Echi di guerra

Echi di guerra

A Mario Quattrucci (1936-2022), scrittore


di Stefano Lanuzza 

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L’invasione illegale russa è una violazione dell’Articolo 2, paragrafo 4, della Carta delle Nazioni Unite, che vieta la minaccia o l’uso della forza contro l’integrità territoriale di un altro Stato.

Gli uomini sono mistici della morte dei quali bisogna diffidare. […] Hitler non rappresenta l’apice, ne vedremo di più epilettici […]. L’unanime sadismo attuale muove innanzi tutto da un desiderio del nulla profondamente radicato nell’Uomo e soprattutto nelle masse di uomini, una specie di impazienza amorosa, più o meno irresistibile, unanime, di morire. […] Come distrazione ci sarà lasciato soltanto l’istinto di distruzione” (Louis-Ferdinand Céline, Omaggio a Zola, 1933).

La cartolina qui / mi dice terra terra / di andare a far la guerra / quest’altro lunedì. / Ma io non sono qui, / egregio presidente, /
per ammazzar la gente / più o meno come me. / […] / Per cui se servirà / del sangue ad ogni costo, / andate a dare il vostro / se vi divertirà” (Boris Vian, Le Déserteur, 1956).

Quando la violenza irrompe nella pacifica vita degli uomini, il suo volto arde di tracotanza ed essa porta scritto sul suo stendardo e grida: ‘IO SONO LA VIOLENZA! Via, fate largo o vi schiaccio!’. Ma la violenza invecchia presto, […] e per reggersi, per salvare la faccia, si allea immancabilmente con la menzogna. Infatti la violenza non ha altro dietro cui coprirsi se non la menzogna, e la menzogna non può reggersi se non con la violenza” (Aleksandr Solženicyn, Vivere senza menzogna, 12 febbraio 1974).

Non c’è niente di nobile nell’usare le armi e le arti della guerra per appropriarsi della terra altrui” (Morihei Ueshiba, L’arte della pace, 1992).

talpa cieca / duce di blatte / il mondo prega / che tu / schiatti. / Innaffia di sangue la sorella / la terra del mio cuore. / Si dilapida la Russia spargendo i suoi semi: / denti marci di drago” (Vera Pavlova, Versi del tempo di guerra, in Voci russe contro la guerra, Università di Torino, 2022).

LA MENZOGNA, LA GUERRA

In Russia – scrive Solženicyn – “tutto affonda nella menzogna, e tutti lo sanno e ne parlano apertamente in privato, ne ridono e se ne lagnano, mentre nelle manifestazioni ufficiali ripetono ipocritamente quello che ‘si deve’ dire. […]. Questa menzogna generale, forzata, d’uso obbligatorio, è divenuta l’aspetto più tormentoso dell’esistenza del nostro Paese, peggiore della mancanza di qualunque libertà civica” (Lettera ai dirigenti dell’Unione Sovietica, 5 settembre 1973).

Modo autoprotettivo adottato da un potere che vuol imporre il consenso, la ricorrente menzogna politica – preventivata dall’impostura e dalla finzione, dalla dissimulazione, dall’assertiva calunnia e dalla diffamazione, dalla truffa e dalla corruttela, dal mimetico bluff e dalla falsa ragione – consola in Russia i volenterosi d’illudersi e di credere a quanto sanno essere falso. Come si sapevano falsi gli antisemiti Protocolli dei Savi anziani di Sion (1903, 1905) che, diffusi dall’Okhrana, la polizia segreta zarista, e adottati dalla propaganda tedesca dopo la Grande Guerra, dovevano rappresentare un complotto internazionale ebraico per il dominio del mondo.

I russi fanno propaganda, ma non ci credono” (“Il Fatto quotidiano”, 5 luglio 2022) scrive lapidario Marco Travaglio a evidenziare la malafede dei propagandisti… In Russia nascono dalla menzogna le coartazioni dell’odierno potere, l’oppressione, lo sciovinismo, la guerra decisa dal potere sulla pelle del popolo. Lì, però, di guerra non si deve parlare; e chi la nomina va dritto in carcere (secondo la legge-bavaglio promulgata dal Cremlino, devi obbligatoriamente chiamarla “Operazione militare speciale”). Perciò, frattanto che in Ucraina bruciano i condomini e ogni cosa, sette anni di reclusione vengono comminati l’8 luglio 2022 dal Tribunale di Mosca al consigliere municipale moscovita Alexey Gorinov, arrestato il 27 aprile per essersi opposto alla guerra.

Ogni guerra è basata sul raggiro” avverte il filosofo cinese Sun Tzu in Le leggi della guerra (IV sec. a. C.)… Preparatoria dell’invasione dell’Ucraina (che nel 1994 rinuncia ad un proprio arsenale nucleare dietro garanzia di tutela di Usa Inghilterra Russia), una tortuosa menzogna ispiratrice di sequele d’inganni si associa a tragici eventi rozzamente deformati e alla disinformazione ammannita all’opinione pubblica: così, una vittimistica Russia avrebbe purtroppo dovuto affrontare la provocatoria Ucraina per non essere da questa invasa insieme alla Nato (!); e vi sarebbero fantomatici ucraini nazisti che travestiti da militari russi sparano ai civili del loro Paese. Gli eccidi? Scenari ricostruiti dagli ucraini, e così i bombardamenti di ospedali e innumerevoli edifici fabbriche scuole, stazioni ferroviarie, supermercati e uffici governativi: gli ucraini, masochisti, si divertirebbero ad autodistruggersi… Si difendono, piuttosto: con il loro esercito integrato dagli anarchici e antifascisti delle organizzazioni RevDia e Black Flag Ukraine; rendendo leggibili come un’esortazione le pregresse parole del sovietico destalinizzatore Nikita Kruscev: “Ho sempre agito in base al principio che un paese dev’essere decisamente contro la guerra, ma non deve subirne il terrore. […] E se il nemico inizia una guerra contro di voi, allora è vostro dovere fare il possibile per sopravvivere alla guerra e uscirne alla fine vittoriosi” (Khrushchev remembers, 1970). Kruscev ricorda e completa: “Dobbiamo anche tener presente il vero carattere di tutti gli imperialisti, i capitalisti, i militaristi che traggono vantaggi economici dalla tensione politica esistente tra gli Stati”.

