rigoroso segreto per evitare contestazioni, mio padre decise che fosse arrivato il momento di ampliare la famiglia con grande gioia di mia madre. Nacquero due gemelli: mio fratello, già da alcuni anni fervente cristiano ed io già da alcuni anni un po’ pagano, un’ po’ ebreo ed un po’ cristiano. Rispettavo sia il sabato che la domenica come giorni del signore ed allo stesso tempo non lavoravo il giorno della festa del Sol invictus.

La religione per me era il modo di stare vicino alla mia famiglia. Ognuno dei miei aveva bisogno di diverse esigenze ed io ero contento di pregare insieme a tutti: diverse preghiere, stesso spirito religioso, nei confronti di un dio dai mille volti a cui chiedevo, nella mia ingenuità di bambino, di proteggere me e la mia famiglia.

Oggi quei giorni mi mancano: i miei sono andati via da parecchi anni, mio fratello ogni tanto mi scrive da chissà dove, ma non so perché ogni qualvolta leggo una sua lettera dimentico tutte le difficoltà che la vita ci offre come punizione (ha detto qualcuno) ad un peccato che io non mi sento di aver commesso. Ecco l’ultima lettera che mi ha mandato, giudicate voi:

Caro fratello,

Dove sono ora c’è sempre il sole; anche la luna, di notte, illumina tutti senza bisogno di candele. Il mio gregge cresce e prospera senza recinti. Ho una brava moglie ed i tuoi nipoti crescono sani e forti. Non smettere mai di credere in tutto quello che credi. Il mio dio è uguale al tuo e a quello di tutte le persone del mondo.

Prega per me.

YHWH

Introduzione.

Questa ‘storiella’, per alcuni potrebbe essere di incomprensibile utilità, ma in realtà è utile a far capire al lettore quale sia l’idea che si vuole mettere in evidenza in questo studio. Non si capisce come, da migliaia e migliaia di anni, ci possano essere delle guerre in nome di un dio, che prima di tutto non si è mai visto e che, nell’idea comune, dovrebbe essere portatore di pace e bontà. Con lo scorrere degli anni è passata la versione secondo la quale ‘Dio perdona tutti, a patto che ci si senta sinceramente pentiti dell’errore commesso’. In sostanza Dio è buono.

Ma se Dio è buono, perché ci uccidiamo in suo nome? Una persona buona potrebbe volere la morte di un suo diverso? Tali domande sono e vecchie quanto il mondo. Possiamo credere in qualsiasi religione ed in qualsiasi cosa, ma dobbiamo sempre tener presente che la vita è un’altra cosa. L’uomo è sempre pronto a sopravvivere, anche se questo crea un danno nei confronti di qualche altro individuo e nel preciso istante in cui si fanno delle scelte, automaticamente si decide anche del destino di altri.

A cosa serve seguire la Bibbia o la Thora o il Corano se poi, in virtù di alcuni dettami, un altro non può più essere libero di vivere come preferisce?

Oggi più che mai le questioni religiose mettono a dura prova chi tenta di studiare i loro segreti e affiancare questi segreti alla vita pacifica fra i popoli. Purtroppo gli esempi di massacri e discriminazioni hanno sempre avuto modo di esistere, e in questo saggio ci occuperemo di raccontare quali testimonianze abbiamo riguardo i disordini religiosi, che si ebbero dopo la nascita di Gesù, con un occhio particolare alla storia letteraria tardoantica della latinità.

Partiremo subito con la definizione che un comunissimo dizionario dà delle parole ‘religione’ e ‘religiosità’.

Religione1: 1) Complesso delle narrazioni mitiche, delle norme etiche e salvifiche e dei comportamenti culturali che esprimono nel corso della storia, la relazione delle varie società umane con il mondo divino. 2) Atteggiamenti e comportamenti che corrispondono al sentimento di dipendenza della creatura del mondo divino. 3) Nel vecchio diritto canonico, denominazione degli istituti di vita consacrata. 4) Rispetto devoto e fervido per entità astratte profondamente sentite o per sentimenti nobili. 5) Solennità, santità che incute rispetto e reverenza.

Religiosità2: 1) Caratteristica di che (odi ciò che) è religioso. Senso religioso inteso soggettivamente ed al di là di ogni riferimento a religioni storiche ed istituzionali. 2) Scrupolosa esattezza, cura in qualcuno.

