SUL TAMBURO n.49: Adam Vaccaro, “Seeds (Semi)”

Adam Vaccaro, Seeds (Semi), selected, edited, translated and Introduced by Sean Mark, New York, Chelsea Editions, 2014

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di Giuseppe Panella

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Da molti anni, Adam Vaccaro conduce una ricerca attenta, sofisticata e puntuale su un’idea di poesia che lo contraddistingue e alla quale si è consacrato con risultati eccellenti: da La vita nonostante (Milano, Studio d’autore, 1978) a La casa sospesa (Novi Ligure (AL), Joker, 2003) la sua attenzione di poeta è stata concentrata su una serie di nozioni teorico-psicologico-esistenziali culminanti nell’idea di adiacenza poetica, idea che presuppone la condivisione espressiva di sentimenti ed esperienze che si fanno realtà concreta nel momento in cui vengono trasformate in parola viva e senza ulteriori mediazioni. Al centro del pensiero poetico di Vaccaro, allora, si trova questa nozione-chiave che indica la condivisione di una tendenza, di una capacità di cogliere le radici di ciò che è presente senza sterili tradizionalismi o rivendicazioni del passato ma alla luce di un impegno di redenzione del futuro. Scrive Sean Mark nella sua utilissima introduzione alla raccolta, un saggio dal titolo emblematico di “Accendere segni”. Sulla poesia di Adam Vaccaro:

«Spendiamo qui qualche parola per spiegare un concetto chiave della poeta vaccariana, quello dell’“adiacenza”. Rinunciando alla pretesa di un’adesione stringente alla Cosa (evento, esperienza o oggetto d’indagine filosofica che sia), la parola poetica può solo aspirare a collocarsi nella sua prossimità (ad-jacere), e da questa prossimità ne può raccogliere le sensazioni, percezioni ed immagini che, insieme, costituiscono la nostra esperienza di mondo. Atmosfere, suoni, parole, fonemi e il linguaggio, anche scarno e frammentato, tendono ad approssimarsi il più possibile all’evocare la Cosa, o un particolare paesaggio, scenario o esperienza: adiacenze che colgono una molteplicità di percezioni» (p. 12).

Das Ding, termine filosofico di derivazione heideggeriana poi trasportato nel lessico psicoanalico attraverso la mediazione di Jacques Lacan, indica l’”oggetto” che non si può mai cogliere compiutamente, una sorta di “cosa in sé” kantiana ma non metafisica quanto sfuggente e indefinita rispetto alla presa materiale dell’esperienza esistenziale, ciò che si insegue lungo tutto l’arco della propria vita intellettuale e non e che non è mai possibile raggiungere una volta per sempre, de-finendola, infatti, in maniera compiuta. Das Ding è ciò che non si può raggiungere direttamente ma che può essere solo aggirato e colto di sbieco, individuato come un elemento fondamentale della vita ma mai archiviato e archiviabile, mai colto nella totalità e ampiezza del suo essere. L’”adiacenza” teorizzata da Adam Vaccaro è, quindi, questa approssimazione per verba, questo dire frammentato, questo sospetto di esistenza, questa allusione alla verità: è un’esperienza di vita che si fa parole e sostanza di esse come indicazioni di un mondo a venire.

«Vaccaro insegue un’espressione sensuale che sia, insieme, corale e umana – il suo linguaggio è fatto di emozioni, risonanze etiche e reminiscenze, con lo sguardo fisso sul sé e sul mondo, di cui la poesia diventa spazio condiviso, fornendone così momenti di comunione e superando l’alienazione della voce solitaria, che si muta in canto» (ibidem).

aggiunge Sean Mark nella sua nota introduttiva.
La poesia di Vaccaro, quindi, rappresenta un tentativo di accostamento all’umano attraverso la potenza di un verso che, però, non vuole essere epico o totalizzante ma soltanto accorato, frantumato, sensuale, umanamente proteso verso il sogno: la sua poesia si manifesta come una possibilità di raccolto futuro, come la capacità di produrre dei semi che daranno i propri frutti migliori soltanto in seguito. Per ora basta che i suoi versi preludano alle loro potenzialità future e che si pongano per questo nell’ “adiacenza” della loro rappresentazione. Per questo motivo, scrivere non è soltanto l’espressione o l’espansione di un Io singolo ma il tentativo di fusione di una soggettività con tante altre simili ad essa in modo da rappresentarne i desideri e le emozioni in maniera generale e il più possibile collettiva:

«Che sia questo un piccolo graal / simile a un seme che può forse / aprirsi e vendicarsi della morte // del male stupido che ci invade / e delegittima la vita quale / gazzella dall’occhio attento che // si abbevera al ruscello e ascolta / rumori di foglie secche e vento / convinto di tenere a bada così // i pericoli che incombono e come occhi silenziosi e / non visti di ragno tessono» (p. 20).