La Russia” dichiara la scrittrice ucraina in lingua russa Svetlana Aleksandrovna Aleksievič, Premio Nobel 2015 per la letteratura, “sta facendo quello che i nazisti facevano sul suo territorio: ora abbiamo a che fare col fascismo russo. […] qualunque guerra è innanzitutto una grande menzogna” (“La Repubblica/Venerdì”, 13 maggio 2022). Confermano le parole della Aleksievič i fanatici vaneggiamenti e processi di morte d’un Davor Slobodanovic Vujacic: “Le grandi nazioni nascono nel dolore e sopravvivono grazie all’eroismo e al sacrificio di sé delle loro migliori figlie e figli. […] L’operazione speciale in Ucraina è un confronto militare de facto decisivo e senza paura tra la Russia e un conglomerato che potrebbe essere chiamato la Trinità Demoniaca, che comprende gli Stati Uniti, la Nato e l’Ue. La Russia, ovviamente, non è in guerra con il popolo ucraino [?, ndr], che fa parte dell’esistenza storica nazionale della Russia. […]. L’Occidente vuole la guerra perché sente e sa che la sua fine è vicina. In quale altro modo spiegare che l’Occidente ha esaurito la sana paura persino delle armi nucleari russe? […] Stiamo assistendo all’emergere di una nuova Russia senza tempo, sintesi delle migliori virtù russe di tutte le epoche: un paese che combina i momenti più gloriosi e brillanti, i valori e le tradizioni dei primi Stati russi: l’Impero russo, l’Unione Sovietica e la stessa Federazione Russa” (Russia: temprando una grande nazione, “Come don Chisciotte”, I luglio 2022). Frasi doppiate – segnala lo storico Ernesto Galli della Loggia – dai mistificanti propositi dell’ideologo putinista Timofei Sergueizev: “La denazificazione consiste in un insieme di misure nei confronti della massa nazista della popolazione che per ragioni tecniche non può essere direttamente perseguita per crimini di guerra […]; è necessario procedere a una pulizia totale […]. La durata della denazificazione non può in alcun caso essere inferiore a una generazione […]. La denazificazione sarà inevitabilmente una de-ucrainizzazione […]. La denazificazione dell’Ucraina significa anche la sua inevitabile de-europeizzazione”. E Galli della Loggia, commentando: “C’è ancora qualcuno che in nome della ‘pace’ intende negare le armi a chi se la sta vedendo da mesi con simili criminali?” (“Corriere della sera”, 8 luglio 2022)… Criminali stragisti privi di qualsiasi senso morale e che – informa il “Moscow Times”, giornale indipendente pubblicato in inglese a Mosca – ora reclutano criminali detenuti delle carceri russe per inviarli al fronte contro l’Ucraina in cambio di amnistia, denaro e immunità (“VirgilioNotizie”, 6 luglio 2022).

L’EUROPA

Menzogne mascherate, propaganda tendenziosa…: falsificare i dati di fatto per fini politici, manomettere la Storia, denegare l’Europa e l’esigenza dei territori dell’Est, minacciati dal totalitarismo, di stare in un continente unito da comuni destini basati sulle prerogative umane, è la costante dello sbugiardato modo d’essere dei padroni della Russia… Dall’altra parte, c’è stata un’America che sulla menzogna preparava il suo attacco all’Iraq (2003), deciso senza le prove d’un complotto terroristico del presidente iracheno Saddam Hussein.

L’Unione Europea – afferma la scrittrice Amélie Nothomb – “è stata creata per mantenere la pace, e la letteratura, intesa come letteratura mondiale e quindi come letteratura comune, assolve la stessa funzione […]. Sogno quindi di vedere un’Europa che cammina unita perseguendo non l’interesse di pochi ma il bene di tutti […]. Nonostante tutto, questa è la nostra Europa ed è un’Europa in cui non possiamo non credere se vogliamo renderla migliore” (Una storia chiamata Europa, “L’Espresso”, 22 maggio 2022). Certo un’entità odierna multipla disarmonica incompiuta e militarmente incerta è la vecchia Europa indebolita e pour cause filoatlantica, che, stretta fra i due imperi americano e russo, percorsa dai diseredati del Nordafrica e aperta al mercato cinese, è alla ricerca d’una moderna unità identitaria: col diniego della decadenza decretata da Oswald Spengler in Il tramonto dell’Occidente (1918) escludente la storia russa che appare un’acconcia leva per il nazionalismo diseuropeizzato, imperialista-terroristico, messianico e kitsch di Aleksandr Dugin, ossessivo sofo della presunta “decomposizione” occidentale.

Una dichiarazione di realismo europeistico è, per la sua lungimiranza e attualità, quella dell’intellettuale francese anticolonialista Jean-Marie Domenach, pronunciata agli Stati Generali dell’Europa nel gennaio del 1986: “L’Europa esisterà come tale soltanto se saprà inventare il suo futuro attingendo alle risorse della sua memoria… Le minacce e le sfide che l’assalgono la costringono a scegliere tra il declino e il rinnovamento. Se l’Europa si rassegna, essa diventerà per metà una porzione dell’impero sovietico, e per l’altra metà un mercato di […] milioni di consumatori di idee e di immagini prodotte al di fuori” (Maria Antonietta Macciocchi, Di là dalle porte di bronzo. Viaggio intellettuale di una donna in Europa, 1987). Mai, se non per odio verso sé stessi, gli occidentali potranno sconfessare l’Europa e la sua immensa riserva culturale, i suoi – scrive il filosofo spagnolo José Antonio Jáuregui in Europa. Temi e variazioni (2000) – “grandi tesori architettonici, artistici, musicali, letterari e scientifici”; e l’Europa di Dante (“Se non fossero esistiti né Dante, né la Divina Commedia, l’Europa sarebbe meno Europa”).

