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Beppe Fenoglio (1922-1963) non mostra alcun interesse per le istanze sociali, e tanto meno per le motivazioni ideologiche della lotta di liberazione: essa si identifica, per lui, nella guerra partigiana, e quest’ultima a sua volta gli si rappresenta come avventura esistenziale, come esemplare occasionale di conoscenza, come sfida con se stessi, come scommessa sulle proprie qualità.
Ne I ventitré giorni della città di Alba il respiro è più corale. I partigiani di Fenoglio non si comportano come messaggeri di verità assolute, né incarnano il mito dell’eroismo proteso a nuove aurore della storia: sono esseri comuni, legati ad una cronaca senza epoca. Magnifiche pagine quando lo scrittore si sofferma ad analizzare la condizione psicologica turbata dal dubbio o stretta dall’orrore.
Una questione privata– da Calvino considerato <<il libro che la nostra generazione voleva fare>>. Esso costituisce una “saga” partigiana dello scrittore piemontese. La figura centrale è Milton sopraffatto dal sentimento d’amore che lo porta alla fanciulla da lui amata, che ora è sparita, per frugare nel passato di lei e sapere quale parte abbia avuto nella sua vita, mette in moto un meccanismo di disperata ansietà. Opera intensa.
Ma ne scriverò nei prossimi giorni, riportando le parole di alcuni grandi critici.
[Beppe Fenoglio, Una questione privata- I ventitré giorni della città di Alba, Einaudi, 1990, p. 330, euro 9,30]
f.s.