Esistono cd di noti cantanti pop e rock che sono vuoti a perdere, che non raramente vivono soltanto lo spazio di un mattino o di una canzone, e che hanno testi incerti, significati variabili, talora stupidi. Poi capita di ascoltare un cd recente e quasi del tutto ignoto, che ascolti senza che sia fornita all’ascoltatore alcuna indicazione sul cantante. E scopri che ti attira, non completamente, certo, si è soliti ascoltare altro, per esempio io amo l’ Heavy metal, il Grunge, il Jazz, il Blues, la Classica, il Punk. Quasi tutto, insomma, tranne il pop rock. Eppure la trasversalità del sound di Domenico Protino ha attirato la mia attenzione, come anche la sua voce – eccezionale – e la chiarezza del testo, il rifiuto del linguaggio retorico, iperbolico , che in tante canzoni pop italiane significano tutto e il contrario di tutto, spesso niente.
Sto parlando dell’omonimo album d’esordio del cantautore pugliese Domenico Protino e dei testi delle sue canzoni come La guerra dei trent’anni, Tutto in un momento, Quel bravo ragazzo, Lo specchio che nessuno vuole guardare, L’odore dei ricordi.
Non sono un critico musicale, ma sono certo che i consumatori di musica leggera, ascoltando il cd avranno una lieta sorpresa, mentre il nocciolo duro e più consistente dei miei lettori, certo, avranno capito che per me la “parola” è la “cosa” e in Protino ho scoperto una poesia ibrida ed essenziale.
f.s.