Il “seme” che produrrà nuova vita una volta perdutosi nel terreno arato della fecondità della Natura è metafora qui abbastanza trasparente della pratica poetica. Per Vaccaro lo scopo della poesia sembrerebbe essere vicino a quello della fecondazione (il contrario della morte) e realizzare così l’aspirazione dell’amore (la”gazzella dall’occhio attento” che rimanda all’animale sensuale che domina nella poeticità eotica del Cantico dei Cantici). La poesia vigila e intessa la sua tela di ragno in cui invischiare e far cadere la vita liberandola dal pericolo mortale dell’inganno.
Vaccaro lascia cadere i “semi” dell’esistenza come progetti di riscatto del futuro e cerca di trarre dalle parole la loro densità esistenziale, la loro verità:

«Il succo. Il succo di questo nostro esistere / che tenta a volte slabbrato / il salto sgangherato e fulgido / di tradurre tutto / il suo dritto e il suo rovescio / in parole dal sapore / di zucchero e sale / completamente dentro e / completamente fuori – così / dolce da stordirci e / salato da spaccare le labbra / nel vento del deserto / che spinge senza tregua / a proseguire» (p. 102).

E’ un esempio ben riuscito di “adiacenza” questo – dove il rapporto con il mondo viene giocato tra sapori distanti eppur complementari, tra un’idea di felicità a venire e un’altra, eguale e contraria nella forza propulsiva, di amarezza e di salina rinuncia a sperare.
Il “succo” della vita è anch’esso la metafora della poesia come possibilità di una comprensione generale della vita e del suo fluire, con tutte le sue caratteristiche negative (“l’amaro” del sale) e quelle positive (“il dolce” del piacere vissuto) e la sua inevitabile conclusione nel divenire inarrestabile del Tempo (“il vento del deserto”). Ma quello che colpisce è “il salto sgangherato e fulgido”) del tentativo di “tradurre tutto”, l’ipotesi che sorregge la poesia e gli permette di cimentarsi con la dimensione proibitiva del comprendere la verità del mondo.
Il “succo” della poesia di Vaccaro si ritrova in testi con questa stessa struttura compositiva o o come le liriche in cui dal ricordo e al rimescolio del passato remoto (“non sapeva peppino quel mattino / prersto di novembre – statua di pietra sulla valigia / dove il treno e il destino / dal Sud avrebbero fatto un punto… “– p. 28) si passa all’elaborazione del futuro remoto (“ Quel Quid immerso nel caos-cosa dell’universo / non è nascosto tra le mani del mondo né è sogno / che l’umile amore di una Rita o un Francesco può / scovare e tantomeno un frutto di risaltante risultato / da stringenti somme divisioni e altre operazioni / della folgore geniale di un folle scienziato. Quel / Quid che non torna rimarrà un esule introvabile / a consolazione dell’infimo e dell’immenso – p. 160).
Il confronto con il Tempo, dunque, attraversa tutto il volume di Vaccaro e non potrebbe essere altrimenti dato che i semi della vita maturano temporalmente e si disseminano e si dissolvono nel corso di ogni esistenza. Provandosi a coniugare le proprie riflessioni sul passato (suo e di unagenerazione e di un luogo antico e mai scomparso nelle rovine del senso) e fondendole con la critica di un presente che sta smarrendo in maniera drastica e impassibile il senso di quel passato che ancora “non passa”, il poeta di Bonefro riesce a compiere un cortocircuito in cui la poesia riesce a “salvare” quel mondo da lui evocato grazie al suo sforzo di comprensione e di compartecipazione con esso. Per questo motivo, Seeds (Semi) si pone sul crinale della poesia come espressione di una frontiera che solo l’emozione profonda e la sua capacità di comunicazione con l’Altro può varcare nel momento in cui così fortemente si esprime.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.