I LIBRI DEGLI ALTRI n.97: Lo specchio armeno. Paolo Codazzi, “La farfalla asimmetrica”

Paolo Codazzi, La farfalla asimmetrica«Oh, richiama indietro il giorno che fu ieri, /

Comanda al tempo di tornare sui suoi passi»

(William Shakespeare, Riccardo II, atto terzo, scena seconda)

Lo specchio armeno. Paolo Codazzi, La farfalla asimmetrica, Napoli, Pironti, 2014

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di Giuseppe Panella

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Che cos’è una “farfalla asimmetrica” ? E’ la prima delle spiegazioni che Paolo Codazzi concede ai suoi lettori prima di addentrarsi in quella relativa allo “specchio armeno” (intorno al quale ruoterà tutta la fantasmagorica visione in cui consiste il suo romanzo).

La “farfalla asimmetrica”, spiega correttamente Codazzi,

«trae definizione dalla diversità cromatica di un’ala rispetto all’altra pur non essendo biologicamente presente in natura oppure estinta. Questa farfalla compie forse la migrazione più lunga rispetto ad altri esemplari della stessa specie quando, sfuggendo ai rigori del freddo canadese, e da poco formatasi uscendo dalla pupa, inizia la migrazione verso Sud che non sarebbe in grado di compiere con le proprie forze se non fosse accompagnata dai venti che soffiano nella stessa direzione. Spesso però la forza di questi venti è tale che nei vortici di essi talvolta le ali delle farfalle si staccano perdendosi nell’aria, ma si dice anche che alcune di queste ali, sempre per la forza dei venti, si riconnettano ad altre mutile di un’ala generando così esemplari con ali diverse»1.

Nel romanzo ogni episodio significativo della vicenda sarà scandito dalla presenza di una farfalla con ali di differenti colori così come – va detto – dall’infittirsi o dall’affollarsi di nugoli e spesso perfino nuvolosi sciami di mosche in luoghi dove spesso la loro presenza non sarebbe segnalata o prevista (ma si sa – lo ricorda lo stesso Codazzi – che Baal-Zebub, antica divinità siriaca ricordata dalla Bibbia nel Secondo Libro dei Re, sia altresì nota come “il signore delle mosche”2 e che la presenza di esse più o meno isolate sia il segno di una presenza demoniaca piuttosto inquietante). Ma la presenza più difficile da spiegare all’interno della storia raccontata in questo romanzo è legata all’utilizzazione e al ruolo in esso svolto dal cosiddetto “specchio armeno”.

Scrive ancora Codazzi nel corso del primo capitolo della sua opera :

«Si sostiene anche, secondo indicazioni di affermate leggende popolari, che nella quadreria di una qualche famiglia nobiliare locata in uno dei palazzi storici della città, sia conservato uno specchio di tela armena ricavata da una sofisticata lavorazione del papiro, la cui cornice era parte integrante di uno dei numerosi specchi che in precedenza, negli anni tra la fine del dodicesimo secolo e gli inizi del tredicesimo, erano esposti da uomini, generalmente di cultura araba, collocati agli angoli delle strade di Palermo, che offrivano ai passanti l’opportunità di potersi acconciare o sistemare la pettinatura dietro libero pagamento di un’offerta. Particolarmente lo specchio di un tale Assad Ibn Al-Hourani, di probabile origine armena o mesopotamica, riporta la guida nella sezione sagre e leggende, considerato una sorta di patriarca di questi ambulanti, pare possedesse prodigiose proprietà per effetto della lieve convessità della superficie e della composizione fisica, nella quale la parte generalmente occupata dal cristallo o dal metallo specchiante era invece intessuta da una raffinata tela ricavata dal raro papiro armeno, cyperus papyrus, la stessa specie di cui i maghrebini Aglasbiti di Tunisia impiantarono alcune piantagioni nell’isola fin dalla conquista avvenuta nel nono secolo subentrando ai bizantini e che, forse, tramandano i miti popolari, questo specchio potesse in certe particolari coincidenze, duplicare e fissare sulla tela, come una moderna lastra fotografica, le immagini che gli si offrivano, con la sola condizione che i volti riflessi appartenessero a soggetti innamorati, secondo concetti di amore cortese prevalenti nell’immaginario collettivo di quei tempi anche nella cultura araba, ormai saldamente sedimentata nell’isola nonostante il potere politico fosse da qualche anno in mano alle dinastie normanne»3.

La vicenda che si dipana nel libro, secondo il peculiare ritmo stilistico dello scrittore fiorentino, che ama indirizzare il suo ritmo narrativo servendosi di periodi lunghissimi e scanditi da frasi quasi musicali nello sviluppo della loro articolazione fino a riempire spesso con uno di essi l’intera pagina, è tutta legata a quanto dello “specchio armeno” è radicato nella credenza popolare.