NEMMENO LENIN

Nemmeno Lenin dopo la Rivoluzione d’Ottobre (1917) e il progetto marxista d’un internazionalismo al di là degli àmbiti nazionali hanno potuto mutare, come oggi è palese, il vetusto panslavismo russo. Nemmeno Lenin poté far cessare il mai sopito dissidio tra le novecentesche, vocatamente europee Ucraina e Russia: tra l’antica Kiev fondata prima del V sec. e Mosca sorta nel 1147… Ora, venuto meno il comunismo reale e falliti gli ideali rivoluzionari per una società senza classi, c’è Vladimir Putin, autocratico Cronos divoratore dei propri figli mandati in battaglia. Lui, quando non si protegge nel suo bunker di lusso e non è circondato dalle guardie del corpo, non gira con al seguito le auto blindate, un’ambulanza e una squadra di assaggiatori dei cibi, garantitosi nel suo inferno ideologico il potere a vita si paragona a Pietro il Grande; e il 24 febbraio 2022, mirando sull’Europa, prende ad aggredire l’Ucraina non riconoscendola nazione sovrana dopo le elezioni democratiche del 21 aprile 2019, vinte col 73,22% dei voti dal partito riformista di Volodymyr Zelensky Sluha Narodu (Servitore del popolo) impegnato nella lotta alla corruzione e agli oligarchi.

Nel discorso Sull’unità storica di russi e ucraini diffuso il 12 luglio 2021, Putin dice, mentendo secondo un costume invalso nella russocentrica propaganda del Cremlino: “La Russia non è mai stata e non sarà mai ‘anti-Ucraina’. E cosa sarà l’Ucraina – spetta ai suoi cittadini decidere” (?!). Come faceva Hitler nei confronti degli Stati dell’Europa occidentale, Putin prima rassicura per poi attaccare con ‘guerre-lampo’… Secondo l’Analytics History of VoxUkraine (maggio 2022), lo scritto putiniano è una sconsiderata “miscela di miti storici, bugie sulla Crimea e sul Donbas, oltre che una manipolazione dei dati economici ucraini”.

A proposito del documento in questione – sorta di arcaico proclama imperialista imposto all’esercito russo come studio obbligatorio e diffuso nelle lingue russa ucraina inglese –, il Congresso Mondiale Ucraino confronta le idee di Putin con quelle del sovietico Stalin responsabile dello sterminio di milioni di coltivatori ucraini che, privati delle risorse agricole, morirono letteralmente di fame negli anni 1932-’33. Stessa sorte subirono in Ucraina molti religiosi e intellettuali.

ROVINE

Se, da parte di un Putin tormentato nella sua falsa coscienza dalle ombre di spettri asiatici, uno che vive nell’ansia dell’apocalisse, c’è l’applicazione delle idee ultrareazionarie di Ivan Il’in – misticheggiante filosofo moscovita d’estrema destra, morto nel 1954 –, oggi, nel nuovo millennio, non è più tollerabile che i popoli debbano continuare a seguire la volontà perversa di despoti che intraprendono guerre sterminatrici contro Paesi liberi facendo bombardare uccidere torturare stuprare razziare deportare minacciare un deserto atomico esemplato nelle odierne rovine dell’Ucraina… Ci sarà mai un Tribunale internazionale per i crimini e il falsiloquio del tiranno, dei suoi cleptocrati e di individuati militari responsabili d’atrocità contro civili inermi?

Di fronte a ciò, non essendo mai troppo pochi i giovani russi che, contrari alla guerra, scelgono di sottrarsi alla coscrizione coercitiva per non diventare carne da macello, è più coraggioso rifiutare l’arruolamento e respingere la guerra sottoponendola a una critica radicale: perché, stigmatizzando il principio del generale prussiano Clausewitz, se politica è polis (città-stato) e politeia (repubblica), la guerra non è “continuazione della politica con altri mezzi” bensì l’ottusa sregolatezza della prassi armata, contraria a ogni funzione mediatrice. La guerra è la menzogna con altri metodi.

Dobbiamo disertare il mondo di morte che stanno disegnando intorno a noi” scrive la filosofa Donatella di Cesare (“Il Fatto quotidiano”, 23 giugno 2022)… “Non inviate i vostri figli a combattere su una terra straniera” invoca, rivolto alle madri russe, il presidente dell’Ucraina Zelensky, ebreo originariamente russofono. “Non abbandonate i vostri figli alla morte o alla prigionia”. Non è inascoltato in Russia se non sono trascurabili le manifestazioni di dissenso per strada e sui social. Qualcuno traccia graffiti satirici, all’Università di Ekaterinburg gli studenti raccolgono firme di protesta e in certe zone di Mosca persone isolate o piccoli gruppi di giovani gridano “No alla guerra”, distribuiscono volantini e non fanno resistenza quando vengono condotti ai posti di polizia e reclusi minacciati percossi, con accanimento sulle donne non si sa se violentate.

Parecchie migliaia di morti, in massima parte delle provincie profonde russe, e centinaia di milioni al giorno costa la guerra alla Russia che conta duecento etnie e va esaurendo le proprie risorse militari convenzionali – non ancora quelle atomiche. Che, poi, l’implicato allargamento della Nato si riveli un pretesto lo dimostra il semplice fatto che l’aggressione abbia allungato l’argine atlantico… Era il 1949 quando undici Paesi divenuti negli anni una trentina, firmavano quel Patto Atlantico di sicurezza e mutua difesa nel caso di attacchi che potevano giungere dal blocco sovietico di Stalin (e ora – si temerebbe – dal russismo putiniano).

Sospesa fra l’Europa da sempre aperta all’intera cultura russa e che si compatta non per aggredire ma per potersi difendere da un sistema imperialista non pago dei propri confini, la Russia, fidando su un Oriente non francamente alleato, si spinge oltre le sue frontiere cominciando con l’assalire, santificata dal satrapico patriarca ortodosso Kirill, la limitrofa Ucraina abitata da un popolo di religione ortodossa e cattolica, e di lingua ucraina russa ungherese tatara.

