“Il rimedio nel male” (su Antidoti umani di Francesco Verso) di Giuseppe Panella

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di Giuseppe Panella

La biosfera è ormai divisa in due zone nettamente divaricate e non comunicanti: la Bolla, che contiene le città e i luoghi fittamente popolati, dove la Rete impazza e impone il proprio dominio assoluto, e ciò che c’è fuori, dove la popolazione è scarsa e la tecnologia poco rilevante. All’interno della Bolla esistono tre grossi blocchi di situazioni abitative legate al reddito di chi ci vive: Alta, dove si trovano le case dei VIP, le case discografiche, i media, i funzionari più ricchi dell’industria telematica e i gestori politici della Globalframe mondiale; l’Agglomerato (diviso in sette zone o quartieri) dove si addensano gli impiegati e gli operatori di minore importanza dell’apparato olografico e cibernetico; e Suburbia, dove vivono, in strati sempre più profondi che scendono vertiginosamente fin quasi al centro della Terra, i reietti, gli emarginati, i fuggiaschi, quelli che non vogliono farsi rintracciare dagli Agenti della polizia o che tentano di sottrarsi al controllo totale in cui vivono gli altri abitanti della Terra.

Ogni lunedì nell’Agglomerato viene distribuita gratuitamente la Manna, una sostanza nutritiva che dovrebbe essere il rimedio finale contro la scarsità ormai impellente di cibo presente nel pianeta (una situazione che ricorda molto da vicino Largo! Largo !, il celebre romanzo di Harry Harrison su un tema analogo e il film di Richard Fleischer, Soylent Green del 1973, che ad esso è ispirato, anche se non fedelmente). Anche la cuffia che permette la comunicazione di pensieri e sensazioni a distanza, la Wave-o-matic, ricorda molto il modo di produrre visioni e immagini della realtà presente nelle sequenze iniziali di Strange Days del 1995 di Kathryn Bigelow, ispirato a un soggetto di James Cameron. Il richiamo e la citazione da film importanti del cinema di Sci-Fi  potrebbe, in realtà, continuare a lungo senza togliere originalità alla struttura narrativa che costituisce la spina dorsale dell’operazione letteraria di Francesco Verso.

Il merito principale di questo grosso volume, infatti, consiste non tanto nell’allineare trovate  e colpi di scena (che pure ci sono e sono frequenti), quanto nello sviluppare organicamente una visione del futuro e di renderlo verosimile nei suoi tratti distintivi. I personaggi che attraversano il romanzo (gli “antidoti umani” del titolo) rappresentano significativamente gli opposti che si attraggono in una società dove l’uniformità dei comportamenti è scandita dalla quantità di falsa trasgressione che mostrano e sembrano indicare come nuova frontiera della soggettività. Ovviamente si tratta di una falsa capacità di trasgressione, così come è fasullo il piacere e la tranquillità emozionale indotta attraverso le molecole contenute nella Manna, un prodotto che, più che a calmare la fame, serve a indurre una pacificazione biologica alle inquietudini e alle difficoltà socio-politiche della popolazione a cui viene recata ogni inizio settimana durante la celebrazione di un Rito.

I due personaggi principali (il DJ creativo Felix Navataar e la giornalista di origine samoana Mona Satoshi) hanno nei loro corpi e nelle loro menti la capacità di condensare tutto ciò che è necessario per sconfiggere il grande piano di controllo totale sviluppato dalla Cyfarm attraverso gli alternacibi (quelli che contengono le molecole produttrici di assuefazione al controllo) e dalla VirgoDreams, che sta per lanciare sul mercato una cuffia di diffusione mentale capace di registrare e di ritrasmettere i sogni. A loro due si rivolge l’apparentemente sgangherato gruppo di contestazione anti-sistema più noto come RadioKarma e coordinato da J.R. Gigan, uno scienziato biochimico molto amico del defunto padre di Felix.

«J. R. riapre gli occhi: la soluzione esiste ma pare legata a così tante variabili da renderla un percorso cieco e quasi disperato. “E’ qui che entrate in gioco voi. Per questo siete tanto vitali per noi quanto letali per la Cyfarm. Voi potete percepire e manipolare delle frequenze precluse agli altri. Felix si guadagna da vivere trasmettendo flussi neurali mentre Mona potrebbe essere in grado di ascoltare le frequenze dello stato del sonno, anche se per ora non sappiamo come ciò avvenga. Il nostro compito, come KarmaRadio, consiste nel mettere insieme i due elementi e potenziare le vostre doti grazie alla tecnologia più appropriata» (pp. 290-291).

Inutile dire che il piano di J. R. Gigan e di KarmaRadio riuscirà in pieno (i piani di VirgoDreams e della Cyfarm saranno battuti in breccia e i loro dirigenti finiranno falliti e in esilio sulla Luna) e che tra Felix e Mona scatterà la scintilla del vero amore che li condurrà ad abbandonare la Bolla e cercare rifugio a Samoa. Ma non è questo che conta, purtroppo – il dato più inquietante alla conclusione del libro sarà che la tecnologia continuerà a comandare sul mondo delle passioni e dei sentimenti, e che il corpo postumano delle protesi e delle amplificazioni dei sensi non sarà rimpiazzato da un (impossibile) ritorno al passato, ma dominerà ancora (e forse per sempre) il modo di vivere e di pensare degli esseri umani.