Come è possibile notare, il dizionario non dà la definizione di un credo nello specifico, ma solo di cosa l’idea di credere in una determinata dottrina significhi, infatti si parla di “narrazioni mitiche” e quindi non necessariamente confermate dall’archeologia, ma semplicemente esistenti perché qualcuno ne ha scritto o parlato; poi il concetto di religiosità, che può anche esistere senza quello di religione, e cioè che un uomo può anche non avere un dio per cui pregare ma votarsi semplicemente ad un fine più grande “al di là di ogni riferimento a religioni storiche ed istituzionali”.

Ecco come le violenze e gli atti vandalici, nei confronti di chi non crede nelle nostre stesse cose, può essere evitato: aprendo il dizionario. Si tratta di una provocazione ovviamente. La storia dice che si è sempre combattuto nel nome di un dio in qualsiasi parte del mondo, ma ,trattandosi in questa sede di letterati “neolatini” si è preferito affrontare la parte della storia letteraria, non delle guerre, occupandoci, nello specifico, del periodo cosiddetto tardoantico della latinità, momento in cui fiorì la letteratura cristiana (e non solo), in perenne conflitto con quella pagana ed ebraica.

Letteratura tardoantica.

Il periodo tardoantico è considerato il ponte fra l’antichità ed il medioevo: esso comprende il periodo che va dal III all’ VIII secolo d.C., a lungo ritenuto un momento di crisi, ora rivalutato per innovazione ed originalità, (ricordiamo che storicamente le fasi più importanti sono: dal II-III al V siamo in piena età tardo antica; dal V all’ VIII in età romano-barbarica, a causa dell’influenza dei barbari arrivati in occidente attraverso lunghe invasioni). In questi secoli prenderà anche vita la letteratura latina tardoantica, ed il suo punto di svolta sarà proprio il V d.C con il distacco dalla letteratura tradizionale, alla letteratura più “nazionalistica”3, la quale risente indubbiamente del frazionamento politico, geografico, storico-geografico.

È necessario adesso scendere un po’ più nel particolare, superando la componente temporale.

Con la letteratura tardoantica viene tralasciato, ma non del tutto, quello che è il metodo storico-cronologico, dando maggior spazio al conflitto che si pensava ci fosse tra letteratura cristiana e letteratura classica, conflitto che però J.Fontaine si guardò bene dal perseguire, tentando di riunire classicità e cristianesimo in un unico sfondo di rinnovamento culturale. Lo studioso francese ritiene, fra le altre cose, che gli studi artistico-letterari abbiano subìto l’azione di un paio di pregiudizi che, probabilmente, rimangono forti ancora adesso: da una parte il classicismo, dall’altra quello illuminista, anticlericale ed anticristiano. Entrambi questi periodi, in realtà, sono semplicemente delle convenzioni, infatti ridurre l’antichità classica a Pericle (Grecia) e ai due secoli del principato di Augusto (Roma) è estremamente riduttivo4, come lo è anche dare confini al barocco latino, la cui vita, in realtà, attraversa tutta la produzione letteraria romana a partire da Augusto, approdando poi alla tarda antichità, età che però a causa di numerosi pregiudizi anticlericali e anticristiani fu bollata come epoca di decadenza e “massima desolazione5”(Shanz – Hosius); a tale decadenza si aggiunsero le invasioni barbariche, che gettarono benzina sul fuoco, facendo additare i cristiani come i principali colpevoli di tali invasioni, alle quali si aggiunsero le accuse di aver scatenato le epidemie di peste, avendo smesso di credere negli dei pagani: Questo punto di vista, però, verrà presto rovesciato.

Fortunatamente alla luce degli studi più contemporanei, il periodo tardoantico risulta essere un momento di grande originalità creativa a livello socio-politico, filosofico ed artistico-letterario.

Adesso, per capire meglio la natura letteraria che si sviluppò in questi cinque secoli, è bene tentare di diversificare i due generi, consegnando ad ognuno il proprio spazio nella storia letteraria latina, come due amici che, percorrendo la stessa strada fino ad un bivio, decidono in un secondo momento di dividersi, percorrendo una strada parallela, guardandosi negli occhi senza mai toccarsi.

Il primo punto di discontinuità che si nota fra la letteratura tardoantica e quella del passato, riguarda sicuramente il voler dare una diversa finalità all’arte, partendo polemicamente con l’indagare il necessario rapporto della parola con la verità, come del resto fanno gli apologisti Ilario di Poitiers, Paolino di Nola, Agostino, Papa Leone Magno, che tentano di dare alla parola il ruolo di testimone della verità e non di mero utensile della comunicazione.

