Leggendo Per cosa si uccide di Gianni Biondillo, pubblicato da Guanda nel 2004, si noterà subito una cosa: omicidi ed enigmi vi sono ammessi, purché in piccolo formato e solo come pretesti narrativi. Infatti, a mio parere, lo scrittore milanese non imbastisce schemi narrativi studiatamente congegnati, bensì s’impegna “sentimentalmente” per ritrarre l’anima di una città (Milano), di un quartiere (Quarto Oggiaro) e dei suoi abitanti.
In questo romanzo, il primo di Biondillo, si vede l’ispettore Ferraro, singolare poliziotto dalla dubbia vocazione e dalle ancor più dubbie capacità, indagare su una serie di casi: un cane sgozzato su un terrazzo, la vicenda del morto buttato giù dal cavalcavia, e poi quello della banda dei supermercati, per concludersi con la storia più lunga che si apre con l’assassinio di una bidella che è nel giro del contrabbando.
Attraverso l’humour, Biondillo descrive una Milano attraversata da follie innocue e passioni non del tutto lecite. Un mondo esente da grandi gesta e da grandi cause.Ciò vale anche per i personaggi dei racconti, vitali e divertenti; e per lo stile, così leggero e vivace.
Va detto: l’intero primo racconto (Estate) e lo scioglimento della trama di tutte le storie sono, a mio parere, due punti deboli del libro.
[Gianni Biondillo, Per cosa si uccide, Ed. Guanda, 2004, pag. 283, Euro 14,50]
f.s.