Gli indifferenti di Alberto Moravia

Era appena un diciottenne quando nel sanatorio di Cortina d’Ampezzo, dove curava la tubercolosi ossea, Moravia iniziò la stesura del romanzo Gli indifferenti, che fece stampare a sue spese nel 1929.

In esso, lo scrittore delinea- attraverso la storia del dissolvimento e della degradazione di una famiglia- non soltanto l’impietosa radiografia della decadenza morale del ceto borghese, ma anche una lucida raffigurazione della crisi della coscienza intellettuale, prigioniera di un mondo corrotto e brutale, ma immodificabile.

Questa condizione di impotente dissociazione è emblematicamente espressa dal personaggio di Michele, diviso fra la disgustata ripulsa dell’ambiente cui appartiene e l’incapacità di sottrarsi all’ipocrisia, alla volgarità, al cinismo in esso imperanti, sospeso fra una rassegnata, apatica passività e uno sdegno rabbioso ma sterile.

A distanza di ottant’anni circa, vale ancora per la prosa de Gli indifferenti la lode del Borghese: «Qui la parola non spicca per conto suo nella frase; la frase, non molleggia le anche, si sente un respiro sano e continuo, quel pennellare ampio, deciso; qui è vera prosa».

f.s.

[Alberto Moravia, Gli Indifferenti, Bompiani, 2000, € 9,00]

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.