Il verso inverso n.7: Ovunque resta il sapore tenero dei tuoi occhi. Laura D’Angelo, “Poesia dell’assenza”

Laura D’Angelo, Poesia dell’assenza, Il Convivio, 2023, pp. 120, € 12,50


di Francisco Soriano

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La malinconia di vecchie sillabe / e gli sbiaditi contorni dei giorni assumono la forma di uno spazio incastonato nella memoria della poetessa, che così esordisce nella sua prima lirica alla silloge poetica Poesia dell’Assenza.

In realtà, l’approdo verso cui ci riconduce la scrittrice è l’inesorabile stupore, il salso ardore, il mite cordoglio, metaforicamente rappresentati come doni, che appaiono alla deriva sulla spiaggia, ma sono stati arenati quasi con celata consapevolezza, dal sogno e dall’amore.

Smentendo (in un raffinato gioco dalle luci cangianti e riflesse) il titolo della raccolta che si definisce come poesia dell’assenza, Laura D’Angelo infatti ci parla di voci, silenzi, sguardi, muta pietà, remoto perdono, ritaglio di luce, schianto dell’abitudine. Queste ultime vicissitudini, invece, si palesano con la loro presenza quotidiana, talvolta in modalità simultanee al nostro percorrere e attraversare la vita. La conferma arriva immediata quando, con un ritmo abbastanza sostenuto e con parole tonali fortemente evocative anche nella loro sostanza materiale, così afferma: Ombre, adesso, / si fissano presenze / abituali dell’attesa, si ritagliano / nella memoria per la subitanea / smentita di un infinito incosciente.

Quel che resta, è ancora l’amore, anche insoluto e sconosciuto a chi viene rivolto con candore raro: per scrivere di te / che non sai e tuttavia esisti. Così è per chi non è più, che da un vuoto innominabile eppure parla e chiama: l’assenza diventa tangibile perché è nel suo nome che la perpetua. Profondo dilemma che ci appare come un mistero insolubile, la morte la vita il vuoto, la quieta dolcezza che ripete un vivo dolore. Il tempo è davvero inafferrabile, in piccoli spazi appare essere eterno, addirittura sembra fermarsi: il tutto è invece un respiro in attesa di un gesto, lieve incanto, un sorriso.

Laddove le parole si dileguano in qualcosa di meno soggettivo e individuale, la poesia compie il suo percorso in una sorta di sentiero circolare, quando cadono le malinconie / su questi fogli bianchi, / ombra pallida / di qualche felicità, / per mare naviga nella notte / una barca / nella solitudine / che si fa sempre più lontana. Il dolore è uno spazio di confronto, non è voce singola, esperienza dell’io che non può essere esempio di solitudine autentica.

E poi all’improvviso / il mare, dietro l’angolo, / e alcuni fiori gialli, è verso immediato e ci appare come un haiku, scenario di una fugace apparizione. Forse è questo il senso di una vita, troppo spesso scandita da un dolore inspiegabile, che però non ammette più misteri. Certo, la vita continua ad infrangersi sul muro del silenzio, oltre il velo muto delle scanalature, delle emozioni; ma è l’amore che, invincibile, si staglia dove la vita non sa.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.