Scopo della guerra, intrapresa per motivi strategico-egemonici e tutt’altro che ‘difensivi’, sarebbe quello di condizionare l’Occidente europeo che ha il torto di sostenere le libertà democratiche e condividere la propria difesa con la Nato; cui, paventando le tendenze espansionistiche russe, si associano nuovi Stati confinanti con l’impero d’un autocrate transustanziatosi in zar e che ventila il ricatto nucleare quale arma risolutiva. A differenza di chi in Europa finge inconsapevolezza, quegli Stati non dimenticano l’invasione dell’Ungheria (novembre 1956), della Cecoslovacchia (agosto 1968) o dell’Afghanistan (1978); e non ignorano le devastazioni già operate dalla Russia nella Georgia del nord, in Cecenia (anche questa una falsa “operazione speciale antiterrorismo”), Siria ecc., annettendosi facilmente la Crimea per il controllo del Mar Nero. “Se la Russia prevarrà,” presagisce Andriy Yermak, capo dello staff di Zelensky “questo conflitto non si limiterà ai confini del mio Paese: si estenderà inevitabilmente ai territori della Nato. […] Se prevarrà la Russia, crollerà anche l’Europa” (“Corriere della sera”, 26 giugno 2022). Né la condanna delle violenze attuate dall’Occidente negli ultimi decenni contro le comunità indipendenti di Serbia Iraq Siria dovrebbe, in questo momento, distogliere l’attenzione da quanto accade in Ucraina: altrimenti, per mero antiamericanismo, si finisce per porre sullo stesso piano aggressore e aggredito, simpatizzando con l’assalitore e stabilendo una colpevole indifferenza per la macelleria di vite umane da esso perpetrata.

ANTIAMERICANISMO

L’antiamericanismo/antioccidentalismo, che si esprime all’unisono da posizioni di estrema destra e di veterostalinismo, è fuori tema rispetto alla guerra russa unilateralmente intrapresa… “L’antiamericanismo è comico, prima ancora che stupido” scriveva Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere (iniziati nel 1929 e pubblicati postumi, 1948-1951) polemizzando coi denigratori del progresso scientifico e industriale americano. Precedentemente, in un giovanile tema scolastico del 1911, Gramsci disapprovava “l’americanarsi della vecchia Europa” (“Il Fatto quodidiano”, 24 giugno 2022)… Ferocemente antiamericana è la critica della tecnologia elaborata dal filonazista Heidegger; e fu pure per antiamericanismo la compiacenza verso Hitler di Mussolini che, insieme al Führer e senza temere il ridicolo, l’11 dicembre 1941 dichiara guerra all’America: che, nello stesso giorno, dichiara guerra a Germania e Italia.

Aggiungo l’ovvio:” scrive il giornalista Gad Lerner conscio dei difetti della politica americana “nonostante le fallimentari politiche imperiali di cui Washington con la Nato si sono rese protagoniste, dovendo scegliere preferirei vivere negli Stati Uniti che in Russia. […] Trovo vile, né più né meno, dare del ‘burattino’ a Zelensky […]. Trovo ignobile definire ‘piagnistei’ i suoi appelli disperati al soccorso di un popolo bersagliato dal secondo esercito del pianeta. Trovo bieca maldicenza – di fronte alla denuncia delle stragi perpetrate – avanzare il dubbio che si tratti di messinscena” (“Il Fatto quotidiano”, 14 maggio 2022).

Non sono altri ad accusare Putin di voler ricostituire l’impero russo, ma è lui stesso ad esporre intenti che sottendono rinnovati prodromi dell’imperialismo nazista. Tentando delle comparazioni storiche, diversi esperti di geopolitica confrontano i comportamenti di Putin con quelli hitleriani, ma c’è il filosofo Massimo Cacciari che, in una trasmissione televisiva dell’8 maggio 2022, qualifica l’ipotesi “una perfetta idiozia”. Senonché sembra lecito chiedersi quanto si discostino gli scopi eurasiatisti perseguiti da Putin da quelli di Hitler, i cui obiettivi – scrive lo storico Giorgio Galli – “sono quelli indicati nel Mein Kampf: la creazione di un’Eurasia dai confini orientali indefiniti” (Hitler e il nazismo magico, 1989, 1993). L’idea di Hitler d’una fatale lotta contro le democrazie occidentali non diverge troppo dalle esternazioni di putiniane.

Non è l’Ucraina a dover essere, come perorato da Putin, “denazificata” insieme al battaglione Azov, all’esercito, alla lingua, alla politica e alla cultura degli ucraini. ‘Dimenticando’ l’attiva presenza in Russia d’un militarizzato Movimento Imperiale Russo fondato nel 2002 a San Pietroburgo e composto da nazisti apertamente dichiarati.

Al pari di quanto creduto dall’antisemita Hitler e dallo Stalin anch’egli persecutore di ebrei e il cui paranazismo fu dapprima cinicamente funzionale (ci volle l’invasione germanica per farlo ricredere), Putin pretende che l’Ucraina sia una sottomessa, russificata colonia da anestetizzare nella culla dell’impero dittatoriale. Altresì accampano, lui e il suo seguito, una volontà conservatrice di cascami tradizionali escludenti la libertà di pensiero e di parola, valori primari della democrazia mai conosciuta in Russia.

EPPURE

Eppure, oggi che non si parla più di disarmo delle nazioni – un impegno ancora e sempre rivoluzionario, l’unica maniera per fermare l’escalation nucleare – e, contro le derive belliche, non risulta nessuna possibile negoziazione, ricordando i dissidenti Alexey Navalny, Mikhail Khodorkovsky o Garry Kasparov c’è in Russia, pur minoritaria (e poco credibili appaiono i manovrati sondaggi ufficiali secondo cui l’80% dei russi sarebbe favorevole alla guerra), un’opposizione interna avversa alla politica putiniana che riduce al silenzio i propri artisti e intellettuali deplorevolmente moderni e “decadenti”, o proibisce gli scrittori stranieri: i King e Rowling, Margaret Atwood, Rushdie, Pamuk, Franzen, Vargas Llosa, Paul Auster…

A fronte di ciò, si stenta a credere all’imbecille intervista a Interfax-Ucraina della direttrice dell’Istituto Ucraino del Libro Oleksandra Koval, secondo la quale vi sono “oltre cento milioni di libri di propaganda russa da ritirare dalle biblioteche pubbliche ucraine”. E Pushkin, Dostoevskij?… I loro libri “dovrebbero essere rimossi anche dalle biblioteche pubbliche e scolastiche”. Sarebbe, la loro, “una letteratura molto dannosa, può davvero influenzare le opinioni delle persone. Pertanto questi libri dovrebbero essere rimossi anche dalle biblioteche pubbliche e scolastiche” (Redazione PeaceLink, 2 luglio 2022). Seguirebbe la confisca dei libri di autori russi contemporanei pubblicati dopo il 1991 … Adesso, però, la Koval si sforzi di capire che letteratura russa e ucraina sono, insieme, una parte giammai censurabile dell’ampio contesto letterario europeo.

