Il dono è un legame di anime

Il dono è un legame di anime


di Francesco Sasso

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L’antropologia culturale è una disciplina eterogenea, il cui campo di studio – l’uomo in quanto elaboratore di cultura – è quanto mai ambiguo e al tempo stesso talmente vasto da rendere necessario l’utilizzo degli strumenti di più discipline per studiare i fenomeni ad esso correlati.

L’antropologia culturale è un modo di guardare all’uomo e alle sue opere nelle loro articolazioni etniche e nelle loro espressioni popolari. Il concetto di cultura è fondamentale per la definizione di questa disciplina anche se di difficile delimitazione. In antropologia, con cultura non si intendono soltanto i prodotti del lavoro intellettuale (arte, letteratura o scienza), ma il complesso di elementi non biologici attraverso i quali l’uomo si adatta all’ambiente e organizza la sua vita sociale. Di fatto, è difficile definire la cultura attraverso un elenco. Naturalmente, la cultura da un lato dipende dalle basi biologiche della vita umana, dall’altro si intreccia con esse e le modifica. In fondo la cultura è una nostra seconda natura. Quindi l’antropologia culturale si muove in simbiosi con le discipline della storia, della filosofia e degli studi umani e sociali. Tuttavia, l’ambito biologico e culturale restano distanti.

Spesso ci si trova di fronte a situazioni sociali in cui chi siamo “noi” e chi sono gli “altri” non è sempre chiaro. Ciò non significa che le differenze culturali non esistono più. Anzi, in questa epoca di globalizzazione, l’antropologia culturale può aiutarci a penetrare le differenze culturali. È lo sguardo da lontano di chi si pone da estraneo come ci ricorda Claude Lévi-Strauss. Da qui l’importanza della comparazione e della comprensione reciproca. Il confronto con l’altro costringe a una continua revisione e ampliamento delle nostre categorie, spingendoci a non dare nulla per scontato. Inoltre, il confronto con un’altra cultura ci fa vedere quello che di solito non vediamo della nostra cultura, proprio perché lo abbiamo costantemente sotto gli occhi o lo diamo come scontato. La diversità culturale è un dono, «è un legame di anime». E qui gli studi antropologici sul “dono” ci aiutano a comprendere la natura del donare.

Per introdurre questo tema dobbiamo partire dalla figura di Marcel Mauss e dal suo Saggio sul dono.1 Mauss rintraccia la strategia del “dono” nelle società arcaiche. I tratti comuni sono:

1) si tratta di forme di scambio non legate a una logica di mercato o baratto. Il passaggio del bene non segue la logica dell’equivalenza del valore.

2) non c’è un accordo contrattuale, ma tradizioni che regolano gli scambi. Tutto si svolge nella libertà e seguendo lo schema del dare, ricevere e ricambiare.

3) il passaggio del bene è una pratica pubblica, segue un preciso cerimoniale e influenzerà i rapporti sociali tra le parti.

4) il dono è una prestazione di tipo agonistico: le parti gareggiano per dare e non ottenere di più. Questo per aumentare il proprio prestigio sociale.

Saggio sul dono si sofferma in particolare sul caso di kula delle isole Trobriand studiato da Malinowski. Quest’ultimo aveva compiuto lunghi soggiorni di studio tra il 1914 e il 1918, prima tra i Mailu e poi, per due anni, tra i Trobriandesi. Così, scriveva Malinowski, a proposito del principio di reciprocità alla base del dono: «Il diritto non è contenuto in uno speciale sistema di decreti (…), il diritto è il risultato specifico della configurazione di obblighi che rende impossibile all’indigeno di sottrarsi alla propria responsabilità senza subirne in futuro le conseguenze».2 Il principio di reciprocità sarà poi utilizzato da Mauss nella teoria del dono, ma in Malinowskii il principio è inteso come fondamento della bilateralità di tutte le relazioni sociali, resa obbligatoria dal desiderio di prestigio e dal rispetto e timore per l’opinione pubblica.

