I diavoli meccanici. Tuta blu di Tommaso di Ciaula

di Francesco Sasso

Tuta blu: non si può non partire da Ned Ludd (da cui i “luddisti”) impiccato nel 1779 per essersi messo a capo di una banda che distruggeva i primi diavoli meccanici, ossia i telai. Da allora ad oggi, il rapporto tra l’uomo e la macchina è tutt’altro che pacifico. Lo scontro persiste, incessante, al coperto di lamiere gelide d’inverno e roventi d’estate. Nulla è mutato dal 1979 ad oggi. Ebbene sì. Nulla. Mio padre ne è testimone, dopo 35 anni di lavoro in fabbrica. Stessi fabbricati, diversi nomi sulla tuta blu. Stessi luoghi- Modugno- differenti mansioni. Tutti accomunati da quella benemerita tuta dal colore del mare.
Dopo aver letto il romanzo di Tommaso di Ciaula ho sentito l’esigenza di indagare, domandare, verificare. Tutto vero, ancora oggi, dopo più di vent’anni dall’uscita del romanzo nel ‘79. Pazzesco.
Questa realtà immutata dovrebbe essere di stimolo, spingendo ognuno di noi a leggere il testo di di Ciaula con molta più attenzione e considerazione, perché il romanzo Tuta Blu è il tentativo riuscito di descrivere il comportamento dell’operaio e il contesto in cui vive; e di rappresentare oggetti e attrezzi della vita lavorativa degli stessi. In questa operazione è implicito una critica delle condizioni alienanti del lavoro in catena di montaggio. La routine, la spersonalizzazione cui è soggetto l’individuo, solo ed irripetibile, di fronte alla lucida macchina che ripete all’infinito il suo giro disumano.
Lo scrittore di Ciaula è fermo nella volontà di descrivere in modo soggettivo l’ambiente, le azioni e i caratteri, senza celar nulla di se (vedi la rievocazione dei desideri erotici del protagonista o le invettive contro i cani da guardia dei padroni). Nella slancio del resoconto, di Ciaula spezzetta il racconto, sacrificando la trama in favore della descrizione della vita e delle tragedie quotidiane dell’essere operaio con la tuta blu (molte righe sono dedicate agli infortuni sul lavoro e al sangue versato).

Ciò nondimeno, Tuta blu non è solo cronaca di vita dentro una fabbrica, ma è anche micro narrazione sulle grandi trasformazioni avvenute in Italia a livello economico e politico tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60; delle influenze, dei disastri e dei stravolgimenti socio-economici delle campagne pugliesi, fino ad allora legata alla tradizione rurale.
Nelle pagine dedicate ai nonni contadini dello scrittore, si avverte la nostalgia del protagonista della cultura e dei ritmi del mondo agricolo. Quella stessa società che, verso la fine degli anni ’50, subisce un mutamento profondo, cambia fisionomia, si sposta in massa verso i centri urbani o si concentra intorno alle grandi, medie e piccole fabbriche. L’illusione di una vita sicura, lontana dalla fatica e dalle bizze del tempo naturale, presto si spegne. Si diffonde una nuova organizzazione del lavoro e di conseguenza una nuova distribuzione del tempo, questa volta artificiale.
Il ripetersi delle azioni, spesso meccaniche, scandite dal ritmo del profitto e della produttività portata agli estremi, da origine a fenomeni di alienazione e di spersonalizzazione dell’individuo operaio. La produzione di massa e la diffusione dei beni di consumo, conclude l’opera di distruzione dell’io, inchiodando per sempre l’operaio alla sua macchina, al ripetersi del gesto.
Gradualmente, lungo tutto il romanzo, assistiamo alla lotta del protagonista contro la standardizzazione dei comportamenti dell’uomo/macchina, causa che innesca un processo di crescente livellamento della percezione. Ecco perché l’operaio di Ciaula cerca continuamente il contatto con l’autentico, con la natura e la evoca in un uccello che entra per caso nel capannone di lamiera, o negli alberi imprigionati dall’asfalto, all’interno delle mura della fabbrica/prigione.
La grande capacità di Tommaso di Ciaula è di trovare le giuste parole per poter raccontare tutto questo, reincarnandosi nei gesti di un’intera vita passata in simbiosi con il tornio; accompagnando l’incubo meccanico con il ritmo forsennato della sua voce da ex contadino del sud testardo e sincero.

f.s.

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.