Rischia la scrittrice Ljudmila Ulickaya a sfidare Putin rivolgendo la propria solidarietà agli ucraini e unendosi al gruppo di scrittori del PEN International in una Lettera aperta del febbraio 2022, firmata anche dall’autrice polacca Olga Tokarczuk: “Siamo uniti nel sostenere gli scrittori, i giornalisti, gli artisti e tutto il popolo ucraino che sta vivendo le sue ore più buie. […]. La guerra di Putin è un attacco alla democrazia e alla libertà non solo in Ucraina, ma in tutto il mondo. Siamo uniti nel chiedere la pace e la fine della propaganda che sta alimentando la violenza. Non ci può essere un’Europa libera e sicura senza un’Ucraina libera e indipendente. La pace deve prevalere”.

Credo” dichiara lo studioso e dissidente russo Nikita Okhotin “che [in Russia] solo il 10-15 per cento sia davvero a favore della guerra, mentre contro l’invasione è orientato in modo decisivo e attivo almeno un altro 10-15 per cento. Il resto è fatto di persone che vorrebbero isolarsi, estraniarsi da quello che succede. Potrebbero anche odiare Putin, ma non lo direbbero mai apertamente” (“Corriere della sera/La lettura”, 22 maggio 1922).

Nella Russia della stampa asservita persiste una resistenza che si manifesta nelle audaci critiche, esposte fin dal 2004 da Anna Politkovskaja nel libro La Russia di Putin, indispensabile per conoscere verità sottaciute. “Io sono un essere umano tra i tanti, un volto nella folla di Mosca, della Cecenia, di San Pietroburgo o di qualunque altra città della Russia. […] Io vivo la vita, e scrivo di ciò che vedo” esordisce la Politkovskaja, additando in Putin il banale “segugio del KGB – una mezza tacca”, un militare “di basso rango” che ha preso il Cremlino coi soggiacenti “suoi sodali – tutti ex pesci piccoli del KGB”. Un Putin che il 19 agosto 1999 è nominato Primo ministro dal presidente Eltsin, cui succede alla fine dello stesso anno; così come nel gennaio 1933 il presidente tedesco Hindenburg nomina cancelliere Hitler, che nel 1934, alla morte di Hindenburg, si proclama Führer sopprimendo gli oppositori o relegandoli in campi di concentramento e in carcere.

Non rimane spazio – spiega la Politkovskaja – per un’opposizione se, “quando Putin parla, nessuno osa contraddirlo”; e se “qualcuno dissente, Putin si limita a chiedergli di ‘piantarla con gli isterismi’”. Come si sa, “la Russia ha già avuto governanti di questa risma. Ed è finita in tragedia. In un bagno di sangue”. Il potere putiniano, subìto con apatia da gran parte d’una popolazione prona al potere o che “ama lo zar”, era “accompagnato da un coro di osanna in Occidente. In primo luogo da Silvio Berlusconi, che di Putin si è invaghito e che è il suo paladino in Europa”: una complicità in affari è quella richiamata dall’autrice.

La giornalista, assassinata a Mosca il 7 ottobre 2006 giorno del compleanno di Putin, guarda inquieta al capo di un potere ispiratore dei sovranismi europei: il “boss” – scrive l’esperto di Relazioni internazionali Fabio Armao – “di una banda di oligarchi che, dalla caduta del muro di Berlino a oggi, si sono accaniti a depredare il proprio Paese, facendo della seconda potenza mondiale il massimo esempio al mondo di liberismo predatorio”. Il dittatore “ha scatenato la guerra in Ucraina non solo per creare un diversivo che lo facesse apparire meno responsabile della disastrosa situazione economica del Paese agli occhi della propria opinione pubblica, ma anche per rafforzare il suo carisma e mettere alla prova la fedeltà dei suoi fratelli criminali (loro sì portatori di un’autentica tradizione: vory v zakone, ladri nella legge, era la denominazione adottata dalle corporazioni di banditi nella Russia prerivoluzionaria). Se anche noi cadiamo nella sua trappola propagandistica, se gli attribuiamo la capacità di farsi nuovo portavoce di un progetto plurisecolare di dominio continentale, rischiamo soltanto di favorirlo nella ricostruzione di un consenso di massa di cui oggi non gode. […]. Ma se le democrazie volessero, per una volta, risultare credibili nel rivendicare la propria superiorità morale nei confronti delle autocrazie avrebbero in mano un ‘congegno’ […] il cui impiego, oltretutto, non provocherebbe ulteriori spargimenti di sangue. Basterebbe loro far luce sull’economia ombra che consente a Putin e agli altri oligarchi, oltre che a mafiosi e terroristi (e normali evasori fiscali) di occultare i propri profitti illeciti. L’adozione di misure quali il congelamento dei beni dei multimiliardari russi ha rivelato che, in realtà, i governi hanno già gli strumenti per farlo. Se soltanto accettassero di sacrificare la parte di utili che incassano da queste transazioni, allora, nulla potrebbe impedire loro di risolvere il problema alla radice: qualificando i paradisi fiscali, anche quelli interni all’Unione Europea, per quello che realmente sono, ovvero Stati canaglia, e facendosi portavoci di una battaglia globale per l’eliminazione del segreto bancario” (Putin, il boss che volle farsi zar, “Micromega”, 14 marzo 2022).

Putin “ha scelto di costruire una dittatura personale per permettere a sé stesso e ai suoi amici di godersi miliardi di dollari, palazzi e yacht, opprimendo nel frattempo l’opposizione e privando milioni di persone della speranza di un futuro migliore” dichiara in un’intervista a Francesco Bechis il diplomatico russo dissidente Boris Bondarev, che ora vive nascosto. “Cosa è disposto a fare Putin? Distruggere chiunque possa resistergli. Per questo migliaia di russi stanno abbandonando il loro Paese. Parliamo del meglio della Russia: persone giovani, istruite, professionisti, creativi. Senza di loro Putin può rimanere al potere con facilità, perché può contare sui gruppi sociali più poveri e ignoranti, resi tali dalle sue politiche e ammaliati dalla sua propaganda. […] Putin isolerà la Russia dal mondo, ne farà un Paese più povero e sottosviluppato. La guerra avvicina l’obiettivo, per questo dico che è un crimine contro il futuro dei russi. Senza contare che i nostri rapporti con l’Ucraina, uno dei Paesi confinanti a noi più vicini, saranno persi del tutto per decenni e intere generazioni. Anche questa è una tragedia” (“Formiche.net”, 6 luglio 2022).

