Il verso inverso n.12: Errore cronologico

Errore cronologico


di Francisco Soriano

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In poesia abiurare in modo assoluto ai segni di interpunzione è pratica coraggiosa e non priva di inesorabili controindicazioni. Irene Sabetta con la sua scelta riesce a evocare uno stato d’animo di permanente e immediata relazione emotiva: inoltre ci consente una lettura senza ripieghi, intensificando i messaggi senza pause e sfidando il lettore in un battente ritmo che scorre su binari mai convenzionali alla forma grammaticale. Il coinvolgimento appare ben coordinato dalla necessità di interpretare ogni rivelazione in termini di parole e in assenza, ulteriore, di maiuscole che possano incasellarle in qualsivoglia categoria morfologica.

La poetessa conosce perfettamente i linguaggi che si basano su figure retoriche e metriche, e per questo si districa magistralmente in versi liberi in convivenza con assonanze, suoni e voci appena sussurrate dalle righe di una silloge solo in apparenza costruita sulla geometrica indifferenza del quotidiano.

Ad ogni modo, il suo lessico poetico è in modo insistente figlio del tempo, non si sottrae alla realtà e al vissuto, si inerpica lungo i sentieri di un futuro per qualcuno di noi neppure tanto enigmatico, probabilmente ben diretto verso una deriva elettronica dagli esiti abbastanza prevedibili per la poesia, invincibile rupe sui marosi del Nulla.

Sublime, Irene Sabetta quando si immerge nel femminile avvolgente connotato da profondo ideale poetico: qualcosa si muoveva / tra i cespugli del sottobosco / la consapevolezza del non oltre / dissetava a piccole stille / il nostro domani. Non si sfugge al mistero, né con parabole, paranoiche ossessioni, neppure con gli arcani narrati in testi che si plasmano sulla ineluttabile infelicità della storia, degli avvenimenti tragici, della miseria umana: non abbiamo udito / che imprecazioni / di soldati nudi / polvere e sabbia / nel fonte battesimale / oltre la soglia / della basilica ipogea / al largo / annegano i già morti.

Come in musica, con uno stesso riconoscibile movimento, la poetessa sospende il lettore in una immagine/metafora che intende ricostruire un nuovo inizio, laddove già in attesa dei tempi che la poesia da sempre ci impone, torneranno infiniti / i giochi fra i sassi / a colpi di coda / fermi e distesi / senza fare rumore / aspettiamo anche noi / che ricresca la fine.

Nei sogniloqui, spazio della raccolta ben distinto dal precedente, si srotolano in forma prosodica versi ironici su tematiche di tipo sociale, chiaramente vissute come distopie in termini di alcuni valori non più solidalmente condivisi.

Irene Sabetta ricorda il nostro esistere come un campo minato, fra dubbi amletici e certezze alla luce del sole: è l’arcano in questo mondo che domina le nostre vite. Che sia un architetto del labirinto che avanza con i serpenti nelle mani, o una nave costruita per naufragare, la poesia assolve al suo antico intonso merito, sintesi ultima e indelebile frutto colto nell’unico confronto possibile: ci avverte del nostro essere umani.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.