La lotta di classe in lockdown. L’iocrazia dei padroni: No al lockdown pastorale (parte III)

No al lockdown pastorale

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di Antonino Contiliano

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Ma si potrebbe dire che il fenomeno dell’iocrazia capitalista e dei padroni, senza considerare l’isteria consumistica e le presunte cure dell’amministrazione paternalistica, non è meno intrattenimento infantilizzante e prodigo di azioni pastorali. Di questo XXI secolo, almeno per i primi suoi tre decenni, non si può dire di certo che l’umanità abbia perso i suoi pastori, se il mondo, raccontato dai media elettronificati, è quello del perpetuo intrattenimento ludico e della chiacchera fine a sé stessa. Il mondo delle immagini digitali che, integrate con il piccolo schermo della tv, a milioni di individui sodomizzati, fornisco fantasmi senza immagini riflesse. Simulacri che scivolano su altre immagini-simulacro. Immagini senza corpi reali, quelli della virtualizzazione capitalistica che dematerializza la concretezza storica delle cose con la figurazione astratta e una fantasmagoria erotizzante fabbricata ad hoc, ma fuorviante. Il gioco di azioni e passioni di simulacri manovrato con joystick di classe e poteri transnazionali deresponsabilizzanti e devianti.


Così è possibile dire e vedere che la nuova fantasmagoria delle merci è desostanzializzata e depoliticizzata con effetti perversi: finisce per usare i suoi stessi produttori-consumatori (i prosumer-iocratici) come moltiplicatori automatizzati della potenza riproduttiva esponenziale del sistema stesso. Nella modernizzazione post-fordista, quella dell’economia della conoscenza e dell’intelligenza individuale e sociale codificata e incorporata nelle macchine intelligenti (fino ai livelli dell’intelligenza artificiale “4.0”), il virtuale reale del learning machine è capace di progettare, proporre e porsi come collaboratore intelligente e creativo a fianco degli uomini e delle donne a lavoro. Ma il lavoro qui è sempre quello che produce plusvalore astutamente espropriato e lasciato alle peripezie del mercato e della domanda e dell’offerta dei mercati finanziari come un divertimento di sicuro effetto e propizio. L’astuzia capitalistica infatti usa la dimensione ludico-automatizzata del lavoro (astratto, codificato, mercificato) incitando i produttori-consumatori a perseguire la logica dell’accumulazione per assecondarne le aspettative e soddisfare l’ansia di godimento in tempo reale. Una promessa però, questa, che rimane solo una lusinga, e per di più distorta e ideologicamente trasfusa, se si pensa che la forza produttiva del lavoro, benché astratta, positivizzata, automatizzata e poi monetizzata, non può mai divenire oggetto quantificato e calcolato neanche da un mercato digitalizzato. All’uomo, alle donne, al cittadino e al lavoratore cognitivo di rete, pur dentro i protocolli del comando algoritmico-codificato (su cui non ha però né controllo generativo, riproducibile e trasferibile…), non sono così negati né desideri né voce. Anzi! Il godimento è assicurato! Il lavoratore (occupato o disoccupato) infatti è stato convinto di essere impresario di sé stesso e responsabile di un contratto di lavoro che lo identifica con lo scopo del suo stesso lavoro, sì che soltanto lui, in quanto padrone e manager di sé stesso, è responsabile dell’emancipazione, della soddisfazione dei suoi desideri, dei bisogni e dei rischi che la cosa comporta. La sua sarebbe un’auto-realizzazione, la capacità della sua “Io-crazia” che, narcisisticamente, si misura con il delirio della presunta onnipotenza del suo saper-fare (l’individualismo competitivo de-regolato, sfrenato e senza limiti). Il fare individualistico mercificato che, reso possibile dal fatto di essere “capitale cognitivo-creativo” personalizzato, ha trovato come mediatori attivi anche la gratuità delle infrastrutture cybernetico-digitali (le piattaforme digitali del gratuito come Google, Facebook, Twitter, WhatsApp…). Ma su tutto questo però non ha diritti di proprietà né potere di appropriarsi del plusvalore. Solo disponibilità controllata di uso e consumo, mentre la logica del valore e dei profitti, che sfrutta la forza-lavoro come “facoltà” e “capacità” di realizzazione (propria a ciascuno) è di pertinenza solo dei proprietari delle stesse piattaforme (le nuove imprese societarie multinazionali che producono la realtà e la distribuiscono nelle case attraverso le autostrade elettroniche, come ieri quelle dell’energia elettrica ci distribuivano l’energia elettrica per l’illuminazione delle case). Ma se Amazon-Bezos, ad esempio, guadagna miliardi di dollari all’anno quanto tempo dovrebbe vivere e lavorare un dipendente per raggiungere un tale somma! E la domanda è proponibile? Se si pensa che il modello economico dell’Intelligenza Artificiale gira sulle parole dell’economia del “gratis”, la domanda sa del grottesco! La contraddizione è vivente e lampante: la logica del valore capitalistico gira e domina attraverso il gratuito? Ma se l’economia capitalistica gira sul furto del “saper- fare” – la creatività umana – della forza-lavoro sussunta sotto la logica della valorizzazione e dell’autovalorizzazione del comando capitalistico e della sua astuzia ideologica, dov’è lo splendore di questa beneficenza del gratis? Non necessità piuttosto demistificare la nuova alienazione che l’ordine simbolico capitalistico smercia con tanta psicotica cura paternale e pastorale?

