LEGACCETTI (recensioni come ricordi): Massimo Parizzi, “Io”

Massimo Parizzi, Io, Manni («Pretesti»), San Cesario di Lecce, (marzo) 2021, 206 pp., 19 euro.

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di Luciano Curreri* (ULIEGE, Belgique)

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Che l’«Io» sia un grande problema, che l’«io», anche minuscolo, si ami e sia quasi costretto a dirlo o che l’«Io» più maiuscolo si autobenedica, nel bene e nel male, a scapito dell’altro, anche di un «tu» intimo, vicino, e/o degli «altri», come somma di tanti «io» che fan fatica a diventare «noi», che restano gli altri, quasi un mistero che non si vuole accettare e cui si fa prima a sparare, è proprio di quell’animale che si chiama uomo (e per una volta son pure contento di non includere le donne – che per una volta non si offenderanno – in questo mio, tristissimo incipit). Basta gettare un occhio ai testi selezionati per il Premio Strega (anche e soprattutto ai migliori) e di «io», «me» et j’en passe, ne trovate a iosa. Più che il peso della cultura, è il peso dell’umanità, obesa anche nelle vesti di uno scrittore magro e simpatico.

Che fare? Ci sono coloro cui basta trovare un termine per catalogare, cioè dare un nome a tutte queste testualità e rubricarle in tal senso; e non dirò quale termine, non tanto per ignoranza quanto per pudore (i critici, specie quando si spacciano per teorici, sanno essere più spudorati degli scrittori). Poi, c’è chi dice, indignato e impegnato, che nessuno sa più raccontare appena si allontana dal suo ombelico, che non è, peraltro, quello del mondo. E c’è chi applaude: aveva ragione Eco e oggi ha ragione Barbero. C’è chi replica: non è vero niente, c’è stato il Novecento che – a parte, e almeno, fotografia, pubblicità, cinema, televisione… – ha dato una parte importante del meglio di sé nel racconto e nel saggio, nella misura breve. E allora un altro, di cui non ti eri accorto nonostante vendesse alla grande, ribatte: e il romanzo neostorico, e la nuova epica? – guarda, te lo dico in italiano perché scommetto che non sai neanche l’inglese. E qui, il cielo si apre e la luce del giallo d’inchiesta (e non solo) che perdura ormai più dei processi, in Italia e altrove, invade la sala. E chi non diventa un buon lettore, fedele alla luce, è arrestato.

Che fare? Come si fa a dire, oggi, qualcosa di sinistra? Qualcosa, cioè, che ci riguardi tutti, a partire da quella prigione che non è più il mondo ma l’«Io» e senza passare sempre e solo per nuove fabbriche e fabbricchette del «romanzo» (etichetta incollata davvero dappertutto?)

Massimo Parizzi ci ha provato con un titolo che provoca e spiazza per la sua breve e radicale presa di posizione: Io, per l’appunto. Di primo acchito, viene quasi da dire: ma a settanta anni è ancora là? Fa come gli scrittori più o meno giovani degli Ottanta quarant’anni dopo? Guardi che il migliore seminario sulla gioventù è finito da un pezzo e di quello sull’infanzia pare che non se ne possa più. Ecco, di tutto questo, a Parizzi, importa ben poco, e pure di un calendario e di un ordine narrativo che ne dipenda ossequiente e diligente. L’idea è quella di fare avere un desiderio a un bambino che funzioni come una promessa metaforica di sguardo sul mondo: salire sulla tettoia di un garage al centro del cortile, cioè al centro del suo mondo, ma per attivare uno sguardo che cresca insieme a Lui e al suo stesso desiderio. Quale? Quello di scoprire da lassù il mondo tutto e l’alterità di tutti gli altri per riconoscerla – in seno al sentimento di «un legame profondo con tutti» (quasi un respiro comune) – e non per disconoscerla.

Certo, con i nazisti di p. 103, per esempio, è dura. Viene in mente una battuta di Charles Chaplin, ripresa, se non erro, nella sceneggiatura del film di Richard Attenborough. Fuori contesto e magari mal ricordata da chi scrive, non sarà il massimo ma esemplifica bene quanto si sta cercando di dire a proposito delle approssimazioni narrative di Io.

Un dignitario nazista in America chiede al grande attore e regista: Signor Chaplin, Lei che cosa ha contro i nazisti? E Chaplin: E voi che cosa avete contro tutti gli altri?

Non si sbaglia a definirla, tale battuta, imparabile e impagabile, n’est-ce pas? Non so neanche se sia vera, ma è bellissima. E ce ne sono tante, di battute azzeccate, nel libro di Massimo Parizzi, e fin dall’inizio: «Che cosa si viene al mondo a fare, se non per stare insieme a chi c’è già? Ma bisogna che chi c’è già lo sappia. Se no, potrebbe anche pensare: “Ma siamo sempre gli stessi!”» (p. 21). Inutile fare, a supporto, commenti e disegni, vero?

A volte, le cose si fanno più facili, ma forse perché è la vita che potrebbe essere più facile, ovvero più facilmente figlia di scambi di sorrisi e parole, tante parole: «“È la prima volta che vieni a Napoli, eh?” “Sì”. “Be’, io domani vado per la prima volta a Milano. Siamo pari”. E ridono. E parlano, parlano» (p. 24). Si va avanti in questo modo, tra il tondo, che registra l’evoluzione del personaggio, fatta di domande e pensieri, riflessioni più o meno velatamente e volutamente ingenue, e il corsivo, che lo confronta con alterità temporali mai date per acquisite e pensate come fonti di eventi ancora oggi problematici, dal Vietnam alla Primavera araba, passando per la ex Jugoslavia.

Quest’alternanza permette all’«Io» di avere quanto meno l’idea di un più che potenziale «noi», per quanto disperso ai cosiddetti quattro angoli del pianeta, e consente all’autobiografia di sfumare in biografia di uno spazio-tempo percorso con una certa coscienza, a partire da uno sguardo che ha saputo arrampicarsi e dirsi sul tetto di un garage, un po’ come quello di un famoso personaggio di Italo Calvino era riuscito ad arrampicarsi e dirsi sulla cima di un albero.


*Luciano Curreri (Torino 1966), ordinario di Lingua e letteratura italiana all’Université de Liège dal 2008, fa parte della redazione di «Retroguardia 3.0» ed è attivo soprattutto come saggista e narratore. Recentissimi due esperimenti sostanzialmente impuri ed ibridi: Il non memorabile verdetto dell’ingratitudine. Seguito dai «Sei pensieri grati e gratis», Roma, InSchibboleth («Margini», 6), (gennaio) 2021, e Tutto quello che non avreste mai voluto leggere – o rileggere – sul fotoromanzo. Una passeggiata, con Michel Delville e Giuseppe Palumbo, Bologna, Comma 22, (marzo) 2021. In seno al 150° anniversario della Commune de Paris, da ricordare infine e almeno il birichino e fortunato La Comune di Parigi e l’Europa della Comunità? Briciole di immagini e di idee per un ritorno della Commune de Paris (1871), Macerata, Quodlibet («Elements», 20), (aprile) 2019.

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Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.