Nell’arcipelago lo scambio di oggetti preziosi (collane di conchiglie rosse e braccialetti di conchiglie bianche) è un’attività importante, frutto di lunghe navigazioni fra le isole. I gioielli circolano in continuazione e sono trattenuti dai loro temporanei possessori per breve tempo. Ogni gioiello ha una sua storia, porta in sé il ricordo delle persone importanti che l’hanno posseduto.

«Ciò che obbliga, nel regalo ricevuto e scambiato, è che la cosa ricevuta non è inerte. Anche se abbandonata dal donatore, è ancora qualcosa di lui. Per mezzo di essa, egli ha presa sul beneficiario»3.

Dunque il vincolo che si stabilisce attraverso le cose «è un legame di anime, perché la cosa stessa ha un’anima, appartiene all’anima. Da ciò deriva che regalare qualcosa a qualcuno equivale a regalare qualcosa di se stessi». Obbligo da ricambiare. È necessario, continua Mauss, «rendere altrui ciò che è in realtà una particella della sua natura e della sua sostanza; accettare, infatti, qualcosa da qualcuno equivale ad accettare qualcosa della sua anima, della sua essenza spirituale»4.

I gioielli di kula incarnano lo spirito del dono e del rilancio: chi riceve il dono, ricambia con uno ancora più prezioso. Tutto ciò è il contrario di quanto avviene nella moderna logica del mercato, che tenta invece di usare le relazioni sociali per una più efficace acquisizione di beni.

A Mauss interessava nel kula, e in molte altre pratiche documentate nel suo Saggio, mettere in evidenza come lo scambio di beni era posto al servizio della costruzione di relazioni sociali. Mauss insiste sull’ambiguo miscuglio di libertà e obbligo che circonda il dono. Tuttavia, ogni dono non è imposto da una forza, ma frutto di una scelta morale.

Nel Saggio emerge come il sistema di scambio è una ricchezza, un «legame di anime», un rapporto tra cose e persone. La grande scoperta del Saggio sul dono è che «le cose sono correlate in qualche misura come persone, e le persone in qualche misura come cose».

Dagli studi di Mauss possiamo e dobbiamo partire per arrivare al più ampio concetto di reciprocità. Oggi lo scambio non poggia più su una serie di singoli “doni”, ma su una logica complessa che regola la società moderna. Oggi al concetto di dono si deve sostituire quello più ampio di reciprocità. La nozione di reciprocità potrebbe essere declinata come partecipazione fra persone e condivisione di un principio spirituale che lo scambio implica. Spesso gli attori sociali non ne sono consapevoli, ma esso determina in modo inesorabile tutte le pratiche. La reciprocità non è utilitaristico, volta cioè al profitto individuale. E qui non possiamo non citare Lévi-Strauss che pone la reciprocità al centro della sua teoria delle strutture elementari della parentela.

Concludendo, dunque, questo breve sguardo sul dono, vogliamo sottolineare che ci troviamo ancora di fronte, in tutta la sua complessità, il problema della molteplicità e diversità di culture. Lévi-Strauss ci dice che il progresso è sempre il frutto della reciproca fecondazione di tradizioni diverse. Esso implica tolleranza, apertura e dialogo, ma anche difesa delle differenze. Per Lévinas, l’altro è «infinito irriducibile»5.

È compito di ogni individuo cercare, scoprire, provare e sentire, partecipando empaticamente a ogni conquista dell’alterità. Da ciò consegue quanto sia importante sostenere la condivisione, dando la possibilità di confrontarsi e di “donare” una parte di sé all’altro.

f.s.


NOTE

1 MAUSS M., Essai sur le don. Forme et raison de l’échange dans les société archaïques, Les Presses universitaires de France, Paris 1968; trad. it. Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, in M. Mauss, Teoria generale della magia e altri saggi, Torino, Einaudi, 1965.

2 MALINOWSKI B., Diritto e costume nella società primitiva, Newton Compton, Roma 1972, p. 24.

3 MAUSS M., pag.179

4 Ibidem, 172

5 Cfr. LEVINAS E., Etica e infinito. Il volto dell’altro come alterità, etica e traccia dell’infinito, Città Nuova, Roma 1984.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.