Amore e morte nella “Gerusalemme liberata”

Amore e morte nella “Gerusalemme liberata”

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di Francesco Sasso

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Tasso scrisse la Gerusalemme liberata, poema epico-religioso di venti canti in ottave, cui attese con particolare alacrità nel biennio 1573-75 a Ferrara. Finito che l’ebbe, lo sottopose al giudizio di alcuni dotti perché valutassero alla luce dell’ortodossia aristotelico-cattolica.

Alla Gerusalemme il Tasso si era preparato meditando a lungo sul genere epico e perciò la sua composizione, rigidamente ossequente alle norme letterarie, incornicia, per fortuna senza soffocarlo, ma certo disciplinandolo, il mondo delle sue fantasie. Omero e Virgilio gli fanno da modello: Rinaldo è l’Achille omerico nell’assedio di Gerusalemme, Goffredo arieggia il “pius Aeneas”, ma è contemporaneamente sovrano fra i prìncipi, come Agamennone, Rinaldo e Armidia richiamano Enea e Didone; ma non meno presenti erano al Tasso molti poeti medievali e rinascimentali e specialmente l’Ariosto.

Il poema è dedicato ad Alfonso II ed ha per argomento la prima crociata: i cristiani stringono ormai Gerusalemme così da vicino che il mago Idraote manda nel campo cristiano la bellissima nipote Armida per allontanare i migliori campioni. Molti eroi cadono nelle sue reti e l’esercito cristiano rischierebbe di soccombere se non intervenisse in suo aiuto l’arcangelo Michele e subito dopo non tornassero gli eroi che avevano seguito Armida; ma intanto Argante e Clorinda incendiano le macchine da guerra dei crociati e Tancredi, che uccide in duello senza riconoscerla la donna amata, Clorinda, pare perduto per la lotta. Inoltre la selva in cui i cristiani prendono la legna è incantata e la siccità li tortura: Goffredo disperato ha allora un sogno presago, da cui viene a sapere che ogni male sarà superato quando tornerà Rinaldo. Due guerrieri partono dunque in cerca dell’eroe, trattenuto dall’amore voluttuoso di Armida nelle isole Fortunate; lo riportano al campo, Gerusalemme viene presa d’assalto e il Sacro Sepolcro torna finalmente in mano cristiana.

Ci troviamo di fronte ad «un’opera in progresso, evolutiva, aperta: anzi, proprio l’indefinita apertura del processo compositivo della Gerusalemme, la quale al di là delle indicazioni di titolo e della stessa struttura narrativa venne pensata come poema praticamente infinito, suscettibile di variazione o “mutazione” con tale libertà che non consente più di distinguere la pluralità di redazioni distinte mettendo in crisi la stessa idea di testo originale e facendo di questo poema un caso-limite nella storia letteraria, non solo italiana» (1)

Nella sua opera il Tasso risolve il problema di comporre un poema eroico, che avesse però un argomento sacro in ossequio al rinnovato spirito religioso affermatosi con la Controriforma e la battaglia di Lepanto (1571). Tuttavia è indubitato che molti campioni del Tasso siano più cavalieri bretoni che eroi classici; il classicismo rimane la bella cornice nella quale vivono e lottano i giovani combattenti in perenne dissidio tra misticismo e umanità e nella quale continuamente palpita l’amore, che rimane l’elemento dominante dell’arte tassesca. Nella Liberata l’amore non è, come nel Furioso, una gioiosa e superficiale avventura dei sensi, né somiglia granché a quello cantato nella parentesi tutta naturalistica dell’Aminta: è un sentimento intimo e segreto, che scuote le radici dell’essere come forza oscura e fatale, la quale trae a vagheggiamenti voluttuosi e a fantasie languide e dolci, ma anche a presagi funesti in un clima di suspense, e nel chiuso ardore non dà gioia, bensì tristezza e un senso di sconfitta e di solitudine. Infatti fin dall’inizio del poema il famoso episodio di Olindo e Sofronia ferma l’attenzione del lettore sulla voluttuosa malinconia del giovane e sui soavi pensieri celesti della fanciulla, ma poi, a mano a mano che l’azione si svolge, l’amore di Tancredi per Clorinda, quello di Erminia per Tancredi, tutta la passione di Armidia e Rinaldo, tanto per ricordare gli episodi più noti, ci pongono davanti ad amori derivanti dal dolore, irrealizzabili come un sogno e condannati fin dall’inizio. Amore come condanna piuttosto che grazia. L’éros è al centro di un discorso altro rispetto al mondo della guerra: anche éros, però, nasce e si sviluppa come conflitto, come opposizione. Le due entità, amore e morte, si rincorrono. Nel poema abbiamo l’alternanza delle parti belliche, di quelle liriche-amorose, di quelle magico-meravigliose. È la retorica della variatio.