Tramonto pagano, diffusione cristiana.

Nell’ambiente imperiale di inizio decadenza del III d.C. si avrà un affievolimento del potere pagano a favore di una nascita sempre più vigorosa del cristianesimo. Essa è ‹‹ la religione fondata da Gesù Cristo, nel quale i credenti riconoscono, allo stesso tempo, l’iniziatore/profeta meramente umano e il Verbo di Dio incarnato, quindi il rivelatore e il rivelato; storicamente nato in seno al giudaismo, il cristianesimo si presenta come una religione fondata, rivelata, dogmatica, proselitistica, universalistica ed escatologica, la quale estende a tutti gli uomini un rapporto di filiazione divina e di fratellanza reciproca e sostiene la speranza suprema della beatitudine oltremondana concessa dalla misericordiosa bontà e dalla giustizia di Dio6››.

Partendo dalla definizione che ne dà il vocabolario Treccani, il cristianesimo è una rappresentazione fra le altre cose della “bontà e della giustizia divina”. Proprio queste due caratteristiche sono al centro delle disquisizioni letterarie degli intellettuali protagonisti di questo periodo a cui si aggiungono anche le considerazioni e gli studi riguardanti la mera dottrina cristiana che non dobbiamo e non possiamo ancora confondere con la dottrina cattolica, da considerare tale (e nemmeno del tutto) solo dopo il concilio di Nicea7 indetto dall’imperatore Costantino nel 325 d.C.

Sicuramente prima del III d.C abbiamo attestazioni che riguardano la presenza di comunità cristiane già a partire dal I d.C. proprio in ambiente greco-romano.

Tutto si basa sulla nascita, vita, morte e resurrezione di Gesù Cristo (ecco perché cristianesimo), figura oltretutto attestata da fonti sia giudaiche sia pagane, come Tacito che scrive: ‹‹Gesù detto il “Cristo” il quale subì il supplizio della croce sotto Tiberio dal procuratore Ponzio Pilato››8.

L’inizio del cristianesimo e l’azione della sua prima comunità segnò fin da subito un grosso distacco con la più longeva ideologia giudaica, rivendicando subito la propria indipendenza, non è un caso infatti che le prime ostilità si ebbero proprio con l’ambiente giudaico. A causa di questi piccoli conflitti, i primi cristiani furono espulsi da Gerusalemme andandosi a stanziare nelle zone circostanti convogliando il loro impegno prima fra i giudei, poi fra i pagani.

Fu soprattutto Paolo, giudeo di Tarso, convertito al cristianesimo, ad occuparsi della conversione dei gentili9 (i pagani), con l’aiuto degli altri due padri della cristianità Pietro e Giacomo: da questi fu proclamata con forza l’universalità del messaggio di Gesù Cristo. L’azione missionaria di questi tre iniziatori del cristianesimo fu molto utile alla diffusione del credo in brevissimo tempo, anche grazie alla scelta dei punti da cui partire per la predicazione: i porti, i maggiori centri di irradiazione, poiché luoghi di maggior via vai. La lingua di evangelizzazione prescelta fu il greco, conosciuta dalle classi colte, ma anche dai mercanti, ergo ‹‹la lingua dei traffici, della letteratura e della filosofia››10, da quel momento anche della cristianità.

In tutto questo la chiesa di Roma aveva un ruolo primario nell’amministrazione e nella difesa del cristianesimo, infatti anche Vescovi provenienti dall’Africa romana arrivavano o scrivevano al Vescovo di Roma per chiedere chiarimenti riguardo questioni interne, come la data della Pasqua.

Tuttavia abbiamo notizie riguardanti un considerevole sviluppo anche nell’Africa romana, in cui pare ci sia stato un sinodo nel 220 dove parteciparono addirittura 70 vescovi11.

Situazione religiosa.

Tra II e III d.C. il cristianesimo iniziò ad espandersi molto velocemente in tutto l’impero. I motivi per cui questo accadde in realtà non sono molto chiari, né è chiara la provenienza sociale dell’espansione. C’è chi dice che si partì dalle classi più deboli per poi approdare a quelle di ceto medio-alto anche grazie agli argomenti che utilizzò Pietro12 durante la sua evangelizzazione, che in questo caso, come vedremo, escludono la questione del riscatto sociale:

‹‹Stare soggetti ai padroni con profondo rispetto, sia a quelli buoni e miti che a quelli difficili››.

‹‹[…] gli schiavi trattino con ogni rispetto il loro padrone, perché non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina››.