In bilico tra racconto di taglio realistico (le pagine ambientate nel fitto reticolo di strade che attraversano Palermo) e finzione marcatamente fantastica con uno dei personaggi fondamentali della storia che esce dal quadro e va a congiungersi prima amorosamente poi carnalmente con il protagonista della vicenda, il romanzo fuoriesce decisamente dal registro dei generi tradizionali e può essere apparentato soltanto a opere in cui è lo stile a sorreggere la credibilità della narrazione e non la volontà di verosimiglianza di quest’ultima.

La scrittura di Codazzi è marcatamente peculiare e lega i suoi lunghissimi giri di frase alla sua volontà di avvolgere il lettore nella sua rete e condurlo, quasi stregato, ammaliato dal suo svolgersi, verso una possibile ma non sicura soluzione finale della vicenda.

Il pittore Cosimo Armagnati, da sempre suggestionato da un’immagine di donna bellissima che compare in un quadro da lui particolarmente amato tanto da impedirgli da sostituirla con quelle di donne viventi (tranne l’amica Laura morta, però, prematuramente per un incidente stradale), raggiunge Palermo per eseguire la copia di un ritratto rinascimentale richiestogli da Ferdinando Vella, il sovrintendente di uno dei Musei della città. L’artista è noto per la sua straordinaria abilità nel ricostruire sulla tela atmosfere e situazioni appartenenti all’opera copiata, un’attività che egli definisce, tuttavia, una ri-creazione della tela con le tecniche antiche usate dai pittori della loro epoca (appoggiandosi in ciò all’autorevole guida di Cennino Cennini e utilizzando le tecniche da lui tramandate4) piuttosto che un semplice lavoro di copia o di riproduzione del soggetto prescelto.

A Palermo, dopo che all’aeroporto, una volta sbarcato, gli è parso di aver visto il volto che lo ossessiona da sempre, Cosimo lo ritroverà nella sala della Pinacoteca dove Vella5 lo conduce e dove lo lascia solo per permettergli di eseguire la copia richiestagli.

A un certo punto, la donna raffigurata nel ritratto si staccherà da esso e si trasformerà in una persona in carne e ossa, accompagnandolo in un lungo percorso di scoperta di Palermo fino alla Marina dove, in una spiaggia frequentata unicamente da un solitario pescatore6, farà il bagno nuda, novella Venere botticelliana. La storia del ritratto è riassumibile con pochi dati storici di fatto: la donna, Beatrice Gurrieri, unica figlia femmina in un antico casato di antica origine ebraica (ma da tempo convertito per opportunità al Cristianesimo), era stata promessa sposa a Nicola Vella, il terzogenito di una famiglia analogamente ricca e rivale della sua, perché il matrimonio concludesse finalmente una lunga disputa a proposito di alcune terre al confine tra i vasti latifondi posseduti da entrambe e sancisse un’alleanza duratura tra i due potentati.

Come usava all’epoca, entrambi i promessi sposi si erano fatti ritrarre per inviare una copia della loro effigie al fidanzato e per il quadro che avrebbe dovuto ritrarre la ragazza era stato scelto Grumello Del Monte, di cui si diceva (in piena verità) che fosse il figlio naturale di un potente delegato pontificio, Cosimo Armagnati, che non aveva sposato la madre di lui Beatrice per non compromettere la propria carriera ecclesiastica ma aveva sempre fatto educare e condotto con sé il figlio cui era legato da un grandissimo affetto.

Inviato a Palermo dal Papa per sorvegliare la condotta dell’Inquisitore in carica e prevenirne gli eventuali abusi, Grumello (il nome del paese natio del giovane) aveva intrapreso una lucrosa e seguita carriera di ritrattista ma, al momento di concludere quello della bella Beatrice, si era accorto di esserne innamorato, ricambiato dalla donna.

Il fidanzato tradito, informato di ciò che stava accadendo, si era vendicato consegnando la sua ex-promessa sposa nelle mani dell’Inquisizione cui era scampata, tuttavia, perché Nicola non voleva che morisse ma si spaventasse e acconsentisse, alla fine, a sposarlo. Ma la ragazza, rifugiatasi in un luogo sicuro fuori città, si era dileguata di fronte alla ricerca del suo odioso spasimante e si era rifugiata in uno specchio che, a dire della sua anziana governante Adele, una donna da molti accusata di essere una strega per la sua conoscenza di erbe terapeutiche sospettate di essere magiche e frutto di un peccaminoso commercio con il demonio, l’avrebbe accolta come un quieto nascondiglio d’amore in attesa del ritorno del suo uomo amato.

La sera trascorsa da Cosimo e Beatrice si concluderà con un vigoroso e accesissimo amplesso tra di due dal quale l’uomo uscirà turbato e perplesso.

Il giorno dopo lascerà Palermo senza aver concluso il ritratto e dopo aver restituito la somma già pagatagli come anticipo. I suoi bagagli, rimasti all’aeroporto di Punta Raisi dove era dovuto ritornare per problemi di volo, spariranno misteriosamente e al loro posto resterà trionfante un mazzo di tarocchi siciliani che si aprirà rivelando la sua prima carta, “il cacciatore di streghe, sotto veste di un sorridente cornuto diavolo travestito da religioso”.

