SUL TAMBURO n.55: Roberto Lasco, “Frammenti lirici”

Roberto Lasco, Frammenti lirici, Lecce, Youcanprint Self Publishing, 2016

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di Giuseppe Panella

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L’esordio poetico di Roberto Lasco è classico e temperato – i suoi Frammenti lirici testimoniano un afflato riflessivo e sentimentale non indifferente. I temi che Lasco tocca e approfondisce sono legati alla tradizione lirica italiana – come lo stesso titolo della raccolta intende testimoniare – ma nella sua scrittura non mancano novità di un certo pregio e rilievo:

«Vivere. Agitato, riordino il caldo sapore / dell’esistenza. / Succede che l’attimo è sfuggente / perché coglie l’essenza, / che compare misera e stanca / in compagnie estetiche. / Libero le ali consumate / dal veleno del tempo, / che corre per anelare / sicuro dell’impeto / che mi trascina leggiadro / fra mete incantate. / Il vivere per il vivere / s’atrofizza in distese d’immenso, / quasi a significare che il vago / ha conquistato l’essere. / Echi lontani, dispersi nell’aria / rivelano l’intimo gioire / di chi pensa che tutto s’ottiene / senza il plauso dell’infamia. / Giardini sommersi appaiono / come scene di un teatro che / ha perso splendore perché svilito / dalla coltre della saggezza» (p. 18).

“Vivere per vivere” è la risposta all’infinito protrarsi dell’attesa di fronte alla difficoltà a selezionare e a catalogare il tutto, all’impossibilità di dargli un senso. Il “caldo sapore dell’esistenza” è quello che la poesia deve recuperare, ritrovare, riassaporare e far rilucere nel limbo traslucido della coscienza. La scrittura poetica si pone il compito, difficile e meraviglioso, di librarsi nel cielo terso e lucido di ciò che è destinato a durare, liberandosi dal “veleno del tempo”. Infatti, la bellezza del mondo si dispiega in tutto il suo fulgore nel tempo senza tempo che costituisce il teatro della vita resa purificata dalla forza della parola del verso.

«Limiti estremi. Riduco all’inverosimile / il labile confine dell’infinito. / Odo il sinistro sibilo del vento / infrangere la maestà dell’immenso. / Nuovi e freschi ricordi / s’inebriano nel fluire tempestoso / d’un mare trasparente e puro, / che sembra confondersi / alla luce dell’aurora. / Atmosfere remote s’involano, / librandosi nell’etere evanescente, / ancor prima d’imbattersi / nel limite insuperabile / di una sempiterna passione» (p. 75).

Nel condizionamento del limite e nella sua accettazione come necessità dello spirito, la poesia trova la propria verità e la propria possibilità di esprimersi al meglio. L’aspirazione all’infinito scandisce la ricerca lirica ma solo nella comprensione delle proprie potenzialità oggettive consiste la sostanza della sua effettiva verifica espressiva. Lasco prova a coniugare saggezza del vivere e afflato lirico riconducendo nell’ambito del suo verso tutte le possibili gamme di appartenenza al mondo che è in grado di utilizzare e di condividere. Il suo progetto di versificazione lo porta a privilegiare il metro libero rispetto alle forme più codificate di metrica tradizionale ma l’impatto della sua poesia esce amplificato e come liberato dalla sua volontà di spaziare su temi e snodi esistenziali (e culturali) i più diversi. Ne è esempio importante, ad es., questo suo:

«Ritratto d’autore. In un treno che conduce / tra indefinite prospettive, / la calma sembra affrettarsi / per appagare l’attimo che fugge. / In me vibra l’estro armonico / di un mondo che ripete limiti / d’irreparabile squilibrio. / Soltanto il carteggio di un’arte libera, / manipola il coraggio / di chi in fondo lotta / per saziarsi del saporoso credo, / misto ad una incessante forza, / che penetra fin entro le membra. / In un monologo che si introduce / quasi come una brezza, / il dolce segreto dell’anima / minaccia il calante ritmo / di una vita sempre in cerca / di un giorno che passa» (p. 25).

Il termine frammento, allora, non si addice alla scrittura di Lasco (lo sostiene egregiamente anche il bravo prefatore Giuseppe Centore nel breve ma denso scritto che precede e introduce la raccolta) ma vuole indicare la sua propensione a frammentare la scrittura lirica e a rendere per lumi sparsi e per assonanze timbrico-ritmiche la sua proposta di poeta.

L’autore, infatti, descritto nel testo riportato sopra, coltiva l’idea di una “calma” che “sembra affrettarsi” – un ossimoro che individua nella poesia la sede della riflessione e del pensiero ma, nello stesso tempo, induce a rendere vorticoso il ritmo dell’anima (“l’arte libera” come punto di riferimento dell’attività creativa in grado di dare forza all’ispirazione lirica) per condurre a pratiche di liberazione della coscienza.

Con Frammenti lirici siamo, allora, in presenza di una proposta poetica che tende a rendere caleidoscopica l’anima del poeta e a trovare nella sua “calma” lirica la forza ispiratrice per evitare quel “calante ritmo” che impedisce alla vita di essere adeguata alle sue esigenze di verità e di respiro. Poesia non come maestra di conoscenza, dunque, ma come magistra vitae.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.