O Paolo13:

‹‹Non disprezzare gli schiavi e le schiave. Essi però non si ribellino e prestino anzi con maggior dedizione il loro servizio a gloria di Dio, per ottenere da lui una libertà migliore››.

Dall’altra parte, però, bisogna tener conto di quella che era la situazione ai tempi di Augusto, tra i componenti delle classi più colte, infatti, si sviluppò un numero non trascurabile di scettici ed agnostici, insieme alle persone che si confecero ai dettami della filosofia, in particolare lo stoicismo. Questo perché le persone preferivano ancora credere nei miti della religione tradizionale ancora rappresentati allegoricamente come simboli, i quali in questa maniera permettevano una più facile comprensione del divino; diffuse erano le forme di sincretismo culturale e panteismo; molti invece arrivavano da soli a ragionare sul monoteismo, concependo anche una sua esistenza, ma allo stesso tempo praticavano formalmente il politeismo, soprattutto per paura di ritorsioni visto che in quel periodo il cristianesimo non era visto di buon occhio, basta volgere lo sguardo alle persecuzioni subite dai cristiani; fra l’esercito si contavano molti seguaci dei culti orientali di Mitra ed Iside, sottoponendosi a dura disciplina come a voler diventare una specie di soldati della divinità.

In questo marasma di credo religiosi, probabilmente, quello cristiano era quello che offriva dal punto di vista teoretico una risposta più conveniente in tema di salvezza e di rapporto uomo-Dio.

Paolo ebbe un’intuizione geniale per far sì che la sua, come anche quella di Pietro diventasse una predicazione universale, come del resto lo diventerà il cristianesimo, cioè predicare fra le altre cose anche l’accettazione14 dell’impero romano, recitando di fronte al sinedrio che gli chiedeva se si dovessero pagare le tasse all’imperatore: ‹‹Date a Cesare quel che è di Cesare››.

Difensori.

In partenza si asserisce che sarebbe stato interessante approfondire i contrasti letterari che l’appartenenza ad un diverso credo possono creare. In questo caso, dopo il lungo preambolo su quello che era la situazione nel II-III d.C. dal punto di vista religioso, è necessario approfondire la natura di questi contrasti. L’analisi sarà affrontata solo in base al rapporto paganesimo/cristianesimo, tuttavia è necessario specificare che i conflitti di cui sopra, sono iniziati proprio in seno al giudaismo, ricordiamo infatti che il cristianesimo deriva da quest’ultimo, solo che con esso non condivide la figura di Gesù Cristo, quindi non condivide il nuovo testamento. In sostanza gli ebrei attendono la venuta del salvatore, che per i cristiani è già arrivato, di conseguenza attendono una seconda venuta ‹‹Per giudicare i vivi ed i morti››.

Il titolo di questo paragrafo è stato scelto volutamente dal sottoscritto perché indica la categoria di scrittori cristiani (sia greci che latini) del II d.C, indicati solitamente col nome di “apologisti”, difensori per l’appunto. Essi cercarono di difendere l’autenticità della loro fede, quella cristiana, dalle accuse dei detrattori, presenti anche fra i cristiani stessi sotto forma di correnti alternative alla dottrina di Pietro e Paolo e che venivano giudicati eretici al pari di religiosi ebrei o pagani; i crimini più vari erano attribuiti ai cristiani direttamente dalla verga di intellettuali di punta in quel periodo fra cui Frontone, Luciano di Samosata e Celso: le accuse più frequenti erano quelle di presunti crimini durante i riti sacri cristiani, oltre ad accuse di stoltezza ed empietà.

Fra gli apologisti abbiamo tre figure di riferimento: il primo è sicuramente Giustino con le sue due opere maggiori Dialogo con Trifone l’ebreo, più le Apologie; a Giustino si aggiungono altri due autori di lingua latina: Minucio Felice col suo Octavius e Tertulliano con l’Apologeticum.

Per l’Octavius Minucio felice utilizza il dialogo su modello ciceroniano15 in cui l’autore è giudice di una disputa che contrappone le due maggiori parti in contrasto in quel periodo, quindi avremo un cristiano Ottavio Ianuario, contro un pagano Cecilio Natale. Entrambi i contendenti si esprimono secondo il sermo iudicalis e proprio questo permette di far capire quanto l’autore sia interessato a muovere le menti dell’ambiente colto pagano, particolarmente legato alla tradizione romana. Cecilio Natale è convinto che bisogna seguire la religione dei padri perché ha una lunga tradizione che affonda le proprie radici nella gloriosa storia dell’impero romano e poi perché il mistero della natura è inaccessibile all’uomo; Ottavio controbatte a ciò cercando di dimostrare l’esistenza di dio e la provvidenza che regolano la vita umana, inoltre la tradizione pagana è corruttrice di giovani, al contrario la dottrina cristiana è più etica, capace di rendere l’uomo irreprensibile anche di fronte al martirio. I due contendenti rimarranno fermi sulle loro idee, ma M. Felice consegnerà la palma di vincitore all’amico cristiano.