Era stato tutto un sogno, una manifestazione allucinata di desiderio, una personificazione di quel corpo di donna che aveva sperato perdutamente e sempre invano di incontrare?

Probabilmente sì, ma il merito della scrittura di Codazzi è quello di non permettere che tutto quanto viene descritto riveli la sua segreta magia di doppiofondo e si manifesti nel mondo reale come una pura fantasia di artista abbacinato dal sogno della bellezza irraggiungibile di una donna impossibile da conoscere e da possedere. Resta sembra il dubbio che tutto quanto sia accaduto davvero e che si ripeterà ancora e ancora per davvero e per la gioia di chi preferisce i sogni più dolci alla crudezza del reale.


NOTE

1 P. CODAZZI, La farfalla asimmetrica, Napoli, Pironti, 2014, p. 5.

2 Non è possibile non ricordare a questo proposito il grande e terrificante romanzo di W. GOLDING, Il Signore delle mosche, trad. it. di F. Donini,, Milano, Mondadori, 1954 e sgg. Per quanto riguarda la storia dell’arte, invece, è di grande utilità il volume collettivo di A. CHASTEL – P. FRANCASTEL – H. SEDLMAYER, L’arte e il demoniaco. Il male nell’immaginario dell’Occidente, trad. it. di R. Campi, Milano, Medusa, 2011. Nell’antica mitologia persiana, inoltre, Arimane, il nemico del principio della luce e l’opposto simmetrico ad essa quando prende il nome di Ormudz, si insinua nel mondo in forma di mosca. Un esempio famoso della presenza di una mosca in un quadro dove apparentemente non avrebbe nulla da farvi è La Madonna col bambino di Carlo Crivelli del 1480 conservata al Victoria and Albert Museum di Londra ma l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.

3 P. CODAZZI, La farfalla asimmetrica, cit. , pp. 12-13.

4 Sul Libro dell’arte del pittore di Colle Val d’Elsa, cfr. M. BOSKOVITS, “Cennino Cennini pittore non conformista”, in “Mitteilungen des Kunsthistorisches Instituts in Florenz”, XVII , 1971, pp. 201-222.

5 Il cognome di questo personaggio del romanzo di Codazzi ricorda da vicino quello del maltese abate Giuseppe Vella, protagonista di Il Consiglio d’Egitto di Leonardo Sciascia pubblicato nel 1963, forse il capolavoro tra le sue ricostruzioni storiche e in cui la vicenda della falsificazione del manoscritto arabo che porta questo titolo è l’occasione per una stupenda panoramica della cultura e della poesia siciliana dell’epoca in cui essa è ambientata.

6 Quest’ultimo, pur essendo affascinato dallo splendido corpo della ragazza, non contemplerà al copista Armagnati la prospettiva di una relazione d’amore molto duratura o eterna con lei e gli citerà per dissuaderlo una frase molto significativa dal romanzo Oblomov di Ivan A. Gončarov. Cfr. P. CODAZZI, La farfalla asimmetrica cit., pp. 140-141 : “ ”Poi sprofondò sempre più nei propri pensieri, avvertiva che la luminosa, serena festa dell’amore era ormai passata, che ora l’amore si trasformava realmente in un dovere, si mescolava a tutta la vita, entrava a far parte delle consuete funzioni di essa, incominciando a impallidire, a perdere i suoi radiosi colori … Riflessione di Oblomov nel celebre romanzo di Gončarov”, precisò guardando sorridente Cosimo che lo aveva ascoltato con attenzione contraccambiando il sorriso per istintiva simpatia, e accantonando deliberatamente l’argomento e le acuminate definizioni,chiese che edificio fosse quello alle spalle dell’arenile”.

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I libri degli altri è il titolo di una raccolta di lettere scritte da Italo Calvino tra il 1947 e il 1980 e relative all’editing e alla pubblicazione di quei libri in catalogo presso la casa editrice Einaudi in quegli anni che furono curati da lui stesso. Si tratta di uno scambio epistolare e di un dialogo culturale che lo scrittore intraprese con un numero notevolmente alto di intellettuali e scrittori non solo italiani e che va al di là delle pure vicende editoriali dei loro libri. Per questo motivo, intitolare una nuova rubrica in questo modo non vuole essere un atto di presunzione quanto di umiltà – rappresenta la volontà di individuare e di mettere in evidenza gli aspetti di novità presenti nella narrativa italiana di questi ultimi anni in modo da cercare di comprenderne e di coglierne aspetti e figure trascurate e non sufficientemente considerate dalla critica ufficiale e da quella giornalistica corrente. Si tratta di un compito ambizioso che, però, vale forse la pena di intraprendere proprio in vista della necessità di valutare il futuro di un genere che, se non va “incoraggiato” troppo (per dirla con Alfonso Berardinelli), va sicuramente considerato elemento fondamentale per la fondazione di una nuova cultura letteraria… (G.P)

 

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.