 

Eliminare così quell’insieme di procedure teoriche e pratiche veritative fasulle – che, oltre a influenzare e determinare le stesse innovazioni industriali, nel cerchio delle assunzioni liberali (oggi neo-liberali), decidono anche delle condotte individuali e collettive – è azione che non può essere più ignorata e rimandata. Le forze in conflitto minoritarie-maggioritarie, quelle che si muovono e rinnovano per la produzione e riproduzione del valore-lavoro-astratto-reificato, non possono continuare a subire gli sfruttamenti e gli esiti perversi. Le verità con-figurate mediante la stessa polimorfia estetizzata delle macchine rivoluzionarie dell’era informatizzata, quelle cybernetico-digitali, non sono automatismi macchinici bensì rapporti sociali cosificati sotto forma di codici asemantici (ma una macchina prima di essere tecnologica è una macchina sociale e linguistico-semiotica). I dispositivi tecnologici cioè dell’era capitalistica che, sussunto il tempo di lavoro e di vita nell’ordine della logica dominante degli algoritmi delle piattaforme padronali e dell’“app” personalizzate, mirano alla fusione completa e dominata dei sistemi materiali e corporei concreti con quelli delle virtualità elettromagnetica del mondo internettiano capitalizzato (simbiosi ibridante tra le macchine dell’AI (Intelligenza artificiale) e IA (Intelligenza Aumentata), le cose, l’ambiente e le persone (il regno di “Matrix”). Una perfetta teoria dei sistemi con le variabili combinate, e tesa a regolare probabilisticamente l’interazione con il contesto e la molteplicità degli eventi singolari che la popolano. Un ambiente che, permanente variabilità tra esterno e interno, fonde il mondo reale e produttivo con quello virtuale dell’intelligenza artificiale (ma a tutto vantaggio dei padroni e dei gestori del sapere cognitivo, quelli che possono finanziare le ide creative e trasformarle in oggetti di consumo diffuso e infinito). Cose e relazioni sono infatti ridotte alle definizioni macchinico-meccanizzate e di controllo operativo asimmetrico; e tale da escludere quanti non mostrano di acquisire, duttilmente, tutte le competenze profilate (preordinate) dal nuovo sistema info-algoritmico proprietario dominante. Un sistema che, peraltro, ha diffuso pure la pedagogia che ciascun individuo, avendo ognuno un proprio capitale cognitivo-affettivo (originariamente scorporato da rapporti di subordinazione forzati), di essere imprenditore di sé stesso; e che in una società di imprenditori (la società dei prosumer), dunque, ognuno e tutti, astrattamente, sono egualmente liberi ed uguali. Tutti hanno facoltà e capacità di auto-emancipazione; ma questa emancipazione, è da dire, è solo nell’ordine del paradigma delle diseguaglianze sociali naturalizzato!).

Un sistema di interazione individuale e sociale (qui anche l’astuzia del capitalismo neoliberale ordoliberista e/o neoliberista) che (processato soggettivamente) modifica e adatta pure i livelli sensibili, percettivi, suggestivi, simbolici, immaginari e immaginali degli individui e dei gruppi, e ciò al fine di con-formare il tutto alle istanze del comando sociale e politico dato e distribuito come l’acqua che esce automaticamente dai rubinetti di casa (come dire l’adattamento e riadattamento continuo delle stesse istituzioni politiche e giuridiche che interessano gli stessi regimi di governo di ogni ex Popolo, ex Nazione, ex Stato…).

