Francesco Casales, L’invasione immaginata. Futuro, guerra e conflitto sociale in Europa, il Mulino («Studi e ricerche. Storia», 817), Bologna 2025, 172 pp., 19 €
di Luciano Curreri (UNIUPO)
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È un volume che si può leggere come il lavoro di uno storico della cultura che tratta di una particolare e «ampia serie di pubblicazioni che, tra il 1871 [l’anno del secondo Reich ma anche della Comune di Parigi] e il 1914 [l’avvio della Prima guerra mondiale], mise in scena l’invasione del proprio paese da parte di una forza militare ostile». Ma è anche un volume che si può leggere pensando al nostro tempo inquieto. All’origine di questa serie di pubblicazioni, infatti, c’è l’idea che «prima di essere dichiarata e combattuta, la [Grande] guerra era stata raccontata, e in ciò facendo resa concretamente immaginabile»: «Pubblicati a centinaia fino allo scoppio del conflitto, i romanzi dell’invasione si presentavano come racconti di anticipazione intesi a mettere in guardia i propri lettori rispetto allo stato di impreparazione delle forze armate nazionali, ma anche a delegittimare il sistema politico liberale, percepito come inadatto a preservare, o a conquistare, una posizione di preminenza internazionale per il proprio paese». Se questo non vi suona attuale, per non dire attualissimo, provate a seguire un po’ la politica europea – di molti stati europei – dei nostri giorni, e magari ricominciate, proprio con questo libro (e altri, ricordati dall’autore fin dalle battute iniziali dello stesso, di Lefebvre, Bourke, Corey), a riflettere sull’uso politico della paura come strumento di governo e sulla catena paradigmatica delle sue estese e contraddittorie narrazioni di largo consumo (popolare e ormai televiso, in rete et j’en passe) e operazioni di propaganda: «Nato per allertare il pubblico britannico spaventato dalle spinte espansionistiche del neonato Impero tedesco, il paradigma [dell’invasione] cominciò ben presto ad essere impiegato per mettere in guardia rispetto all’invasione inglese (in Germania, Francia e Stati Uniti), a quella francese (in Germania, Italia e Gran Bretagna), a quella russa (in Gran Bretagna e Germania), fino a comprendere al proprio interno nemici politici (anarchici, socialisti e feniani) e razziali (africani e asiatici soprattutto) intenzionati a sottomettere l’Europa o la razza bianca nella sua totalità» (e il termine «razza», precisa subito una nota, è usato «con esclusivo riferimento all’impiego che ne veniva fatto nel contesto di cui si discute»). Penso che nessuno abbia bisogno di un disegno, n’est-ce pas?
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