“Il wu wei e la forza politica del dire poetico”, postfazione di Sonia Caporossi

Il wu wei e la forza politica del dire poetico


di Sonia Caporossi

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Nella filosofia taoista, la parola wu si traduce pressappoco come “non avere”, mentre wei assume il significato di “azione”. Un tale sintagma trasmette, quindi, il senso profondo dell’agire senza agire, modus tipicamente orientale che va ben oltre il semplice concetto ellenistico della contemplazione del saggio. Questa azione inagita comporta, infatti, un rifiuto intrinseco della violenza e della sopraffazione che si manifesta con profondità, grazia e decoro prive della smodatezza aggressiva dell’agire pratico, tipico invece di noi occidentali.

Il wu wei è un agire puro, che risponde al precetto pienamente taoista del “compiere senza perché”, come spiega Niccolò Branca: “l’agire non-agendo è un agire che esce dall’io, dalla dimensione della nostra humanitas. Non è autoperfezionamento solipsistico: non è una crescita singolare di spiritualità”. Il wu wei è fuori dalla dimensione dell’hybris, del prometeismo, del titanismo, del bisogno di vincere” 1. È, quindi, uno stato di grazia mentale che ci sottrae dal desiderio smodato di autoaffermazione e di possesso e dalla violenza conseguente, perpetrata a danno del prossimo, ma è anche da considerarsi come una dimensione non privata, bensì pubblica, collettiva. L’agire non agito richiama una condizione di purezza primigenia che riconduce all’infanzia, ovvero al cuore puro dei poeti, e quindi alla fondamentale funzione pubblica della poesia, sorta assieme al proprio status di oralità. È questo il motivo principale per il quale gli ideatori e i curatori del volume hanno utilizzato la formula espressiva della recitazione a viva voce esplicitando, così, i propri intenti e le proprie convinzioni ideologiche e filosofiche.

Dal vasto florilegio raccolto da Antonino Contiliano con la preziosa collaborazione di Fabiola Filardo, emerge un senso di pervadente compostezza e fermezza nella denuncia del male che corrompe la Storia. Non è un caso che la selezione abbracci quasi tutta l’epopea poetica dell’umanità, a cominciare da Archiloco, poeta del VII secolo, epoca in cui le prime leggi scritte di Dracone, di fatto, sancirono la nascita del diritto penale; fino ad arrivare all’uomo del nostro tempo di ascendenza quasimodiana, corrispondente a una concrezione di natura e cultura, di razionalità e irrazionalismo perpetuamente in lotta tra loro, marchiati dallo stigma ineliminabile della fallibilità decisionale e della follia che conduce gli esseri umani, troppo spesso, al disaccordo e alla guerra.

La poesia contiene, in sé, le qualità determinative di un tale atteggiamento autopercettivo che apre l’orizzonte a infinite possibilità palingenetiche. I molti autori ultracontemporanei viventi che hanno risposto alla chiamata hanno realizzato un lavoro corale fatto di abnegazione e di denuncia: abnegazione, perché quando la poesia chiama, bisogna necessariamente rispondere; denuncia, perché, indipendentemente dalla propria predisposizione personale, l’insieme che ne è emerso risulta dotato di una coesione interna così stringente da sommare le varie voci in un unico coro di condanna nei confronti della violenza e della guerra; coro privo, tuttavia, di qualsivoglia patina di perbenismo e buonismo d’accatto. Non possiamo, infatti, pensare il conflitto in altra maniera che in termini eraclitei.

Per Eraclito, “il conflitto è padre di tutte le cose”, ma per il filosofo efesino esso va inteso in senso positivo, come processo dialettico che mette in moto la natura delle cose stesse. In questo senso, certo, il momento della negatività assume un valore dinamico in qualsivoglia considerazione Περί Φύσεως. Tuttavia, la natura umana ha bisogno, per poter determinare la presa di coscienza della propria corruttibilità, di un atteggiamento di apertura che sottintende, alla propria origine, la disposizione all’autoanalisi e la predisposizione al mettersi in gioco. Allora, se il conflitto è proprio della natura umana, è anche profondamente umano il processo dell’autoconoscenza, giacché, sempre con Eraclito, “il carattere dell’uomo è il suo destino”. Il nostro impegno di poeti è, quindi, scrivere poesia come forma di conoscenza; e se, fuori dalla metafora platonica, conoscere è ricordare, se la memoria è atto di esposizione storica del nudo verumfactum, allora la scrittura poetica, permettendo la conoscenza profonda dell’agire umano, ne consente anche un’ermeneusi compiuta.

Ecco perché la critica della Storia svolta in termini poetici, nell’agire non agito del wu wei, altro non può essere che un atto politico perpetrato, con forza e coraggio, contro gli abusi e la sopraffazione dell’uomo sull’uomo, da qualsiasi parte esse provengano. A questo, in fondo, serve la poesia, perché è in ciò che risiede il suo intrinseco, fecondo progressismo.


1 In Non violenza e giustizia nei testi sacri delle religioni orientali, Atti del convegno della Facoltà di Lettere dell’Università di Pisa, 24-26 maggio 1995, a cura di Caterina Conio e Donatella Dolcini, Pisa, Giardini editori, 1999.


Dal 6 aprile 2022 al 16 aprile 2023, Antonino Contiliano e Fabiola Filardo hanno curato 65 podcast di poesie contro la guerra in Ucraina.


Qui l’ebook Il wu wei della poesia contro le guerre in formato pdf

 


I podcast sono disponibili sulla nostra rivista e sui canali Youtube e Spotify


Nomi dei poeti

Poeti viventi, invitati e partecipanti
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1. Aldo Gerbino
2. Annamaria Ferramosca
3. Antonino Contiliano
4. Eugenio Lucrezi
5. Flora Restivo
6. Francesca Incandela
7. Francesco Muzzioli
8. Francisco Soriano
9. Giorgio Moio
10. Giovanni Commare
11. Giovanni Fontana
12. Giulia Sottile
13. Lucio Zinna
14. Marco Palladini
15. Marco Scalabrino
16. Mario Grasso
17. Massimo Mori
18. Natalia Paci
19. Oronzo Liuzzi
20. Paolo Messina
21. Sonia Caporossi
22. Stefano Lanuzza
23. Steli Contiliano
24. Tommaso Romano
25. Antonella Doria
26. Rosalia Silvia
27. Nadia Cavalera
28. Maria Laura Valente
29. Giovanni Lombardo
30. Antje Stehn


Poeti scelti (non viventi)
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1. Archiloco
2. Bertolt Brecht,
3. Charl Baudelaire
4. Crescenzio Cane
5. Edgar Lee Masters
6. Edoardo Sanguineti
7. Emilio Piccolo
8. Emily Dickinson
9. Filippo Tommaso Marinetti
10. Gianmario Lucini
11. Gianni Diecidue
12. Giuseppe Panella
13. Giuseppe Ungaretti,
14. Ignazio Buttitta
15. Jacques Prevert
16. Mario Lunetta,
17. Nat Scammacca
18. Orazio
19. Primo Levi
20. Rolando Certa
21. Salvatore Quasimodo,
22. Santo Calì
23. Umberto Saba
24. Vladimir Majakovskij
25. William Ernest Henley
26. William Shakespeare
27. Edoardo Cacciatore
28) Antonio Porta
29) Emily Dickinson
30) Luca Rosi


Angolo di autori e testi non necessariamente poetici:

1) Francesco Vinci


Qui: https://retroguardia.net/podcast/

 

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.