Un concatenamento di soggettività, intersoggettività, oggettività e oggettivizzazioni abbastanza complesso (entro determinati rapporti di forza, influenze, costruzioni di adattamenti individuali e collettive). Soggettività che, dentro uno spazio-tempo comunitario in movimento, ricevono e reagiscono a stimoli che modificano in profondità modi di pensare, di sentire, di interagire come effetto della mediazione delle nuove tecnologie della produzione cognitiva algoritimizzata; quelle che ibridano corpi reali e macchine artificiali, naturale e artificiale, materiale e immateriale come una stessa identità operativa. Un ordine macchinico in grado cioè di riprodurre concretamente i pensieri, le ipotesi, le idee, le sensazioni e le suggestioni come ipotesi verificabili ma secondo modalità e modulazioni tutt’altro che neutrali. Così se oggi, fase del capitalismo neoliberale della conoscenza e dell’operatività tecnologica sistemico-telematico-informatica, il sistema organizza e gestisce l’introiezione (la soggettivazione/incorporazione psichico-sociale ed etico-politica della potenza del corpo/mente come capitale umano a contrattazione variabile), l’interazione uomo-macchina (informazione e controllo cybernetico-digitale) e il/i potere/i che, tra interfacce e ibridazione, amministrano il corporeo e l’artificiale (materiale e immateriale), è anche vero che il capitalismo, rinnovandosi, non ha perso l’abitudine di camuffare e occultare i rapporti di produzione e di riproduzione come ha sempre fatto: personificazione delle cose e cosalizzazione delle persone e delle relazioni. La politica dell’imagining e della super definizione “3D” non dolcifica affatto la lotta degli individualismi in competizione escludente. Rimane egualmente una politica cinica, asimmetrica ed eterodiretta dai finanziatori. Così, ancora, la verità del nuovo capitalismo neoliberale è quella che alla forza-lavoro nega forzatamente la sua capacità di potenza produttiva autonoma, libera, immanente e trasformativa (in senso lato) per attribuirla alla tecnologia e all’eterno etero-controllo delle classi frattalizzate. La tecnologia dell’informazione e della comunicazione algoritmico-informatizzata-automatizzata che – come sfruttamento intensivo della potenza di ognuno –, nonostante singolare, dipende tuttavia solo dai padroni delle piattaforme e dell’organizzazione servile in auge. Subordinati e dipendenti non sono solo però i singoli lavoratori creativi dell’immateriale; secondo i termini di una rinnovata ideologia degli elementi come squadra particolare, subordinate sono anche le classi di nuovo conio. Pur diventando più arlecchine (hanno perso il padre-padrone-partito di classe), non sfuggono completamente alla disciplina e al controllo del potere dominante.

Se le vecchie classi sociali, legate alla “disciplina” esteriore della società fordista e al partito rivoluzionario come soggetto-guida e interprete delle generalità astratte delle vecchie idee binarie (capitalista/proletariato, padrone/servo, vero/falso, tempo di lavoro/tempo libero…), sono andate alla deriva, la moltiplicazione delle nuove (uber, rider, freelance, gig economy, sharing economy, startup, prosumer, manager, lavoratori intraprendenti, consulenti, exspertise, smart-lavoro, lavoro a domicilio, lavoro gratuito, lavoratori occupati e lavoratori disoccupati, valutatori, certificatori, programmatori di software, agenzie di private di valutazione con funzione di controllo e comando pubblico …), sotto l’egida cognitivista dell’ideologia californiana e dell’AI (Intelligenza Artificiale) e dell’IA (Intelligenza Aumentata), tra convinzione e passivizzazione, sono state egualmente convinte (non sempre passivamente) e aduse a comportamenti alienanti e isolazionisti, mentre gli stessi prodotti, mercificati come quelli di ieri, si parano davanti come altrettante potenze estranee. Il potere creativo individuale e collettivo della forza-lavoro come complessa facoltà autonoma e attiva capacità (già preconizzato da Karl Marx come general intellect, un insieme di attitudini, sentimenti, intellettualità, potenzialità, virtualità, competenze, immaginazione, illusione…), infatti, sebbene trasferito alle macchine intelligenti, rimane fuori controllo della stessa forza-lavoro occupata, disoccupata, emarginata, dislocata, deportata, rimpatriata … Non tanto occultamente infatti la potenza della forza-lavoro, sotto i segni della contrattazione neoliberale (stile neoliberista nordamericano, oppure ordoliberista europeo), continua invece ad essere offerta e venduta ancora come una merce utile sul nuovo mercato del lavoro; quello cioè alimentato opportunamente dagli investimenti borsistici, dal mercato dei crediti e dei debiti, mentre le valutazioni quantitative sono affidate alle agenzie del “rating”. Strutture private tutt’altro che disinteressate. Unico padrone e giudice del valore e della valorizzazione di ogni individualità come prosumer, il mercato del lavoro; sì che lo stesso prosumer è pensato e agito come un’immobile e assoggettata identità contrattuale di uso e scambio (il ‘Medesimo’: l’identità logica come invariante; la costante propria di un ‘Io’ dato, fisso e insieme “Iocrazia” delirante, sfoggio di onnipotenza). Una permanenza (nel divenire del tempo) in lotta solo con sé stessi ma nella temporalizzazione delle realizzazioni contingentate ed eterodirette, sì che anche nell’insieme degli eventi la stessa lotta ha cambiato configurazione: un proprietario senza proprietà di immagine; l’immagine di un proprietario senza il possesso dei mezzi di produzione e dei codici.

(Continua…)

Parte II, Parte IV

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.