Il verso inverso n.10: Le stagioni del tempo di Ester Guglielmino

Le stagioni del tempo di Ester Guglielmino


di Francisco Soriano

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Atto di fede e di dolore nella silloge di Ester Guglielmino si alternano con le stagioni del tempo, un movimento che ci appare lineare a scandire vicissitudini, quotidianità, cammino: Non cantai la mela / ma il morso inciso / nel bianco della polpa, / non la luna piena / ma lo spicchio sottile / nel cielo nero nero, / non cantai il frutto / ma il destino scritto / del fiore appena colto, / non la gioia del saluto / ma ogni partenza / e il suo dolore muto, / e se non cantai mai / la pienezza / è perché la poesia / carezza / il vuoto asciutto / che sta / nella mancanza.

Le parole in sospensione appaiono l’unico riferimento di eternità in questo inesorabile logorìo: il tempo con le sue scaglie disfa la propria pelle nella ciclicità dei giorni e delle notti, scanditi da altrettante albe e tramonti. Nel sonno tuttavia il nostro esistere si affida a nuova vita, estraneo al seme amaro dell’odio, agli angoli del cuore, al canto della vita.

I frammenti della scrittrice assolvono bene alla loro funzione di sovrapporsi in un equilibrato scrigno lessicale, arricchito da una musicalità che definisce perfettamente la qualità dei testi.

Mi affaccio ancora alla finestra – / la domenica mattina – e guardo fuori: / c’è un sentiero di parole che fiorisce / sul ramo muto della tua voce: verso di speranza che commuove e rasserena, appare come una folgorazione che vince su ogni malinconia e abitudine del già trascorso. Ester Guglielmino ben oppone il chiarore del giorno di festa alla muta essenza di una voce che rappresenta l’attesa di un amore cristallino.

Tuttavia il tempo è giudice inesorabile, illude, ammalia, confonde con il suo bagaglio di memoria e scandisce il viaggio garante inflessibile e asciutto della nostra imperfezione. Che cosa rimane?

L’esistenza ha una sua misteriosa semplicità che Guglielmino coglie in versi che annunciano la sua silloge riflettente lo spazio di un dolore: Più di tutto ti serve / la mela sopra il ramo, / il fiore nel giardino, / la parola che / distilla l’uragano. La parola allora ci trascina nello smascheramento dell’arcano, dell’insoluto e dell’irrisolto, ed è in questo che la poetessa assolve al rito del suo canto.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.