STORIA CONTEMPORANEA n.19:Interviste con uomini (non sempre) straordinari. Annella Prisco Saggiomo, “Trenincorsa. 30 interviste sui tempi che corrono”

Annella Prisco Saggiomo, Trenincorsa.

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

 

di Giuseppe Panella

Interviste con uomini (non sempre) straordinari. Annella Prisco Saggiomo, Trenincorsa. 30 interviste sui tempi che corrono, Napoli, Edizioni Kairós, 2009

 

E’ un libro tutto di corsa, questo di Annella Prisco Saggiamo. Scritti in velocità tra il 2004 e il 2005 per un giornale, “La Repubblica” nella sua edizione napoletana, le trenta interviste che lo compongono squadernano in bella vista una fetta cospicua del mondo culturale e politico dell’Italia di questi ultimi anni. I nomi degli intervistati spaziano in ogni campo della cultura contemporanea: dalla politica (Antonio Bassolino, Renato Brunetta, Roberto Maroni) alla letteratura (Alberto Bevilacqua, Claudio Magris, Raffaele La Capria, Dacia Maraini, Jacqueline Risset), dallo spettacolo (Giulio Bosetti, Edoardo Bennato, Enrico Montesano, Peppino Di Capri, Renzo Arbore, Uto Ughi – alternando proposte di livello più alto all’intrattenimento più leggero) al cinema (Dino Risi, Lina Wertmuller) senza trascurare storia, filosofia e linguistica (i nomi di Giuseppe Galasso, Aldo Masullo e Tullio De Mauro ne sono autorevole testimonianza).

Anche se i nomi sono illustri non tutte le interviste sono egualmente sviluppate nel senso dell’approfondimento culturale. C’è chi per natura preferisce rimanere sul vago (Vittorio Sgarbi, ad es. – pp. 109-110) o chi si sbilancia forse un po’ troppo senza fermarsi a dimostrare le proprie affermazioni (è il caso dell’astrologo Ciro Discepolo, che alterna previsioni cupe e un po’ funeste all’ottimismo di base necessario per portare avanti in maniera positiva la propria professione – pp. 53-54). C’è chi preferisce parlare della situazione generale italiana e del periodo storico in cui viviamo piuttosto che della propria opera (come fa Alberto Bevilacqua alle pp. 41-42).

Ancora c’è chi parla con ampiezza di ciò che accade alle giovani generazioni e della bomba demografica ma glissa sul proprio cinema e il suo probabile futuro (come fa Lina Wertmuller alle pp. 117-118). Non tutti scivolano via in questo modo, s’intende. Bassolino, raggiunto nel palazzo della Presidenza della Regione, enuncia e sintetizza precisi programmi di governi (forse successivamente disattesi – pp. 29-31). La Capria si impegna ancora una volta in una disamina del caso Napoli con notazioni sempre acute:

 

«Napoli, dunque, rientra secondo La Capria in quei pochi luoghi del mondo, come Praga, Vienna o Venezia, dove la storia si è arrestata e la città è rimasta come irrealizzata, irrisolta, per cui ogni napoletano interrogandosi su queste cose ritrova nel proprio destino personale l’interferenza della storia incompiuta della sua “tribù” e può superarla con la fantasia o con l’artificio. Una città che ti ferisce a morte o ti addormenta proprio come lo stesso La Capria ha da sempre sottolineato a proposito di quel filo magico e impercettibile che lega a Napoli i cuori dei molti che l’hanno abbandonata» (p. 71).

 

De Mauro (pp.129-130) si disimpegna come può nel tracciare un quadro che non sia troppo pessimistico (o semplicistico) del futuro della lingua italiana ma non può nascondere il proprio profondo disincanto per il futuro linguistico delle giovani generazioni mentre Aldo Masullo (pp.145-147) non si nasconde che gli eventi del presente richiedono non tanto un atteggiamento di pensiero (pessimistico o ottimistico poco importa) ma analisi realiste che impongano per Napoli (e per l’intero Paese) soluzioni adeguati ai problemi e non basate sull’enunciazione dei “massimi sistemi”. Claudio Magris, infine, la cui intervista spicca alle pp. 75-76, individua in un’idea nuova di cultura condivisa una soluzione alla crisi dei valori letterari e umani che sta disseccando il mondo in cui essi, invece, dovrebbero trovare il loro più radicato humus pervasivo.

