Per labirinti e sentieri dei Boschi dell’Essere. Stefano Lanuzza, “Bosco dell’essere”

Stefano Lanuzza, Bosco dell’essere, pref. di G. Tesio, nota di G. Poli, Fermenti Editrice, Milano 2021, pp. 70, €. 12.00

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di Ugo Piscopo

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Per labirinti e sentieri dei Boschi dell’Essere

Un’intrigante raccolta di poesie di Stefano Lanuzza

Stefano Lanuzza è sulla scena della cultura italiana dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso un autore dalle incantevoli risorse euristiche (in prosa, in poesia, in arte, in animazioni di dibattiti mai scontati e ogni volta propositivi di ulteriori svolgimenti). Di origini siciliane, vive a Firenze e guarda al mondo come una realtà in dinamico flusso di accadimenti e di vicende dettati da forze primigenie pronte a rimescolare il tutto e a ridisegnarlo daccapo come teatro di fenomenologie molteplici e in ininterrotta evenemenzialità, anche di marca nichilistica.

Per lui il tempo è un continente ignoto, sfuggente, dalle accensioni e dai sorrisi di perfetta canaglia, ma anche di irresistibile attrazione. Soprattutto, è un declinarsi perpetuo di spiegazioni molteplici della selvosità dell’essere, che chiede a tutti e a tutto di assorbire consenzienti il suo crudele mistero, che si fa ogni volta una risata delle obiezioni e delle riserve degli individui, che osano pretendere di disegnare loro l’andamento delle vicende in svolgimento, narrate spesso con immagini di copertura.

Per l’autore, invece, l’evento va coraggiosamente guardato in faccia da vicino come un dono e insieme una provocazione a farsi e a disfarsi per conto proprio, secondo opportunità di innervazioni nei giochi dei pieni e dei vuoti, negli scambi fra il qui e l’altrove, entro le reti del probabile dell’improbabile.

Il bosco fa bosco, entro palpiti e vibrazioni che fanno bosco a loro volta, secondo un’urgenza di pienezza e di totalità e sotto gli stimoli di una umorosa e, insieme, conturbante produttività. Di qua scaturiscono per il poeta severi ammonimenti riguardo a sogni idilliaci e a tentativi di raggiungere l’impossibile. Così, l’impossibile diventa severo ammonimento sui limiti dell’umano, che tuttavia può riscattarsi, se, in piena consapevolezza della sua fragilità e della sua relatività, si applica a scandagliare e a suggerire il dicibile dell’indicibile, a rivelare la contraddizione, aprendo gli scenari incantevoli dell’esserci, le voci segrete del silenzio, il calore del divenire. Si delineano, per tale via, accensioni di luci che appartengono a un ordine segreto della vita e sono elementi organici della faccia nascosta della stessa.

In pratica, l’umano si può riproporre e si propone attraverso il rischio consapevolmente accettato e vissuto in proprio. Occorre diventare vibrazioni vitali di attese e sussulti per apporti non scontati nelle pratiche del pensare e del dire per lontananze e per fughe dal detto e dal saputo, verso le frontiere dell’impossibile.

In fondo, tutta la vicenda del moderno e del postmoderno, dal secondo Ottocento in qua, in poesia da Baudelaire, Rimbaud, Lautréamont in poi, è accesa da falò, è tormentata da autentiche angosce e dalla necessità di rifiutare in partenza compromissioni o banali conforti. Il paesaggio del moderno e del post è tutto connotato da interrogazioni aperte.

Entro questo flusso abita da sempre anche Stefano Lanuzza, che ha fatto sue, nel letterario e nelle opere d’arte figurativa, molte assunzioni di impegni essenziali dello sperimentalismo e del surrealismo. Ed è significativo che, nella sua produzione letteraria, egli abbia dato una solida centralità agli interventi di critica e/o di traduzione a uno degli scrittori più tormentati e geniali della modernità. Ecco, in materia, i titoli di alcuni suoi libri: Maledetto Céline. Un manuale del caos (2010), Céline della libertà. Vita, lingua e stile di un ”maledetto” (2015), Louis-Ferdinad Céline. La parola irregolare (a cura di), Argotier. Louis-Ferdinand Céline, l’argot, il Novecento (2018); e altro ancora.

L’autore, adesso, dopo avere tenuto in Svizzera una bellissima mostra di pittura, pubblica la sua più recente e più complessa raccolta di poesie, Bosco dell’essere (pref. di G. Tesio, nota di G. Poli, Fermenti Editrice, Milano 2021, pp. 70, €. 12.00). Dove si intrecciano e s’intrigano, in un linguaggio estremamente e impeccabilmente vigilato e lavorato con padronanza ed eleganza, suoni e simboli, come in questa sequenza dedicata al falco che si addormenta nella selva:

nero sguardo del falco, febbre dolorosa

dei suoi tarsi pietrificati sulla rosa

corrotta d’una bocca di maschera: questo

permanere nella luce che muore. È funesto

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quello stringere piume, spasmi e sangue;

mortale la sua malinconia di angue

insaziabile. Immobile violenza, vita

nell’occhio di italo stilita,

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dolcezza pura come la crudeltà, inerme

potenza del dolore fiorito da un germe

spaccato, gonfio di buia forza” (p. 23).

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.