GLOSSA n.1

GLOSSA 1

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a cura di Francesco Sasso

– Evocare tempi migliori in un momento di sofferenza malinconica. Questa idea conta illustri precedenti, dal Boezio di De Consolatione Philosophiae e dall’Ovidio delle Epistulae ex Ponto al Dante di Inferno V.

– Nel Medioevo la letteratura era inserita in un orizzonte che permetteva di collegare i classici antichi con autori contemporanei senza filtri storici. Per loro non esisteva nemmeno il concetto di “classico”, che si fisserà soltanto a partire dal XVI.

– La nascita delle “universitas” tra il XII e il XIII secolo, porta un dato rivoluzionario rispetto alle concezioni medievali del lavoro intellettuale: l’insegnante universitario riceve una paga e si forma una nuova opinione circa il prestigio e l’utilità sociale dell’uomo di cultura. Si insinua la nozione che il lavoro culturale deve essere remunerato in denaro. San Bernardo polemizza aspramente contro questa moderna venalità della scienza, che per lui, essendo un dono di Dio, non può essere venduta e, quindi, non è collegata a finalità materiali ed economiche. Quanti San Bernardo oggi propongono lavori culturali gratis e dicono… “tanto a te non costa nulla”

– È significativo, o forse no, che la storia della letteratura italiana si inaugura con l’intervento casuale di un ignoto copista veronese che accenna al proprio lavoro a margine di un’orazione mozarabico (Indovinello veronese scoperto nel 1924 da Luigi Schiaparelli alla Biblioteca Capitolare di Verona).

Altresì, il primo vero documento ufficiale della lingua italiana è il Placito capuano, una testimonianza inserita in un documento giuridico del 960. Insomma, ad oggi, per ciò che ci è dato sapere, un religioso che scrive facezie e una testimonianza giuridica sono alla base della nostra storia letteraria.

– L’Elegia di Arrigo da Settimello è un componimento di 1000 versi latini, ossia 500 distici elegiaci, divisi in quattro parti di 250 versi ciascuna. È conosciuta anche come De miseria o come l’Arrighetto, ma il suo titolo più appropriato è De diversitate Fortunae et consolatione Philosophiae. La forma metrica dell’elegia era divenuta nella letteratura medievale la formula tipica del lamento, e lo stesso termine “elegia” era passato a designare, nelle arti poetiche, dopo l’epica e la commedia, il terzo e ultimo gradino dello stile, sinonimo quindi di stile umile, dimesso e caratterizzato dalla tristezza del tema. Nell’Arrighetto la Filosofia, nelle vesti di una signora, appare nel l.III e richiama il poeta all’insegnamento delle arti, intendendo così sollevare il suo animo dal risentimento personale di fronte alle sventure e indirizzarlo verso una serena e rassegnata considerazione della vita. Appare qui un storicismo cristiano, per cui le difficoltà danno senso all’esistenza e la sapienza rende immuni dal dolore.

– Son preso dalla meraviglia al solo pensiero che esistono i Libri Memorialium, registri semestrali su cui i notai di un ufficio bolognese, riportarono, dal 1265 al 1463, tutti i contratti e i testamenti. Per impedire aggiunte illegali negli spazi rimasti in bianco, essi presero l’abitudine di riempirli con poesie del genere vario. Oggi è difficile immaginare di incontrare un notaio letterato.

f.s.

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Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.