Gli otto racconti de Questo è il giardino sono storie dell’accadimento minimo.
Nota dominante dei racconti di Mozzi è il massimo livellamento delle distanze tra il personaggio e il lettore, tra la realtà e i simboli.
Nei racconti di Questo è il giardino due livelli di significato diversi, quello reale e quello simbolico, si incontrano e dialogano sottotraccia, componendo un’immagine che testimonia la vita del personaggio nel mondo. Ogni racconto ha l’ambizione di voler provocare la riflessione del lettore sui comportamenti minimi dell’individuo di fronte all’altro, oppure davanti ad un gesto o a se stesso.
La tecnica è semplice e univoca per ogni racconto: un personaggio che è nel mondo, colto dallo scrittore in un tempo di vita (il racconto L’apprendista), in un gesto (Vetri), nell’atto di riflettere (Lettera accompagnatoria), in una rifrazione metaletteraria (Per la pubblicazione del mio primo libro); oppure racconti dove il simbolo è falsamente manifesto (Tana, L’unghia), ma incolore, senza alcuno sbocco ultimo, come la vita di ogni uomo.
Giulio Mozzi, in questo volume, è un artefice più abile che inventivo, uno scrittore rivelatore molto più che creatore. Lo scrittore osserva attentamente i dettagli, non ha bisogno di ricorrere all’invenzione. L’importante è invece determinare la situazione in cui il personaggio si trova nel momento in cui è preso dall’emozione.
[Giulio Mozzi, Questo è il giardino, Sironi editore, 2005, pp.160, € 13,50]
f.s