Matteo Collura, “Luigi Pirandello-Leonardo Sciascia. Una conversazione (im)possibile”

Matteo Collura, Luigi Pirandello-Leonardo Sciascia. Una conversazione (im)possibile, con un testo di Sciascia in occasione del cinquantenario della morte di Pirandello, Soveria Mannelli, Rubbettino (Quaderni di Regalpetra, 4), 2023 (settembre), 72 pp., 10 euro


di Luciano Curreri (UNIUPO)

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Quasi sulla scia delle famose interviste impossibili degli anni Settanta del Novecento e forse sullo sfondo di una conversazione critica ottocentesca in cui Francesco de Sanctis si metteva in scena e dialogava con un amico di Schopenhauer e Leopardi (1858), Matteo Collura (1945), scrittore e cultore delle lettere siciliane, fa incontrare e parlare Luigi Pirandello (1867-1936) e Leonardo Sciascia (1921-1989).

Certo, questi due grandi autori stanno in piedi da soli e sono, ben al di là dell’uso impossibile che certo romanzo fa degli scrittori più o meno di recente, personaggi e, ancor più, personaggi di e da teatro, per non banale predisposizione, direi, in virtù della quale la conversazione dei due diventa possibile, quasi fisicamente. Leonardo Sciascia cortese e garbato ma teso a provocare, a far venire fuori da Pirandello anche quello che si dice meno o di più dello stesso, ché dipende dai punti di vista (della critica letteraria e della Storia, e non solo). Pirandello, fremente, impaziente ma curioso, quindi disposto a dare e a dire quel che di più storicamente (e culturalmente) deprecabile poteva anche aver pensato e fatto, per non dire ‘commesso’. E siamo, ovviamente, al 1924, al fascismo, al rapimento e all’assassinio di Giacomo Matteotti: « – SCIASCIA: Lei, scusi, avrebbe voluto farne un mito di quell’uomo che aveva sulla coscienza la morte di Matteotti? Si ricorda questo nome: Matteotti?… – PIRANDELLO: Me lo ricordo benissimo! E mi ricordo benissimo che in ballo allora vi era anche la fine di un progetto politico pulsante, fremente di vita. La vita nel suo consistere, nel suo avverarsi… capisce? Per me era questo il fascismo… avrebbe dovuto esserlo!… Io… avrò sbagliato, lo ammetto, ma in Mussolini io vidi finalmente un anticonformista alla guida dell’Italia. Quell’uomo aveva fondato finalmente un partito tutto azione e poche discussioni. Così come io intendo la letteratura, in fin dei conti… fatta più di cose, d’azione che di parole… – SCIASCIA: Intendo quel che vuol dire, ma non trova che il suo teatro, al contrario, sia tutto di parola? – PIRANDELLO: Certo! Altrimenti non sarebbe teatro… Insomma, a me quello fascista sembrò il partito della vita. E lei ha detto bene: io lasciai quel mondo di matti nel 1936, nel pieno successo di quel partito… Ma… mi dica, com’era messo lei, col fascismo? – SCIASCIA: Beh, io sono nato cinquantaquattro anni dopo di lei, nel 1921, un anno prima della marcia su Roma… Una data per me fortunata, perché ho avuto il tempo di accorgermi degli errori degli altri… Non del suo, per carità… non mi permetterei, anche perché lei è un uomo dell’Ottocento… Sì, ha vissuto trentasei anni nel Novecento, ma – come ha già detto di se stesso – lei è un uomo dell’Ottocento… e l’Ottocento è lontano dalla mia generazione… Io, grazie a intellettuali e scrittori che nel Novecento mi hanno preceduto, ho potuto vaccinarmi contro quel male che loro presero in pieno. – PIRANDELLO: Vaccinato, ha detto. Ci si può vaccinare contro il destino? – SCIASCIA: In un cero senso sì. Veda, per me questo suo errore – mi perdoni se dico così… ma lo ripeto: il fascismo è stato anche l’errore dei migliori – per me è stato l’antidoto più efficace contro il fascismo… l’eterno, possibile fascismo italiano… – PIRANDELLO: Uhm… – SCIASCIA: Sì, l’eterno fascismo italiano… quello di cui lei ebbe l’audacia di ridere… Perché – è vero – lei nel 1924 chiese l’iscrizione al partito fascista, ma dieci anni dopo ebbe il coraggio di pubblicare la novella intitolata C’è qualcuno che ride… Io – e spero lei mi creda – ho sempre considerato e continuo a considerare quella risata, la prima risata sul fascismo della letteratura italiana. Quella risata è sua, Maestro, e nessuno gliela potrà mai togliere! La letteratura rimane, noi – chi prima chi dopo – usciamo di scena».

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Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.