Liquido primordiale. Paola di Toro, “Stato liquido”

Paola di Toro, Stato liquido, Delta3Edizioni, 2022, pp.64, € 10,00


di Francisco Soriano

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Non vi sono oceani o terre o luoghi in cui, la poesia di Paola di Toro, non ci abbia condotti: il filo rosso consiste in un elemento liquido fattosi necessità primordiale. Nel componimento-esergo “Blu” l’intento si svela sin dalle prime parole, in un cammino iniziatico verso i meandri del nonostante/tutto: “Se per un attimo solo / riuscissi ad immergermi / nell’oceano della sera, / come tutte le cose terrestri, / ora bagnate d’oltremare, / e diluire le grida, il clamore, i battiti / trovare i fondali del silenzio / una quiete d’abisso. / E invece risalgo la corrente /vengo a galla, annaspo. / La mia inquietudine è schiuma/ sulle creste ripide delle nuvole //.

Per un attimo, tuttavia, le vicende sembrano estinguersi sulla battigia dove il corpo “concavo”, trascinato dalle correnti, si trasforma in guscio “scarno e assoluto”. Ma la vita detiene il suo fascino fatto di arcani e diaspore dove la terra promessa, che siano cieli o territori inusuali, sembra attenderci immota. Lo svolgersi è suono di sottofondo, mai mareggiata tempestosa, forse ungarettiana metafora di una vita fragile, appena raccolta in un etereo pensiero: “Si sta in questo modo / nei giorni di nebbia, / svaniti e defilati / infilati nel vapore / in un pensiero //.

Tutto si svolge nel segno della metafora, dove ogni sonorità è misurata, in lamine orizzontali, rettilinee, armoniche: “dimoro / nel grembo sottile / del sibilo //. I luoghi sono quelli del disincanto, abitati dal vuoto, dal silenzio, dalle parole mai pronunciate, dai dissidi che, consapevolmente, si alternano in sofferenze taciute per troppo tempo.

Il corpo è forse il limite al liquido divenire di/in ogni cosa, difficile “addomesticarlo” all’immobilità, al sonno, allo scroscio, al lucido di una lacrima, gettato dalle nuvole all’improvviso, infine adagiarlo su una crepa bianca. E questa dimensione sensuale e tremante al tempo stesso, fa emergere il senso di distacco in cui solo un “alfabeto onirico / dove il silenzio è assonanza / e ogni transitivo tenerezza // spiega l’andamento delle cose.

La poesia di Paola di Toro si veste del volo di una farfalla, batte le ciglia sul disordine del mondo, si aggrappa con estatica tenerezza al disagio delle vertigini. Coraggiosa nel fluire di tutto ciò che sembra passarle accanto, rimane all’ascolto dell’unico miracolo possibile: il suono delle parole. Così, nell’attesa della domenica, quando si “indossa l’inezia dell’alba”, la poeta assolve la vita tracciando una “dritta riga, con una voluta, un raggio senza arrivo”.

È forse il desiderio di un eterno respiro la meta prediletta contro il destino “incastonato”. È fra le spire della madreperla che Paola di Toro intende varcare le soglie del dilemma.

 

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.