Ossi di Seppia è la prima raccolta montaliana, apparsa nel 1925 e poi arricchita nell’edizione del 1928.
Gli Ossi di Seppia disegnano la vicenda di uno scacco esistenziale e gnoseologico, la dolente presa d‘atto di una radicale impotenza espressiva, della impossibilità, per la parola poetica, di significare l’essenza del mondo e della vita, ma illustrano anche la disperata ricerca di una identità e il suo fallimentare esito.
Non vale infatti al soggetto di farsi cosa fra le cose, «scheggia fuori del tempo», residuo espulso dal flusso del divenire e immune dalla sua azione annientatrice. La vacuità dell’aspirazione all’assoluto, la condanna del soggetto a riconoscere nel dominio della caducità l’unico possibile spazio della sua consistenza.
Così, al termine della sua odissea, l’io comprende che l’essere equivale al morire, e la soggettività può persistere solo a prezzo di consegnarsi a una immobilità funeraria; ed esistere vuol dire rassegnarsi ad abitare un tempo storico deserto di certezze e di valori, a sopportare la discontinuità dell’esperienza e lo squarcio atroce di un divenire senza progresso.
f.s.