Ma il libro non è composto soltanto da momenti di riflessione sulle sorti di Napoli e il suo fosco avvenire. C’è chi come Peppino Di Capri (pp. 49-50) ricapitola una carriera o chi come Dino Risi, facendo un po’ di sana ironia sulla propria scarsa mancanza di iper-modernità (“non ho il telefonino e non navigo su Internet” – dice alle pp. 96-97) non sembra arrendersi né alle mode imperanti né rinunciare a cercare di ridere, amaramente certo, sui difetti e le manie dell’epoca presente.

Ma quello che, in realtà, risulta più significativa e rende leggibili e godibili le pagine di questo libro

è la capacità di scrittura di Annella Prisco Saggiomo che racconta, insieme a quelle degli altri, anche la propria vita e descrive quale è stato il suo progetto di vita. Nell’Introduzione al volume, infatti, l’autrice racconta parte della sua vita con un tono scanzonato che oscilla un po’ tra la stretta della nostalgia e la volontà di guardare più serenamente in avanti, sperando ancora nel riscatto e nella risoluzione positiva dei problemi di Napoli:

 

«A metà degli anni Settanta lasciammo il Vomero per trasferirci nella zona alta di Posillipo. Questo cambiamento di quartiere significò anche il mutamento di abitudini e rituali. Molto della mia vita in quel periodo si svolgeva tra Piazza San Pasquale, via dei Mille e le zone vicine. L’Italia viveva allora la cruenta stagione del terrorismo e delle Brigate Rosse: al delitto Moro e ai molti altri episodi che insanguinavano lo scenario politico del Paese si contrapponeva un’atmosfera locale che sembrava non risentire dei grandi problemi che incombevano fuori. […] 1973: un’epidemia di colera inaspettata mette in ginocchio la città e l’intera regione. 1980: una lunga, interminabile scossa sismica … due date determinanti che hanno profondamente inciso sul destino della nostra città. Si intravedono i primi, ineluttabili segnali di un cambiamento. Improvvisamente e tragicamente come negli anni del dopoguerra dopo l’eruzione del Vesuvio, Napoli sembra chiamata a fare i conti con un clima pesante che non le è congeniale» (pp.10-11).

 

Certo non tutto è dipeso da eventi esterni e non tutto era idilliaco anche negli anni della gestione monarchica e poi democristiana della città. Sicuramente Napoli è sempre stata una città problematica, sovrappopolata (come ammette Giuseppe Galasso nella sua intervista ), in preda a lotte furibonde all’interno della malavita organizzata per l’egemonia sui traffici più diffusi (ieri il contrabbando di sigarette, oggi quello della droga e delle armi)  Ma mai aveva conosciuto momenti duri e difficili come quelli attuali. Tuttavia Annella Prisco Saggiomo non perde la fiducia. Mai:

 

«E’ necessario che ognuno ripristini nel suo circuito, piccolo o grande che sia, il senso della solidarietà, il rispetto delle regole, mettendo da parte ostilità e personalismi esasperati, ma con uno sforzo comune di volontà. Soltanto così Napoli, se non riuscirà a farci riassaporare quegli odori e sapori di stagioni ormai lontane … potrà se non altro rimettersi in carreggiata per una risalita, lenta o rapida che sia, dove il senso di appartenenza e l’orgoglio di essere eredi di un patrimonio artistico, storico e culturale di altissimo livello, possa avere la meglio su tutto quello che nelle ultime e più recenti stagioni ci ha fatto scivolare tanto in basso» (pp. 14-15).

 

Sarà così? Ritornerà la neve sul Vesuvio?

 

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.