Tra le pieghe de versi “Fuori-casa” la poesia di Alessandro Cardinale

Alessandro Cardinale, Fuori-casa (Poesie 2012-2017), Ensemble, Roma, 2021, pp. 46, € 10

_____________________________

di Antonino Contiliano

.

«Fuori-casa (Poesie tra il 2012 e il 2017)», Ensemble, Roma, 2021, pp. 46, € 10, è una raccolta di trenta poesie di Alessandro Cardinale. Il libro, in appendice, è corredato da una nota per la traduzione dei termini “idiolettici” in lingua italiana standard). Le poesie (in genere) non hanno un titolo, e tuttavia c’è il titolo che tematizza sé stesso come la poesia dei “Senza titolo”. Ogni poesia è un punto singolare. Il loro raccordo è una congiunzione – direbbe Gilles Deleuze – disgiunta, se non (per una memoria analogica foucaultiana) anche una poesia che informa e testimonia di vite oscure (forse la coincidenza non è casuale). Vite, nello specifico, di duro e invisibile lavoro alienato e alienante: «vado a lavoro e da lavoro vengo”. Un movimento di andata e ritorno pendolare (fabbriche, cantieri o altri luoghi chiusi …) “qualunque” degli individui tenuti allo scuro delle statistiche di vite astratte, senza notorietà: “La vita degli uomini infami”. L’esistenza degli uomini che Michel Foucault, spulciando tra gli atti amministrativi della polizia, degli ospedali … dei luoghi chiusi, annota prelevando le stesse scarne e devitalizzate righe scritte e depositate negli archivi. Gli archivi di «Fuori-casa (Poesie tra il 2012 e il 2017)» sono invece i circuiti dei luoghi lavorativi e le indicazioni sottese e/o esplicite che il poeta Alessandro Cardinale sintetizza nell’essenzialità poetica di quattro versi del “vado a lavoro e da lavoro vengo» delle poesie senza titolo. Il lavoro, fra l’altro, di ieri o di oggi, e colto nelle diverse configurazioni, è il collante unitario di questa raccolta. La disgiunzione differenziale, infatti, è individuata sia come tipo di lavoro sia come morfologia e “topologia” linguistica: il contadino/la contadina (in campagna: “Auf dem Land”); il supermercato, la fabbrica (“Irisbus” del gruppo Fiat), il dipendente di “Amazon” che non può scioperare, il nomadismo dei migranti o dei nuovi dannati del mare e della terra (Ibrahim Gouem, il migrante che si è suicidato il 23 Gennaio 2014 a Frigento/AV), l’“Isochimica” di Avellino e l’amianto, gli emarginati “flaschensammeln” in Germania (o raccoglitori di bottiglie vuote per strada o tra i rifiuti per guadagnare di che non morire). Poesia di vita di soggetti “in-fami” (vite oscure, prive di pubblica e patinata notorietà); esistenze di stenti e condannate all’arido giro dell’orologio e del calendario del sistema-potere che esclude ma sfrutta e disumanizza). Vite di cui puoi dire solo se hai visto/vissuto, o se qualcuno va a spulciare fra le note che hai visto, sentito dire e raccontare intrecciando le fila.

Poesia di intreccio e piega di ripetizione e differenze, quella del “Fuori-casa” di Cardinale. La ripetizione e le differenze del ‘movimento’– vado-vengo. Il movimento che si piega, dispiega e ripiega come in tutti e quattro i versi di cui si compone ogni testo (senza titolo o col titolo) di Alessandro Cardinale. Il movimento della piega è quello che, al poeta Cardinale, permette di interiorizzare poeticamente il “Fuori” raddoppiandolo come il ritmato e il pausato di un soggetto che lavora il verso tra l’eliso e l’ellisse del pronome ‘Io’, o affidandosi al collettivo ‘ci’ (“La Birra, Maurizio, è buona diversa, / ma non ci ubriachiamo, beviam nelle pause; /abbiamo finito oggi appena una cassa / ma sai siamo in 4 e tiriamo su case.”). È il ‘ci’ del “noi” (la prima persona plurale) che rende prossimo il ‘tu’ e il ‘voi’ e anche, perché no, ‘loro’ (l’escluso lontano ma prossimità sociale assoggettata) come se i pronomi, nella metafora delle curve ondulatorie, fossero ciascuno il dentro del fuori e il fuori del dentro (il nastro di Möbius che, pur bidimensionale, si fa presenza di una sola faccia).

Ma della poesia di questa raccolta, efficace anche per curata sonometria, va attenzionata anche la ricchezza informativo-comunicativa della forma verbo-espressiva; la forma espressiva che catalizza e amalgama il lessico dia-lettico di varia estrazione socio-geografico, e politica. Un segno, questo, che “Fuori-casa” dà per dirsi di denuncia e battaglia avversativa. Una ribellione che, tra inclusioni ed esclusioni, si scaglia contro il governo dello sfruttamento e dell’oppressione del sistema-mondo capitalistico e, in generale, dell’emarginazione governata con dovizia organizzativa. Un segno del polemos, questo, che il poeta del “Fuori-casa” (non c’è dubbio sull’attribuzione!) affida alla punteggiatura e insieme al ritmo degli accenti (ora veloci, ora meno veloci e lenti, gravi); o, come è proprio del linguaggio poetico, anche alla polisemia lessicale e agli stessi ‘parallelismi’ della costruzione testuale che danno struttura unitaria a tutti i testi della stessa raccolta.

Marsala, marzo 2021

______________________________

[Leggi tutti gli articoli di Antonino Contiliano pubblicati su Retroguardia 2.0]

______________________________

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.