Nella Gerusalemme liberata la morte è macabra ritualità. In un crescendo ossessionante di sangue, di stragi, di cruda macelleria:

Così si combatteva, e ’n dubbia lance

co ’l timor le speranze eran sospese.

Pien tutto il campo è di spezzate lance,

di rotti scudi e di troncato arnese,

di spade a i petti, a le squarciate pance

altre confìtte, altre per terra stese,

di corpi, altri supini, altri co’ volti,

quasi mordendo il suolo, al suol rivolti.

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Giace il cavallo al suo signore appresso,

giace il compagno appo il compagno estinto,

giace il nemico appo il nemico, e spesso

su ’l morto il vivo, il vincitor su ’l vinto.

Non v’è silenzio e non v’è grido espresso,

ma odi un non so che roco e indistinto:

fremiti di furor, mormori d’ira,

gemiti di chi langue e di chi spira.

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L’arme, che già sì liete in vista foro,

faceano or mostra paventosa e mesta:

perduti ha i lampi il ferro, i raggi l’oro,

nulla vaghezza a i bei color più resta.

Quanto apparia d’adorno e di decoro

ne’ cimieri e ne’ fregi, or si calpesta;

la polve ingombra ciò ch’al sangue avanza,

tanto i campi mutata avean sembianza.

(XX, 50-52, pp. 633-34).

Quanto al sentimento morale della vita, non v’è chi non avverta la presenza sia nel clima generale della crociata, concepita come ineluttabile dovere, imperativo della coscienza cristiana, sia nell’intimo dei personaggi, dove spesso s’afferma dopo perplessità e contrasti che ben riflettono la tormentata psicologia tassesca.

La sentimentalità del Tasso pervade anche la natura, animandola d’una vita interiore che sottolinea e spesso dilata in cosmico respiro quella dei personaggi e s’accorda al variare delle situazioni. Il paesaggio della Liberata non ignora la solarità, e conosce anche le luci tenere e fresche dell’alba, ma in prevalenza è notturno, giacché la notte meglio s’intona allo spirito malinconico e sognante del poeta e delle sue creature.

Per concludere, come ci ricorda il Foscolo:

«Il grande obbiettivo del Tasso era di percorrere uno spazio limitato, di giustificare le deviazioni con la loro convenienza, di arrivare al suo scopo senza mai affanno, e d’essere tanto più rapido e ardente quanto più procedeva. I suoi primi canti ci guidano, gli altri ci impegnano a continuare, e gli ultimi ci trascinano. Dopo una sola lettura attenta, questo poema s’offre alla mente come un tempio greco di cui si veda l’insieme e non si richiede studio ulteriore per comprenderlo, ma solo per convincerci che l’artista, per perfezionare la sua opera fin nei minimi dettagli, ha voluto combinare costantemente lo studio al genio». (2)


NOTE

1) C. BOLOGNA, Tradizione testuale e fortuna dei classici italiani, in Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, VI. Teatro, musica, tradizione dei classici, Torino 1986, pp. 719 e 729. Dedicate al Tasso sono complessivamente le pp. 698-735, a cui si rinvia per una esaustiva ed aggiornata messa a punto, anche bibliografica, sui principali nodi della tradizione testuale tassiana.

2) U. FOSCOLO, Torquato Tasso: La Gerusalemme liberata, in ID., Storia della letteratura italiana per saggi, a cura di M. A. Manacorda, Torino 1979, p. 284.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.