Appunti su latino. Latino volgare.

Palese è la continuazione dal latino delle lingue romanze. Più precisamente, però dal latino volgare, che altro non è se non il latino parlato. Non è del tutto corretto, a dirla con il Vossler, sostenere che le lingue romanze siano ‘figlie’ del latino.
Queste, come anche lo stesso latino volgare, altro non sono che un latino parlato oggi. A cosa ascrivere le differenze che saltano immediatamente all’occhio? La risposta è: al sostrato, cioè a dire la lingua che i vari popoli assoggettati da Roma parlavano prima della conquista romana. Il latino, quel modesto dialetto parlato dai pastori che fondarono Roma, quell’idioma che, ancora in epoca documentabile attraverso fonti storiche, occupa un’area assai limitata del Lazio, stretto com’era tra i dialetti italici e l’etrusco e che poi, fissandosi definitivamente come lingua letteraria, nell’aspetto che gli fu dato dai grandi scrittori dell’epoca repubblicana, fu diffuso nel mondo dalla forza conquistatrice dei romani, è un idioma appartenente alla grande famiglia Indoeuropea. Esso ci è noto, con una documentazione ininterrotta e organica, solo dal III sec. a.C. (le iscrizioni anteriori sono sporadiche) e cioè un’epoca assai più recente di quelle in cui abbiamo attestazioni di altre lingue indoeuropee quali l’ittita, l’antico indiano, l’iranico e il greco.

Fissata la lingua letteraria, specialmente per merito dei grandi scrittori del periodo aureo, il latino scritto con intenti artistici mantiene una relativa fissità, che è imposta dalla fedeltà ai modelli, alla tradizione e dall’autorità dei grammatici. Ma come in ogni paese, anche nella stessa Roma, la lingua comunemente parlata differiva più o meno considerevolmente, secondo le epoche e le categorie sociali, dalla lingua scritta con intento artistico. Noi ce ne possiamo agevolmente accorgere mettendo a confronto fra loro passi di uno stesso autore, là dove questi, libero da schemi retorici e da preoccupazioni letterarie, si rivolgeva ad amici o parenti (Cicerone, ci dicono i latinisti, in alcune sue epistole familiari non destinate alla pubblicazione, usa uno stile considerevolmente diverso da quello delle Orazioni o delle opere filosofiche e retoriche) oppure vuole, ad arte, imitare la comune parlata (Petronio imita la lingua popolare e scorretta di un “nuovo ricco” nella sua Cena di Trimalchione e, del resto, in tutta l’opera raccoglie largamente forme della lingua parlata).

Il latino scritto e letterario, il latino della cultura appare ai nostri occhi sostanzialmente unitario e difficilmente distinguiamo certe peculiarità regionali, che pure gli antichi sentivano.

Il latino parlato, per quanto anch’esso fino ad un certo punto fosse unitario, a causa del livellamento provocato dall’unità politica e culturale, conteneva un certo maggior numero di differenze regionali e sociali.

Ma questa ‘rusticitas’, per dirla con Cicerone e Quintiliano, porta nella lingua di Roma dapprima dagli Italici e dagli Etruschi, poi dai Galli e da altre popolazioni più distanti, non era ovunque la stessa ed il SERMO VULGARIS (il latino volgare) doveva avere già in se stesso quei germi di differenziazione dialettali che si svilupperanno poi nelle singole lingue romanze, anche se alcuni fenomeni di origine volgare erano già entrati a far parte della koinè latina parlata. In alcuni casi si tratta di tendenze manifestatesi già nel latino arcaico e che non furono accettate dalla lingua letteraria, cosicché in molti punti troviamo concordanze fra il latino volgare e il latino arcaico, mentre il latino classico presenta un’evoluzione diversa.

La denominazione di latino volgare (da sermo vulgaris) può prestarsi a qualche equivoco. Sarebbe forse meglio parlare di ‘latino parlato, latino comune, koinè latina’. Non si tratta infatti solo del latino parlato dalle classi più basse del popolo, ma della lingua parlata da tutte le classi sociali, con infinite sfumature.

f.s.

Pubblicato da retroguardia

Docente e critico letterario. Dirige la rivista di critica letteraria "RETROGUARDIA". Si è occupato in particolare della narrativa di Guido Morselli e Gesualdo Bufalino. Altri interessi di ricerca riguardano anche la poesia contemporanea, la teoria della letteratura, il romanzo fantastico e comico, la metrica italiana. Suoi interventi critici sono apparsi in rete (Musicaos.it, Retroguardia, La poesia e lo spirito, ecc) e su alcune riviste di letteratura (Tabula rasa, Narrazioni, ecc). Socio fondatore dell’associazione culturale e membro del comitato di lettura di vibrisselibri, redattore de “La poesia e lo spirito” dal 2007.