“Aspettando Godot” di Samuel Beckett

In Aspettando Godot, opera grottesca e tragica allo stesso tempo, si assiste ad una conversazione, ad un dialogo <<dissociato>>, denso di significati che, ad una superficiale decifrazione, appaiono abbastanza ovvi: la vita, tutto sommato, è una triste, vuota, angosciosa, assurda avventura che si trascorre ad aspettare sempre e invano qualcosa che non arriva mai. Eppure le interpretazioni sono state disparate, a partire dall’identità di Godot.

Nella conversazione, in Godot, si risolve tutto il dramma: il dialogo non conduce mai all’azione ed è interrotto soltanto da siparietti da ”teatro di varietà” e da gags da cinema muto. Le frasi scandiscono il tempo sulla scena, dove <<non succede niente, per due volte>>.

In realtà, ciò che conta è l’attesa, non Godot (Dio o Morte, non importa). L’atto dell’attendere qualcuno che non verrà è la forma vuota attraverso cui Beckett ci svela il significato dell’esistenza umana, come anche l’inadeguatezza del teatro dinnanzi all’assurdità della vita (e di Dio e della Morte, che importa?)

f.s.

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.