Un’altra appassionata difesa del cristianesimo destinata ai governatori delle provincie, la scrive Tertulliano più o meno nel 197, mi riferisco all’Apologeticum: qui l’autore cerca di confutare tutte le accuse che i pagani scagliavano nei confronti dei cristiani, rivolgendo queste stesse accuse contro i pagani, dopo di che procede nell’enfatizzare le virtù eroiche dei cristiani che si dimostrano impassibili anche di fronte al martirio, pur subendo in sede di processo un trattamento differente rispetto ad altri ben più criminali di loro, infatti:

‹‹si certum est denique nos nocentissimos esse, cur a vobis ipsis aliter tractamur quam pares nostri, id est ceteri nocentes?16››

si passa poi alla disamina del piano dottrinale cristiano contrapposto a quello pagano con maggiore attenzione al Logos17 ed alla resurrezione della carne.

Dopo i Severi un periodo severo.

Con la fine della dinastia dei Severi18, quindi con l’assassinio dell’ultimo appartenente alla stirpe, Alessandro Severo (235), per l’ambiente cristiano ricominciò un duro e severo periodo di editti repressivi e persecuzioni: quella di Decio (250-251), a seguire quella di Valeriano (257-260). Data la situazione, le complicazioni iniziarono a crescere e comprensibilmente anche il lavoro dei vescovi.

Da segnalare è l’azione di Trascio Cecilio Cipriano, vescovo di Cartagine che indirizzò i suoi sforzi in tutti gli ambiti che potevano aiutare i cristiani a rialzarsi dalla grave crisi che stavano subendo, quindi si occupò di rendere noti i benefici della conversione e del battesimo cristiano, che rende possibile una vita tranquilla e felice illuminata dallo Spirito Santo (ad Donatum), oppure di difenderli dalle accuse che li volevano causa della pestilenza, la carestia, la siccità e le guerre scoppiate dopo la persecuzione. Nell’Ad Demetranum 3, Cipriano sostiene semplicemente che tutte le disgrazie subite erano solo il segno della decadenza di un impero che come ogni organismo vivente soggetto a nascere declinare e morire, rifacendosi anche alla frase celeberrima di Sallustio che scrive ‹‹Omnia orta occidunt et aucta senescunt19››. Contemporaneamente all’opera di educazione20 al cristianesimo, Cipriano si occupò anche e soprattutto di questioni giuridiche come l’annosa questione dei lapsi21, stabilendo che le situazioni si sarebbero dovute affrontare caso per caso e che comunque l’abiurare contemplava comunque una penitenza, decisioni queste che furono avvallate in un sinodo di vescovi africani convocato nel 251.

Universalità.

Passano gli anni, Diocleziano (305) e la sua idea di tetrarchia per avere un governo imperiale più efficiente, vengono messi da parte proprio dai due cesari designati da Diocleziano e Massimiano (i due Augusti), Galerio e Costanzo Cloro, i quali anziché nominare altri due augusti, si fanno guerra per arrivare da soli al soglio imperiale, ma in questa guerra entra in gioco Costantino (figlio di Costanzo Cloro), destinato a diventare il risolutore della questione della religione imperiale.

Mi scuso in anticipo con tutti gli storici e gli studiosi per la mia disamina “tetrarchica” molto, forse troppo sintetica, ma dopo le recrudescenze di Diocleziano e Valeriano, risultate inutili perché il cristianesimo comunque non fu debellato, vi fu un periodo di relativa calma per i cristiani, dove comunque non mancarono le voci contrarie come quella di Plotino, severo conservatore della tradizione filosofica ellenica, quindi detrattore del cristianesimo attraverso i suoi quindici libri “Contro i Cristiani”.

