Il verso inverso n.11: Se mai c’è stato un giorno. Marina Minet, “Pianure d’obbedienza”

Marina Minet, Pianure d’obbedienza, Macabor Editore, 2023, pp.96, €13,00


di Francisco Soriano

.

Se si dovesse dare una immediata definizione alla silloge Pianure d’obbedienza, di Marina Minet, basterebbe forse dire che si tratta di un lungo cammino disseminato di bagliori, appena merlati da lacrime arginate come albe di novembre.

Non è poesia della solitudine, né del dolore, che delle ferite ne contempla la profondità e l’incurabilità. Infatti, la poetessa appare sempre protesa verso slanci spirituali, cristallini, e nella certezza così afferma nell’esordio alla silloge: Se mai c’è stato un giorno in cui non mi eri accanto / Signore io non lo ricordo / vi erano stanze allora, arse come grembi nei deserti.

In questa narrazione di eventi umanissimi, intrisi di umile dedizione alla causa degli ultimi e dei derelitti, la poetessa lamenta talvolta l’incapacità delle parole di contenere il gesto purificatore: la sublimazione a una spinta verticale attraverso l’esperienza quotidiana del sacrificio e della fede – commuove: Mancano i gradini freddi delle scale / salite insieme agli ultimi / la pelle che incarnano a santuario / baciata dalla polvere per troppa povertà / […] Mancano le tarme della croce […].

La guerra è il linguaggio degli uomini, la deriva si compie, la morte attraversa senza speranze. È proprio vero che il tempo è un malinteso e l’ulivo cresce alto, pianta di pace sfavillante alle luci del primo mattino, mentre l’usignolo sanguina vicino a Dio, dove la parola non è vana. Meritiamo davvero la croce di colui che fattosi uomo ci parla di amore fraterno?

Non tutto è perduto o incompreso o vilipeso; non può esserlo per chi detesta l’odio, per chi nel rimpianto e nella pena ritrova il pianto del perdono. La fede in Miret è parola che si sostanzia e la preghiera ne definisce i contorni: è dialogo intessuto con il Padre.

E non resta che donare un fiore all’inverno – fragile germoglio – ora spento nella vita, domani risorto, stringendo la certezza del ritorno. Infatti, non è vana la luce, oltre le contrade della sorte / che percorriamo muti; la speranza non si affievolisce neppure in quel deserto che gli uomini percorrono da millenni, torneranno le strade governate di giustizia. Certo che torneranno sempre i fiori! Sui crepacci, sulla cenere, nel tempo che per grazia / frammenta e poi solleva. Dunque le parole – vite feconde in cielo e in terra – da preservare a ogni sillaba perché un Dio è fra loro.

Niente bisogna essere. Alla stregua della costola di una colomba, della brughiera indifferente in pasto al vento, uguale all’acqua che disseta e che ignora / e delle bocche non conosce la parola. Incanto svelato dalla poesia, queste parole balzano nell’animo nostro, vibrano nei nostri polsi e mai si disperdono se restano vive nell’amore per la croce.

_____________________________

[Leggi tutti gli articoli di Francisco Soriano pubblicati su Retroguardia 3.0]

_____________________________

Qui tutte le puntate di “Il verso inverso”


Il curatore della rubrica è disponibile a leggere e recensire libri. Se desideri sottoporre il tuo libro per una recensione, ti preghiamo di inviarci una copia digitale in formato PDF o ePub all’indirizzo email della redazione [email protected]

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.