Nessun Paese al mondo ha il livello di corruzione raggiunto in Russia dagli anni Novanta a oggi, col potere politico-economico complice di cosche criminali e con la mitica Santa Madre Russia, simbolo panslavista manipolato e riciclato per illudere le masse avvilite, ridotta a Stato-mafia afflitto da un’endemica crisi economica. “Mosca” dice in un’intervista lo storico tedesco Karl Schlögel, autore del libro Decisione a Kiev (2015), “è in mano a raffinati demagoghi che sanno benissimo che oggi la Russia non è una superpotenza economica come gli Usa e la Cina, ma anche che l’imperialismo russo ha una chance solo sfruttando in tutti i modi, con la guerra e la disinformazione, le debolezze dei regimi liberali occidentali. […] Sotto l’asfittica dittatura di Putin i russi si trovano oggi in stato di trance. […] Un intero Paese drogato da un mix di risentimenti e fobie, pregiudizi razziali, dogmatismo religioso e antisemitismo. […] La speranza è che all’Ovest capiamo [la] lezione di libertà che ci viene dall’Ucraina, terra di frontiera al centro dell’Europa” (“L’Espresso”, 22 maggio 2022).

INVASIONE

La Storia si ripete perché l’animo umano non cambia e la comune umanità non dissuade gli umani dal dividersi opprimersi combattersi uccidersi?… Si osservino certe concordanze linguistiche: “Azione speciale” era detta dai nazisti la strage sistematica – il genocidio – degli ebrei in Europa; e, non bastassero i lutti del Primonovecento, come una dubbia “Operazione militare speciale” viene spacciata dal presidente russo l’invasione punitiva, fuori d’ogni diritto internazionale, dell’Ucraina a segnare un esasperato nazionalismo aggressivo riecheggiante catastrofi credute sepolte sotto le macerie della Seconda Guerra.

Il fine ultimo della Russia, tanto bolscevica quanto nazi-putiniana, è sempre il dominio egemonico e predatore da realizzare mediante la spinta bellica. “Questa conclusione” scriveva il politologo americano James Burnham pensando, alla sua epoca, all’Unione Sovietica di Stalin e al retaggio imperialista dei russi “non è né sorprendente né nuova. Essa è tale solamente per gli ignari e per gli illusi. […]. Qualsiasi guerra ch’essi intraprendono, indipendentemente da chi spara per primo o per primo dà inizio all’invasione – come, per esempio, la guerra in Finlandia nel 1939 – è per definizione una guerra difensiva” (La lotta per il mondo, 1947).

Il motivo posticcio della “denazificazione” riflette piuttosto gli squilibri dell’aggressore russo mentre l’Europa, inquinata delle tecnologie, è costretta a uscire da comodi torpori avvedendosi d’una tragedia inattesa ma immaginabile. Pervicacemente continuano invece a non voler vedere l’orrore di Bucha e di altre città ucraine coloro che, da posizioni ambigue, non bastando l’evidenza delle immani distruzioni con migliaia di morti, parlano di “eccidi presunti”. Ed è come un correre al ‘soccorso del vincitore’ la propensione per il dittatore manifestata dalle destre in coro con stalinisti nostalgici. Mentre non sarebbero da etichettare ‘putinisti’ quanti, senza giustificare Putin, stigmatizzano una Nato che non dovrebbe favorire le nuove richieste d’alleanza di Stati europei dell’Est. “Scrivo da vent’anni che Putin è un fascista” si chiarisce Michele Serra. “Ma sono molto preoccupato dell’allargamento della Nato a Est” (“La Repubblica”, I luglio 2022). “Putinista, io?” protesta lo storico Franco Cardini. “Andatevi a rileggere quel che scrivevo del boia Putin al tempo della Cecenia e del massacro di Grozny”. Aggiungendo a sorpresa: “Non è colpa mia se quel gelido sanguinario poliziotto con gli anni è riuscito a diventare un prudente ed equilibrato statista” (“Arianna”, 4 luglio 2022).

Hitler non aveva alcuna intenzione di far scoppiare la Guerra mondiale” insiste un caparbio sociologo non putinista epperò dimentico dell’hitleriano Mein Kampf che fin dal 1925 programma per filo e per segno una millenaria conquista del mondo da parte della Germania nazista: più precisamente preordinata nel “Protocollo Hossbach” (Berlino, 10 novembre 1937) seguito dal Patto segreto Molotov-Ribbentropp del 23 agosto 1939 con cui Germania e Urss avrebbero dapprima voluto spartirsi l’Est europeo.

Il 9 ottobre 1939 Hitler prepara l’offensiva in Occidente e il 19 luglio 1940, in un discorso tattico al Reichstag, offre all’Inghilterra una ‘pace’ analoga alla ‘resa’ unilateralmente proposta da Putin all’Ucraina. Ma Churchill, commentando i pusillanimi accordi di Monaco di Baviera (29-30 settembre 1938) dell’Inghilterra con la Germania, aveva detto: “Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra”. Una frase che, oggi, sembra fare da monito all’Europa implicata nella prepotenza dell’invasore russo contro l’aggredito ucraino.

Dopo l’allontanamento nel 2021, da parte del Cremlino, del consigliere Vladislav Surkov contrario alla guerra, a supporto del putinismo guerrafondaio è agitato il vischioso pensiero d’una ‘precomprensione originaria di tutto’ esposto dal filosofo e ideologo geopolitico Aleksandr Dugin (suo lo slogan “La Russia è tutto, il resto è niente”). In un pregiudiziale, nostalgico sistema evocante un chimerico euroasiatismo (una “Grande Eurasia”, con la Russia dominante su Armenia Bielorussia Kazakistan e Kirghizistan; e con un occhio all’India, a Indonesia Pakistan Indocina e alle per ora refrattarie Cina e Turchia), Dugin combina, a mo’ di ‘presupposti’, nazionalismo postsovietico, avversione per il liberalismo americano e occidentale, visioni antimoderniste (Guénon, Heidegger, Evola, il giurista Schmitt e, guardando indietro, l’ottocentesco spagnolo Juan Donoso Cortés filosofo della dittatura), gnosticismo e religione ortodossa con echi pagani, occultismo distopie miti riti superstizioni e suggestivi esoterismi: finché il russismo putinista del nuovo secolo giunge a modellarsi sui gangli del primonovecentesco germanesimo hitleriano e, risalendo per li rami, a un passato arcano che cancella il futuro.