Come già scritto qualche rigo più su, Costantino riuscì a scavalcare la tetrarchia riuscendo a prendere il potere nel 311 con intento assolutistico attraverso un potere imperiale a base collegiale, come designato da Diocleziano22; con l’eliminazione graduale dei suoi nemici politici nel 324 sarà consacrato imperatore unico. Fra il 311ed il 324 c’è da annoverare il famoso editto di Milano (313) in cui venne ufficialmente proclamata la liceità del culto cristiano. La sua conversione al Cristianesimo avvenne presumibilmente (ma questo è del tutto avvolto nella leggenda) il giorno prima della famosa battaglia di Ponte Milvio (312) quando in sogno gli apparve una croce immersa nella luce con la scritta “in hoc signo vinces”. Da quel momento in poi l’insegna imperiale dell’esercito fu il monogramma di cristo: il labaro23 (labarum); in più l’atteggiamento politico di Costantino fu filocristiano. Tuttavia, però, nonostante la conversione al cristianesimo, Costantino fu uno dei pochi imperatori a cercare sempre un ponte di comunicazione col paganesimo, al quale per altro era appartenuto per molto tempo, lo dimostrano gli incarichi di rilievo che comunque offriva a collaboratori e consiglieri di ambiente pagano.

Il culmine dei suoi interventi in materia religiosa fu raggiunto nel momento in cui dopo aver professato un cristianesimo unitario a favore dell’unità dell’impero, convocò nel 325 il concilio di Nicea, in cui chiese proprio ai vescovi notizie delucidazioni ed idee per evitare una volta per tutte le divisioni interne al cristianesimo, causa molto spesso di eresie e condanne capitali, ne venne fuori una sconfitta del culto ariano24 che nonostante tutto continuò ad affermarsi soprattutto in ambiente africano, e la proclamazione del culto cristiano niceno come culto ufficiale del cristianesimo, a sua volta proclamato religione universale, in pratica l’antenato del cattolicesimo25.

Adversus nationes.

Nonostante l’apertura netta al cristianesimo nel periodo Costantiniano, si continuarono ad avere le stesse dispute contro i pagani che si ebbero nel primo periodo di sviluppo del cristianesimo. Come si può vedere quindi i contrasti, non solo quelli bellici, ma anche quelli di altra natura sono destinati a percorrere tutto l’arco della storia, infatti ancora oggi l’uomo non esita a scontrarsi con un altro uomo per la religione (come detto anche all’inizio di questo saggio).

Ora, dopo aver fatto questa piccola disquisizione per non perdere contatto col mio intento, continuiamo nel nostro percorso di contrasto letterario che questa volta si sposta in ambiente africano dove non mancano i cristiani dato che l’Africa è proprio il luogo dove sono nate le prime comunità e dove Pietro e Paolo iniziarono la loro opera di evangelizzazione. Anche adesso mi concentrerò solo sulle opere degli autori che hanno scritto contro i pagani e veniamo subito a citarne un paio: Arnobio, poi a seguire Lattanzio, allievo del primo.

Del primo bisogna segnalare l’Adversus nationes (Contro i pagani), in cui in sette libri ritorna a difendere i cristiani dalla doppia accusa di essere sia causa delle calamità che attanagliavano l’impero in quel periodo, sia il fatto di adorare un singolo uomo (quindi umano non divino) che era stato condannato alla crocifissione, una pratica26 che per i romani spettava solo a criminali incalliti macchiatisi di gravi colpe come l’omicidio e il tradimento della patria. Nella fattispecie, la struttura è articolata secondo lo schema 2+5, dove i primi due libri riguardano la difesa vera e propria dei cristiani, gli altri cinque il ribaltamento delle accuse subite dai cristiani a scapito dei pagani, attaccando proprio le loro credenze:

<<[…]Statui pro captu ac mediocritate sermonis contraire invidiae et calumniosas dissolvere criminationes>>.27

Atro esempio di ambiente pagano, come già detto, è sicuramente Lattazio e i suoi intenti di difesa del cristianesimo e dei cristiani sono da registrare in almeno due opere, mi riferisco in primis al Divinae istitutiones, in cui Lattanzio tenta di mettere un sigillo definitivo sia sul fronte della difesa dei cristiani, sul piano dottrinale – infatti anche in questo caso i primi due libri sono dedicati alla difesa del monoteismo cristiano a sfavore del politeismo pagano, dal terzo libro in poi inizierà con la disamina dottrinale – poi il De mortibus persecutorum dove viene evidenziata l’ira di Dio nei confronti di chi ha perseguitato i cristiani, sottolineando il fatto che un principato sarà destinato al bene o alla decadenza proprio in relazione ai comportamenti tenuti nei confronti dei cristiani: un esempio su tutti è Costantino ed il suo regno, destinati ad una vita rigogliosa, avendo fatto cessare le azioni di persecuzione e riconosciuta come religione ufficiale dell’impero il cristianesimo.

