Daniela Shalom Vagata, L’Inno alle Grazie di Ugo Foscolo, Firenze, Olschki (Biblioteca dell’«Archivum Romanicum», 523), 2023, 322 pp., € 39
di Luciano Curreri (UNIUPO)
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È un volume ricco di gratitudine quello che Daniela Shalom Vagata dedica a L’Inno alle Grazie di Ugo Foscolo, e di poesia. Non solo perché si prende cura della «non finita» lirica foscoliana dedicata alle tre dee, ma perché, nell’informata e densa Introduzione, nelle diverse Note e nei commenti alla Prima redazione dell’Inno e alla Seconda redazione e nella ricca Bibliografia, tenta un’idea di critica che sposa, se posso permettermi, quell’«idea di Amore» che è anche Armonia e «armonia dissonante» (Neppi), armonia del mondo (Spitzer) e letterario «simbolo dell’intera gamma dei sentimenti umani», immaginario mai ‘domo’ e fugace, metamorfico per definizione, e quindi affrontato, fin dalle prime pagine, con «brevi digressioni», con «alcune considerazioni» e con quella prosa che non si esplicita soltanto nei Ringraziamenti: «Orologi, scrivanie, tavoli e orizzonti. C’è una storia che non è solo la mia, ma che è anche quella dei tavoli e delle scrivanie che mi hanno accompagnata nella stesura di queste pagine, e degli orizzonti sui quali la mia attenzione di tanto in tanto si fermava».
È l’idea di un lavoro condiviso con il mondo, oltre che con l’Accademia e i numerosi critici citati e ringraziati, dal maestro, Emilio Pasquini, scomparso nel 2020, cui il libro è dedicato, ad Arnaldo Bruni, da Gianni Venturi a Franco Longoni… È un work in progress critico che sposa il lirico opus in fieri di Foscolo. Non è un caso che a inizio volume si possano leggere passi come i seguenti: «Considerare Le Grazie come un work in progress autorizza a pensare ogni singolo frammento o fase compositiva come autonoma e di pari valore nella propria insita e dinamica labilità. Emergono alcune similitudini: che i versi delle Grazie vivano la stessa vita breve dei fiori, e che s’illuminino fugacemente come fuochi di bengala per subito ricadere nel buio dell’informe. Ma forse l’immagine più pertinente, che condensa il senso della provvisorietà delle Grazie, è quella di un continuo approssimarsi a un oggetto ideale ma sfuggevole, nel quale il senso tangibile di compiutezza si trova soltanto in alcuni quadri, esiti acquisiti che si conservano nello svolgersi della creazione […] Se si volessero racchiudere in un’immagine i miti elaborati da Foscolo nella poesia delle Grazie, non potrei che scegliere quella di una struttura cristallina, un prisma dalle numerose sfaccettature sulle quali gradualmente sono incise le immagini e le storie relative alle tre dee».
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