PUTIN VS. PUTIN

Dietro l’analisi avanzata nel libro Putin vs. Putin. Vladimir Putin visto dalla Destra (2014), Dugin istiga il Cremlino a un paranoico revanscismo, a trasvalutare ogni remora e intraprendere più decisamente una guerra non importa se implicante la possibile gnosi nucleare pur sapendo che le armi atomiche distruggerebbero gran parte della vita sul pianeta e annienterebbero la civiltà (sarebbe questa la “realizzazione spirituale” della Russia?).

È Dugin l’ispiratore della “Terza via” russa e massimo propagandista culturale al servizio dello zarismo di Putin, il quale, l’11 febbraio 2007, alla 43esima Munich Security Conference, ripete con iattanza: “Il mondo unipolare è morto, ora viviamo in un mondo multipolare e gli Stati Uniti non sono più i gendarmi del mondo”… Ma il quanto mai vario e multipolare Occidente ha almeno bandito i novecenteschi Stati dittatoriali e liberticidi.

Spiega in un’intervista lo storico della Shoah Saul Friedländer: “Vedo all’opera meccanismi simili a quelli che portarono all’Olocausto: desensibilizzazione delle masse, narrazione che nega l’identità dell’altro. Il genocidio è il risultato di un pensiero che si sviluppa e finisce per corrispondere ai nuovi ‘bisogni’ di un’autocrazia o di una dittatura”. I russi? “È bastato dire loro che stavano combattendo i neonazisti in Ucraina per giustificare l’impensabile: l’aggressione e gli omicidi” (“Corriere della sera/La lettura”, 12 giugno 2022)… Scritta comparsa a Vladivostock il 12 giugno 2022: “Putin, inizia la denazificazione da te stesso” (Voci di pace, 29 giugno 2022. Spazio web a cura di Bruna Bianchi).

È poi vero che, tra il 25 agosto e il 26 settembre 1941, “la battaglia della sacca di Kiev”, inizio del conflitto tra Germania e URSS, trova gli ucraini che, intolleranti del dominio di Stalin responsabile in Ucraina di milioni di morti, favoriscono il passaggio delle truppe corazzate naziste. Lo stesso Stepan Bandera, indipendentista ucraino ed eroe nazionale che il Cremlino taccia di nazismo, col suo gruppo partigiano Upa (Ukrains’ka povstans’ka armija) composto anche da anarchici e socialisti perseguiva una resistenza contro i sovietici che avevano preso a deportare la popolazione ucraina. Ma quando, nel 1943, i nazisti deportano a loro volta gli ucraini, Bandera proclama l’indipendenza del proprio Paese contro ogni invasore, ottenendo da Hitler di essere internato nel lager di Sachsenhausen. Libero nel 1944, nel 1959, a Monaco di Baviera, viene avvelenato col cianuro di potassio dall’agente del Kgb Bohdan Stachynskyi, retribuito per il suo delitto nello stesso anno a Mosca con l’Ordine della Bandiera Rossa… In altri più recenti episodi di avvelenamento da parte degli agenti russi si ricorre, se capita, al nervino Novichock.

Note sono l’ammirazione per le SS di Dugin – che adottava il nome di Hans Sievers ispirato alla figura del criminale nazista Wolfram Sievers – e la sua militanza, negli anni Ottanta, nel Circolo Yuzhinsky, congrega di iniziati e occultisti filonazisti. Questo assemblatore di teorie ultraconservatrici assurge a preilluminista postmoderno affossatore del logos, del concetto di progresso, dell’emancipazione dei popoli: uno che alla libertà e al diritto contrappone l’autoritarismo e la tradizione, infine un sovrastorico e sacrale nazionalsocialismo benedetto dal patriarca Kirill e – recita Dugin – affidato alla “Vergine Maria”.

Dugin resta, inoltre, il fondatore di un’Associazione Arctogaia per lo studio dell’antica Società tedesca Thule che non fu ignota a Hitler e risulta tra i prodromi dell’antisemitismo. Essa divide dogmaticamente la storia umana fra tradizione e modernità: dove questa dovrà essere surrogata da un “eterno ritorno” che, come teorizzato da Nietzsche, è “ritorno dell’uguale”, ossia d’un retaggio che, nella visione di Dugin e come da lui dettato in La quarta teoria politica (2009), avrebbe per perenne custode la Russia antidemocratica e demagogicamente gnostica: edificata, oltre che sulla legittimazione della guerra, sullo Stato gerarchico e il controllo autoritario dell’ordine sociale supportato da un’incongrua alleanza fra destra, sinistra e una complice ortodossia. È allora in nome di un inderogabile scontro di civiltà, d’una “rivoluzione conservatrice”, che a suo ripetuto avviso “bisogna unire la destra, la sinistra e le religioni tradizionali del mondo in una lotta contro il nemico comune” rappresentato dall’Occidente libero.

PSEUDORIVOLUZIONE CONSERVATRICE

La pseudorivoluzione conservatrice proposta da Dugin in foggia parafilosofica non appare troppo diversa dalla spietata ideologia tedesca che divinizzava il Reich nazionalsocialista e gli assegnava un costrittivo destino di guerra senza fine.

Lettore degli incolpevoli Canti di Maldoror (1868-‘69) del protosurrealista Lautréamont o del semiciarlatanesco Il mattino dei maghi (1960) degli occultisti Jacques Bergier e Louis Pauwels, Dugin riprova il liberalismo edonistico ma evita di riferirsi alla Russia degli oligarchi ipercapitalisti e alle nascoste seppure risapute ricchezze di Putin, di Kirill e dell’élite di arricchiti dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Nemico della globalizzazione attribuita all’imperialismo liberalista americano, ineffabile trasformista ideologico, Dugin, come non si dubitava, è un apologeta dell’antieuropeista Donald Trump, il presidente americano (2017-‘21) responsabile dell’assalto con fini di golpe a Capitol Hill (6 gennaio 2021), che tra i suoi propositi ha quello di annullare i rapporti dell’America con gli alleati sciogliendo la Nato, il Patto Atlantico (4 aprile 1949) dei dodici Paesi fondatori (tra cui l’Italia) per la cooperazione tra gli Stati membri. Col superamento dell’atlantismo, scopo di Trump è indebolire la difesa europea. Com’è della compagine di Trump l’avvio della persecuzione politico-giudiziaria, basata sulla legge Espionage Act del 1917, nei confronti dell’editore di WikiLeaks Julian Assange che denunciava la torture di Guantanamo.