In questo caso va espressa una nota riguardante l’utilità della parola che già nell’ Octavius di Minucio Felice doveva essere veicolo di verità; con Arnobio invece alla parola viene aggiunta un’altra qualità molto importante che scaturisce dall’opposizione verità/sapienza e falsità/insania, contrasti che in Lattanzio servono ad identificare Dio come la coesistenza di bontà ed ira. La qualità dell’ira come appartenente a Dio verrà screditata, o meglio spiegata e giustificata solo in un secondo momento.

Dai pagani agli ariani.

Se fino a Costantino i contrasti si avevano solo con i pagani e di giudei, dopo il concilio di Nicea (325) le forze dei cristiani furono convogliate anche contro l’arianesimo, dichiarato culto eretico proprio nel concilio di Nicea. Le dispute divennero molto interessanti anche perché, dato il pieno sviluppo del cristianesimo, gli studiosi iniziarono ad utilizzare sempre più a proprio favore la teologia e la filosofia. Un esempio lampante di questa visione altamente ortodossa, la offre il Vescovo di Poitiers Ilario28, uno dei teologi più eminenti della cristianità occidentale, predecessore di Agostino d’Ippona, e che fra le altre cose fu iniziatore dell’innografia cristiana.

Purtroppo per Ilario l’aperto contrasto con il culto ariano gli costò numerosi contrasti con Costanzo II, l’imperatore che in quel momento appoggiava il culto giudicato eretico circa tre decenni prima. Partecipò a numerosi sinodi fino a quando a quello di Béziers gli fu impedito di prendere la parola; quello per lui fu l’inizio della fine, infatti nel 356 fu condannato all’esilio in Frigia proprio per volere dell’imperatore Costanzo che già da tempo non sopportava le critiche che il vescovo di Poitiers gli muoveva, addirittura nel Liber contra Costantium Imperatorem, Costanzo veniva ritratto come l’anticristo. Il periodo di esilio però non fu per Ilario solo fonte di dispiacere, poiché proprio in base alla diversità di linguaggio rispetto alla realtà orientale, Ilario perfezionò, e non poco, la sua dialettica da cui nacquero i Commentari, il De Mysteriis ed il De Trinitate.

Post Costantino.

Finalmente i cristiani possono tirare un sospiro di sollievo a scapito di quanti li avevano perseguitati fino a quel periodo, infatti alla fine del IV secolo avvenne la cosiddetta “laicizzazione dello stato29” accettata dai “cristianissimi” imperatori30 che si estese sia nella parte occidentale che in quella orientale dell’impero; tale processo includeva il divieto di culti pagani sia pubblici che privati e la limitazione dei privilegi dei sacerdoti, si chiusero templi e si eliminarono le statue degli dei.

Da questo punto in poi, purtroppo alcuni frati e monaci, coadiuvati da governatori senza scrupoli iniziarono a distruggere statue e templi indipendentemente da loro valore artistico, additando il tutto come espressione del diavolo.

Che dire, anche i cristiani caddero negli stessi equivoci che anni prima avevano portato giudei e pagani a perseguire i seguaci di Gesù Cristo. Detto questo potrei continuare citando ancora altri intellettuali ben più conosciuti, come Agostino ed Ambrogio, ma sarebbe inutile scomodare cotanti nomi poiché dal preciso istante in cui il cristianesimo divenne religione di stato ed accettata da tutti i ruoli si invertirono e sappiamo benissimo cosa ha combinato la chiesa durante il medioevo e non mi riferisco solo al Malleus malleficarum ed alla persecuzione di eretici, ma anche all’indice dei libri proibiti, tutte cose frutto di menti malate e perverse che mai avranno a che fare con lo spirito religioso di un Dio buono.


NOTE

1 Nicola Zingarelli, Dizionario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna, 2002.

2 Ibid.

3 Palma Camastra, Letteratura latina tardoantica, Edipuglia, Bari, 2012.

4 Il classicismo idealizzato da Winkelmann è ormai teoria altamente superata.

5 Ibid.

6 http://www.treccani.it/vocabolario/cristianesimo/

7 M. Pani – E. Todisco, Storia romana, dalle origini alla tarda antichità, Carocci, Roma, 2013.

8 Tacito, Annales, 14-44.

9 Da http://www.treccani.it/vocabolario/: 1. s. m. Appellativo, per lo più usato al plur., con cui, nei primi secoli del cristianesimo, furono designate le genti non giudaiche (e quindi pagane) partecipi dei costumi e della cultura greca nel mondo romano: l’apostolo dei g. (più comunem. l’apostolo delle genti), san Paolo.
2. agg., letter. Relativo o appartenente ai gentili, e più genericam. pagano, infedele (in contrapp. sia a cristiano sia a israelita): i popoli g., gli scrittori g., le divinità g.; Pomponio Leto … mutava in gentili i nomi cristiani degli ascritti alla sua academia (Carducci).