Per questo motivo, tuttavia – e grazie alla capacità di Verso di modulare il crescendo narrativo fino a smorzarlo in un finale che resta, per certi aspetti, aperto ad ulteriori sviluppi – il libro non si chiude con una soluzione netta di trionfo del Bene contro il Male, ma lascia il lettore con una sorta di attesa di quello che ancora potrà venire. La conclusione conferma la modalità di scrittura con cui l’autore ha saputo procedere nella redazione dell’opera. Si tratta di un testo che presenta, infatti, tre diverse possibili modalità di lettura. La prima, quella più scontata ma non per questo la meno efficace, è quella della vicenda “classica” d’avventura, con inseguimenti, colpi di scena, ricerca di verità nascoste e, perché no, con un romance non banale né stereotipo nella sua modulazione affettivo-erotica, con toni spesso di forte intensità espressiva.

La seconda è quella della riflessione di tipo filosofico-sapienziale  sul problema ormai largamente dibattuto (anche in ambito accademico) della realtà del corpo postumano, che è fatto sì di protesi (come quello dei protagonisti del romanzo che godono di una Vista-Plus, ad es., o di un Gusto-plus) ma è anche potenziato dalla tecnologia in maniera tale da portarlo a livelli di eccellenza sensoriale e mentale. In sostanza, quella che è in questione è la dimensione della trasformazione della natura in cultura introiettata e trasformata nella realtà stessa dei corpi, quella che già Hegel, nei Lineamenti di filosofia del diritto del 1820, aveva genialmente chiamato “seconda natura”.

Il problema che viene discusso (e parzialmente risolto mediante il ricorso alla saggezza orientale dello Zen buddhista) è il rapporto tra piacere e libertà e soprattutto quello tra felicità e capacità di essere liberi. Se per lo Zen l’esercizio del piacere non è negativo in quanto anch’esso riconduce la soggettività al Vuoto originario, il problema della libertà umana resta aperto: si può essere liberi o tutto è già consegnato e inscritto nel proprio Karma personale (che confluisce poi in quello universale)?  Per Verso, il Karma di ognuno contiene già al suo interno la sua capacità di scelta, e i membri di KarmaRadio, liberando gli uomini dell’Agglomerato dal dominio biopolitico della molecola della Manna (potere esercitato nel senso che si può ritrovare nelle ultime opere di Michel Foucault, ad es.) non hanno fatto altro che dargli la possibilità di scegliere. Per il resto vale ciò che scrisse Arthur Schopenhauer nel suo saggio sulla Libertà del volere del 1841 e che viene riportato come esergo del cap. XIX del romanzo (e la presenza di un esergo più o meno borgesianamente apocrifo per ogni capitolo del libro arricchisce in maniera esponenziale la dimensione riflessiva e sapienziale dell’opera):

«Essere libero non dà la certezza di essere anche felice, ma se mi dovesse capitare d’essere infelice, lo sarei alle mie condizioni e non a quelle di un altro» (p. 223).

E’ l’esito finale (anche se non è del tutto detto) del libro. I protagonisti di esso preferiranno  sempre l’essere liberi a qualsiasi forma di allettamento il Potere possa proporre e rendere loro disponibile sotto qualsiasi forma (dalle donne alla condivisione del dominio stesso, dalle droghe e le illusioni dei paradisi artificiali al denaro e al successo).

La terza modalità d’uso di questo libro è quella più profonda e sottotraccia che, però, spesso riemerge come una sorta di fiume carsico: la poesia (nel romanzo chiamata neurogramma)  che attraversa come una tentazione il corso della vicenda. Gli squarci poetici (non solo in versi, comunque) che passano nell’opera non sono solo occasioni di bello stile e di dimostrazioni di saper  scrivere  seguendo una modalità mainstream, ma risultano funzionali al disegno di costruzione del testo. Felix scrive poesie e le invia a Mona innescando così la vicenda e il rapporto tra di loro, ma anche le carrellate descrittive di luoghi e situazioni (dall’Agglomerato a Suburbia, passando per le residenze lunari dei ricchi proprietari delle multinazionali) acquistano una forte densità e un’identità decisa di proposta letteraria proprio grazie alla volontà di afflato poetico che caratterizza lo stile di scrittura.

In conclusione, allora, Antidoti umani è un romanzo leggibile a più livelli, a partire da quello legato al genere per finire a quello legato alla capacità di innovazione linguistica. Si tratta di una prospettiva sicuramente originale, in un panorama ancora legato all’ossequio nei confronti delle fonti tradizionali e ai modelli genetici della forma-romanzo di Sci-Fi. Muovendosi in quest’ottica, Francesco Verso dà (e continuerà a dare) un contributo essenziale allo sviluppo del movimento di cui fa parte (quello connettivista, cui appartiene insieme a Giovanni De Matteo, Marco Milani e Sandro Battisti) e, nello stesso tempo, sarà capace di innovare la letteratura di anticipazione in un ambiente come quello italiano in cui ci sono ancora molte difficoltà da affrontare nuovamente, tante forme di pigrizia intellettuale da smuovere e innumerevoli pregiudizi da superare.

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[QUI] i filmati dell’incontro con l’autore, Giuseppe Panella e Giovanni Agnoloni, reperibili su Youtube, tramite la chiave di ricerca “Antidoti umani”.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.