Le idee duginiane cominciano a riscuotere l’attenzione degli ambienti reazionari sparsi nell’Europa e in un’Italia tempestata – dopo la missione russa del marzo 2020 di militari e medici, più spionistica che umanitaria, durante la pandemia covid – dalla campagna propagandistica del Cremlino che distoglie dal tema di un’aggressione ingiustificabile per indurre argomenti ‘altri’ che, rimuovendo la tragedia delle vittime, non condannerebbero il crimine di Putin… Innegabilmente, quella ucraina è una crisi che – scrive un conciliante Sergio Romano – “se non verrà affrontata, rischierà di dare fuoco all’intera Europa. […] Bisognerà anzitutto riconoscere la neutralità dell’Ucraina e poi affidare a un arbitro il compito di disegnare una nuova carta del Paese con qualche correzione territoriale che tenga conto della lingua maggiormente parlata nelle singole regioni” (“Corriere della sera”, 12 giugno 2022).

Alla caduta del Muro di Berlino (1989), segue la dissoluzione dell’Unione Sovietica (1991) con la cacciata di Mikhail Gorbaciov che, aperto all’Europa, poteva essere l’ideale continuatore del progetto eurocomunista-democratico berlingueriano. Un auspicio per l’autodeterminazione dei popoli è il suo appello al Plenum del Comitato centrale del Pcus (19-20 settembre 1989) dedicato al tema delle libertà nazionali: “Il complesso di misure previste dalla Perestrojka segna una nuova, importante tappa nell’esercizio del diritto della nazioni all’autodeterminazione. […] questo principio trova l’espressione ottimale nell’autogoverno, che assicura la tutela dell’identità nazionale, il diritto di ciascun popolo a godere di tutti i privilegi della sovranità, di risolvere autonomamente i problemi del proprio sviluppo: economici, politici e culturali”… Parole che alle orecchie d’un Putin risuonerebbero cacofoniche.

Marcata poco dopo la sua nascita (1922) dalla dittatura stalinista, l’Urss vede nel 1993 la presenza di Dugin tra i promotori d’un Partito Nazionale Bolscevico, beninteso di estrema destra, accogliente fascisti e postbolscevichi aspiranti a un neoimpero russo da spingere sino ai confini di Gibilterra. È rivolto a tale obiettivo il suo schematico ‘manifesto’ Fondamenti di Geopolitica (1997) a patrocinare l’annessione dell’Ucraina dopo aver sostenuto che l’influenza russa debba estendersi non solo in Lettonia Lituania Estonia, ma anche in Finlandia Romania Serbia Bosnia Grecia e Macedonia del Nord.

Nel 2001, Dugin fonda l’antiglobalista Partito Eurasia opposto alla politica Usa e perorante un’alleanza tra la Russia (“l’anima russa”), i popoli balcanici, l’Asia e le organizzazioni sanfediste musulmane. Collaborando con siti dell’ultradestra e contraddicendo il proprio medesimo principio della “sovranità nazionale”, persegue a esortare Putin a invadere l’Ucraina con obiettivo principale Kiev e l’obliterazione dei filo-occidentali ucraini. Vi s’associa un Medvedev, già prestanome di Putin alla presidenza della Federazione russa negli anni 2008-2012, che, nel giugno del 2022, su “Telegram”, estende il caso ucraino all’Europa dichiarando istericamente: “Gli europei, io li odio. Sono bastardi e degenerati. Vogliono la morte della Russia. E finché sarò vivo farò di tutto perché loro scompaiano”. Dmitrij Medvedev, un caso di confusionale psiconevrosi da guerra, “l’ometto basso con la testa grossa a capo dell’ufficio del presidente”, la Politkovskaja lo coglie in un’istantanea dove “si faceva il segno della croce portando la mano alla testa e ai genitali. Una scena ridicola” (La Russia di Putin, cit.).

Scene quotidiane di propaganda e persuasione sono, inoltre, quelle poste in atto dalla campagna di odio e frottole del giornalista e oligarca Vladimir Solov’ëv, quello delle inopinate ville sul lago di Como (un avamposto della Terza Roma?), che dalla televisione pubblica di Rossya 1 accusa quotidianamente insistentemente stolidamente di nazismo il giovane governo ucraino. In realtà, nell’Ucraina del presidente Zelensky (ebreo con parenti uccisi dai nazisti e vittime della Shoah), c’è per il nazifascismo meno spazio di quanto se ne permetta nei Paesi europei, in Russia e in America.

LA TERZA ROMA

Con il libro La grande guerra dei continenti, pubblicato a Mosca nel 1992, Dugin fenomenologizza fino al tenace delirio un’ineluttabile guerra prossima ventura fra Oriente e Occidente, con la Russia “potenza di terra” opposta all’occidentale “potenza di mare”: tellurocrazia contro talassocrazia, insomma. Per lui, non è vero che la Russia sia europea: non ne ha, a suo avviso, gli innecessari valori liberali. La Russia, che è l’Asia delle stirpi tartare, delle orde mongole e unne, rifiuta i Lumi progressisti, la tecnica, le scienze “demoniache” della chimica e della fisica; e insegue un’eternale “Terza Via” che passa dall’antica Roma per affermare un Caput eurasiatico ribattezzato, in assonanza con… Terzo Reich, Terza Roma (questo modulo è suggerito dal cinquecentesco monaco ortodosso Filoteo e dal non troppo distopico 1984 di George Orwell, romanzo che, pubblicato nel 1949, profetava un “neobolscevismo”). Impetra, Dugin, un impero scisso dal resto del mondo e governato da un leader assoluto che, in una bizzarra dialettica di ruminati controsensi, individua profeticamente nel Putin assurto a testimone d’una sintesi metareligiosa tra neobolscevismo e nazi-asiatismo.

(giugno/9 luglio, 2022)

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.