10 Ibid. pag. 3.

11 Cipriano, Epistula 71,4.

12 Pietro, Prima Timoteo 6,1-2.

13 Paolo, A Policarpo 4.

14 Ibid. p. 4.

15 Diony Gonzales Rendon, La metafora dell’ombra sullo stile filosofico di Cicerone, 2012, p.1.

16 Se è certo che noi siamo delinquenti, perché siamo giudicati da voi in maniera diversa dai nostri pari che sono lo stesso delinquenti?

17 Grecismo. I trattati cristiani degli autori latini sono infarciti di lemmi greci (calchi o semplici traslitterazioni), poiché le prime comunità cristiane ed i suoi padri si servirono, almeno nella fase iniziale, del greco come lingua ufficiale della cristianità nascente.

18 Settimio Severo (193-211), Caracalla (211-217), Eliogabalo (218-222), Alessandro Severo (221-235).

19 Bellum Iugurtinum 2,3.

20 V. De unitate Ecclesie, De Dominica orazione.

21 I lapsi erano coloro che dopo aver abiurato la fede cristiana in un secondo momento avevano chiesto di rientrare nella comunità, a discapito, magari, di quei cristiani che avendo confessato la loro fede (i confessores) in Cristo, attendevano in carcere la loro esecuzione.

22 Ibid. p. 4.

23 Labaro. Stendardo di Costantino caratterizzato dalla sigla monogrammatica del nome di Cristo o Chrismon.

Aveva la forma di un vessillo con asta trasversa da cui pendeva un drappo purpureo quadrato; al vertice era il chrismon circondato dalla corona d’alloro. L’origine del l. deriverebbe secondo Eusebio (Vita Costantini I, 27-31) dall’apparizione a Costantino di una croce nel cielo di Gallia con le parole ἐν τούτῳ νίκα «vinci con questo»; secondo Lattanzio (De mortibus persecutorum, 44) dal sogno avuto da Costantino alla vigilia della battaglia risolutiva contro Massenzio (ponte Milvio, 312). Da http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/labaro/.

24 Ario: prete di Alessandria che iniziò la sua predicazione in Egitto. Egli sosteneva sostanzialmente che il Figlio è solo la prima e più grande creatura del padre, quindi non uguale al padre, ma a lui subordinato. Teoria che cozza con il culto niceno che riteneva Figlio e Spirito Santo <<[…]della stessa sostanza del padre>> (homoousion). Da qui la condanna di ereticità per Ario e il suo culto.

25 Dal gr. ò <<universale>>.

26 La decapitazione invece spettava ai condannati di nobile stirpe: re, principi ecc.

27 <<Ho deciso con tutti i limiti e la mediocrità del mio discorso, a causa di un odio contrario di screditare le false accuse>> (Adversus nationes 1,1-2).

28 Ilario è il precursore dell’innografia cristiana. Egli ritiene che il canto sia il mezzo più utile per avvicinare l’uomo a Dio, quindi alla verità. Solo gli Inni di Ambrogio sostituiranno quelli di Ilario nel culto.

29 E. Testa, legislazione contro il paganesimo e cristianizzazione dei templi.

30 V. Graziano, Teodosio ecc.


Giuseppe Gentile, originario di Conversano in Provincia di Bari, e dopo aver conseguito la laurea magistrale in filologia moderna presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro nel 2015, inizia con l’attività didattica, prima in scuole pubbliche paritarie e poi in scuole pubbliche statali, infatti da alcuni anni insegna letteratura nei licei ed al momento ha all’attivo due pubblicazioni per la rivista barese ‘Incroci’.
Tradutional journey. Serra, Woolf, Benjamin: viaggio attraverso la realtà intraducibile , Incroci, 33, Adda Editore, Bari. (ISBN 9788867172504 – ISSN 2281-1583), Nel cono di luce. La normalità di un genio , Incroci, 39, Adda Editore, Bari. (ISBN 9788867174454 – ISSN 2281 – 1583)

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.